2021-02-19
«Lo dicono i numeri: il lockdown uccide»
L'epidemiologo Roberto Volpi: «Se chiudi in casa positivi e negativi ci sono più morti, è successo in Italia e ora in Germania e Regno Unito. L'influenza sparita? Virus scaccia virus: costruiamone uno anti Covid» «Siete fuori strada, state perdendo di vista gli aspetti più importanti». Va subito al punto l'epidemiologo Roberto Volpi, autore del libro No! Non è andato tutto bene (Il Leone verde, 2020), quando attacchiamo il discorso sull'andamento della diffusione del coronavirus in Italia, in Europa e nel mondo. Schietto e diretto come solo i toscani veraci sanno essere. Sarebbe a dire, Volpi? «Partiamo col dire una cosa fondamentale, e cioè che questa che stiamo attraversando è a tutti gli effetti una pandemia occidentale. Mi spiego: l'Europa e gli Stati Uniti sono appena 1 miliardo dei 7,8 miliardi di persone della popolazione mondiale, ma hanno avuto ben 1,3 milioni di morti su un totale di 2,4 milioni. Una differenza che non si può spiegare solo in termini di capacità di test e affidabilità dei sistemi statistici». Qualcuno parla di «ricetta asiatica», peraltro vantata anche dall'Oms in occasione della sua visita in Cina a febbraio del 2020. «Un anno fa, è cambiato letteralmente il mondo in un anno…». E allora qual è la causa di questa evidente sproporzione? «In realtà ci sono diversi fattori. Il primo risiede nelle caratteristiche della popolazione, più anziana e decisamente più istituzionalizzata (case di riposo, Rsa, hospice di varia natura, ospedali di lungodegenza), e perciò più vulnerabile». Questo è abbastanza facile da capire. Poi cos'altro? «Siamo organicamente più esposti, siamo quelli che hanno meno difese organiche rispetto a questo tipo di patogeni. Siamo i Paesi del pulito». Fin da piccoli cresciamo con la paranoia di ammalarci, anche la tv ci mette in guardia dai germi… «Più si vuole evitare il rischio, più si diventa vulnerabili e questa epidemia lo dimostra. Nell'Occidente c'è un rischio relativo di morte da Covid-19 ch'è ventuno volte più alto rispetto al resto del mondo, ma anche se fossero dieci volte sarebbe un divario enorme. Uno dei problemi è proprio quello del “pulito", dell'eccesso di pulito». Quest'anno dicono che per merito delle mascherine sia sparita anche l'influenza. Dobbiamo festeggiare? «Questo, dopo l'occidentalizzazione della pandemia, è l'altro elemento rilevante. L'influenza sembra non esistere più, al punto che, negli Stati Uniti, il Centro di prevenzione e controllo delle malattie ha dovuto ammettere che non riesce a tipizzare i virus influenzali in circolazione quest'anno. Sa cosa vuol dire questo?» Cosa? «Che se continua così, alla prossima stagione non avremo un vaccino contro l'influenza. Com'è che la virologia non ha previsto tutto questo? E cioè che con ogni probabilità una pandemia di coronavirus avrebbe sbarrato la strada a una pandemia influenzale?» Eppure, la pressione mediatica sulla campagna di vaccinazione antinfluenzale è stata fortissima, per non parlare delle polemiche politiche… «La scomparsa dell'influenza, di cui si aveva avuto una anticipazione grazie al monitoraggio nell'emisfero australe (nel quale l'autunno coincide con la nostra primavera e l'inverno con la nostra estate, ndr), avrebbe dovuto farci capire che, in realtà, non c'era nessuna fretta di vaccinarci». Però l'urgenza sembrava quella di riuscire a discriminare tra Covid e influenza, così dicevano gli esperti. «Il dato di fondo è che questo coronavirus ha occupato tutto lo spazio eco-biologico, rendendolo indisponibile a qualsiasi altro virus. Questa è la prova provata che un virus “forte" impedisce l'azione di un altro virus. Altro che azione congiunta, altro che co-morbidità!». Perché è così importante? «È qui il futuro della ricerca. La sparizione dell'influenza stagionale sotto la pressione del coronavirus lascia intravedere una strategia che potremmo definire di “virus contro virus". Cioè, virus “buoni" costruiti in laboratorio che contrastano l'azione di altri virus, invece “cattivi", che possono sempre sopraggiungere». Questo è il futuro. Nel presente c'è il vaccino, almeno così dicono. «Pensiamo di riuscire ad abbandonare la profilassi grazie al vaccino? Auguri! In Italia siamo a 3 milioni di persone vaccinate, una minoranza delle quali ha fatto il richiamo. Quando finiremo di questo passo non lo sa nessuno. E c'è già chi dice che dovremo vaccinarci ogni anno!». Perciò qualcuno propone una nuova serrata totale. «Il lockdown non solo è inutile, ma dannoso. Oggi ci troviamo davanti a un'evidenza, e cioè che l'andamento della pandemia risulta totalmente slegato dalle strategie adottate dai vari Paesi. La Germania e il Regno Unito sono la dimostrazione del fallimento delle misure più drastiche, che laggiù dove sono state prese hanno portato solo più vittime. Berlino si è messa in lockdown il 9 dicembre, dopodiché da una media di 2.000 morti a settimana è passata a una di 6.000 morti a settimana e oggi ha il doppio dei morti di otto-nove settimane fa. Se chiudi in casa i positivi con i negativi la gente muore. Esattamente quanto accaduto in Italia a marzo, a riprova che il lockdown uccide». Si rende conto che è un pensiero controcorrente? «La questione di fondo è: qual è il significato delle misure che vogliono imporci? Servono mascherine, distanziamento e igiene. Stop. Il caos di voci e opinioni dei virologi ha un effetto depressivo sulla popolazione. Cosa aspetta il ministro a richiamare all'ordine almeno i membri del proprio Comitato tecnico scientifico e i vari consulenti del ministero?». Un bailamme alimentato dai media, peraltro. «C'è un mainstream al quale non puoi opporti, non ci sono neppure gli spazi per esprimere opinioni diverse da quelle correnti espresse dalla litigiosissima galassia dei virologi. La politica non dovrebbe avere paura di nulla, e invece ha una fifa matta della scienza, ha un complesso di inferiorità nei suoi confronti». Come mai? «Perché la scienza è la nuova religione dei nostri tempi. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è in certo senso la rappresentazione plastica di questo complesso di inferiorità». L'impressione è che, in fondo, un nuovo lockdown verrebbe accettato senza troppe remore. «Perché siamo un Paese di vecchi e di protetti. Voglio sperare che si cominci a guardare a chi è giovane e a quanti sono, economicamente parlando, meno protetti».
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Giancarlo Giorgetti (Ansa)