2020-08-11
«L’Italia torni ad avere un ruolo centrale all’estero. A partire dalla mediazione tra Armenia e Azerbaigian»
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Il senatore della Lega e capogruppo in commissione Affari esteri, Tony Iwobi, fa il punto: «L'unica soluzione per risolvere il conflitto del Nagorno Karabakh è il dialogo e noi dobbiamo esserne i promotori. Non commettiamo gli errori fatti in Libia. O torniamo a essere protagonisti a livello geopolitico mondiale oppure, mi spiace dirlo, sembra che qualcuno stia svendendo deliberatamente l'Italia all'avanzata di Paesi assetati di espansionismo come la Turchia».È da quasi trent'anni, dal 1992 e da quando è iniziato il conflitto del Nagorno Karabakh, che Armenia e Azerbaigian vanno avanti rimpallandosi responsabilità a vicenda. Dopo gli ultimi avvenimenti registrati nel mese di luglio, lo scorso 6 agosto è intervenuto al Senato, presso la terza commissione Affari esteri, l'ambasciatore armeno in Italia. Nella sua audizione, Tsovinar Hambardzumyan, oltre ad aver sottolineato i profondi legami, culturali e religiosi tra l'Armenia e il nostro Paese, ha esposto quelli che, secondo le fonti armene, sono stati i recenti fatti di cronaca, denunciando «un'aggressione azera sul confine in cui hanno perso la vita cinque soldati armeni». L'ambasciatore ha voluto poi manifestare tutta la sua preoccupazione per il sostegno manifestato dalla Turchia all'Azerbaigian attraverso esercitazioni militari congiunte svolte proprio al confine con l'Armenia.Ad assistere all'audizione c'era anche il senatore della Lega Tony Iwobi, che della terza commissione permanente Affari esteri è stato anche vicepresidente.Senatore Iwobi, dopo l'audizione dell'ambasciatore armeno, ha le idee più chiare di quello che è il quadro geopolitico in quell'area?«Noi abbiamo ascoltato gli ambasciatori di entrambi i Paesi, prima quello dell'Azerbaigian e poi quello dell'Armenia, il dialogo con i loro rappresentanti è una cosa molto importante da discutere e analizzare per trovare delle soluzioni a questo conflitto. Nella mia breve relazione in commissione ho riportato quello che ho sempre pensato e cercato di mettere in atto e cioè che siamo consapevoli che qualsiasi atto bellico tra le parti non porterà a nessuna soluzione di pace di cui il mondo oggi ha tanto bisogno».I due Paesi, però, continuano a rimpallarsi le responsabilità su chi ha attaccato chi.«È molto difficile entrare nel merito di un tema così dettagliato perché se non si è sul posto e non si vede ciò che accade non si può sapere, e poi chiaramente ognuno che parla cerca di tirare l'acqua al suo mulino».E quindi come si può risolvere questo rebus?«C'è bisogno di un forte dialogo attraverso la costituzione di un tavolo tecnico tra questi due Paesi. I conflitti non devono e non possono durare in eterno».L'Italia in questo conflitto che ruolo può avere?«L'Italia deve agire, non deve sempre aspettare il permesso della comunità europea che non ha nemmeno una sua politica estera. Deve avere un ruolo di primaria importanza, avendo un legame di amicizia culturale e commerciale con entrambi i Paesi, particolarmente con l'Armenia, e quindi deve svolgere questo ruolo fondamentale richiamando con tutta la sua forza anche l'organismo internazionale. Proprio in virtù di questo non dobbiamo assolutamente smettere di chiedere al governo italiano che faccia da promotore attivo alla costituzione di questo tavolo».E dal governo che risposte intravede?«Da quando sono stato eletto senatore della Repubblica e vice presidente della commissione Affari esteri, ho lottato talmente tanto con l'ex ministro Enzo Moavero Milanesi affinché l'Italia facesse di tutto per ritornare ciò che era prima, per ripristinare quell'immagine e l'autorità all'estero. Adesso mi sembra che stiamo svendendo tutto questo agli altri player internazionali, e non riesco a capire per quale motivo».Con Di Maio agli Esteri sono stati fatti passi in avanti o indietro?«Mi sento di dire che siamo passati dalla padella alla brace. Noi dipendiamo da un'Europa che non ha nemmeno una sua politica estera. Almeno con Moavero si sentiva qualche notizia qua e là, oggi invece con Di Maio non si sente più niente. Non si capisce se è la sua volontà politica di non far trapelare quello che sta succedendo e affermare quale sia il ruolo dell'Italia nel mondo. Gli italiani hanno il diritto di sapere qual è la nostra politica nel Mediterraneo, per esempio, dobbiamo sapere cosa sta facendo il nostro governo per arginare la sete espansionistica della Turchia nel Medio Oriente. A questo punto mi tocca ribadire che stiamo svendendo l'interesse dell'Italia nel mondo, e non va bene».A proposito di Turchia, dall'Armenia accusano Ankara di interferenze nel conflitto con gli azeri. È allarmante?«Non bisogna sottovalutare i forti desideri di conquista della Turchia sul piano geopolitico nell'area mediterranea e non solo. Ankara sta facendo di tutto per guadagnare terreno grazie all'assenza della politica estera europea. Vediamo quello che sta avvenendo in Libia che è sotto gli occhi di tutti e il silenzio di tutti. Vediamo quello che sta avvenendo in Africa con l'aiuto della Russia o della Cina, indirettamente o direttamente che sia».Espansionismo come in Libia?«Se non ci svegliamo il rischio è quello. Non possiamo aspettare come abbiamo fatto in Libia dove abbiamo lasciato l'area alla conquista della Turchia spalancando così le nostre porte e i nostri confini a un'immigrazione incontrollata. Grazie a questa amicizia che ci lega all'Armenia, l'Italia deve tornare protagonista attiva sul piano internazionale, e non lasciare spazio agli altri come la Turchia o la Francia. Chi avrebbe immaginato che Macron andasse direttamente sul posto in Libano dove l'Europa non ha detto e fatto nulla? Abbiamo un legame secolare con l'Armenia e dobbiamo fare di tutto per tutelare quell'area geografica del mondo attraverso il dialogo».La questione armena-azera abbraccia altri temi, oltre quello geopolitico, non crede?«Esattamente. Non è solo un tema geopolitico, ma anche religioso, storico e culturale. L'Armenia è una patria che ha conservato la storicità della cristianità, non dobbiamo dimenticarlo e ogni cristiano che si reputi tale ha il dovere spirituale di conservare questa memoria. La storia serve sempre per non dimenticare il passato e se è positiva cercare di replicarla adattandola all'attualità, se è negativa cercare in ogni modo di evitarla. Parliamo per esempio del genocidio che questo popolo ha vissuto nel passato, un genocidio di un popolo rimane sempre nella mente e nella storia di quel popolo, non ci piove, bisogna cercare di non dimenticare».
Rod Dreher (Getty Images)