2019-02-17
A processo tutto il governo
Se qualcuno avesse nutrito ancora dubbi sulla natura politica e non giudiziaria del caso Diciotti, ieri i pm di Catania hanno contribuito a fugarli. Infatti, la Procura della città siciliana ha fatto trapelare di valutare l'iscrizione nel registro degli indagati, per il medesimo reato contestato al ministro dell'Interno, anche di mezzo governo.Nel mirino dei magistrati ci sarebbero il presidente del Consiglio, il vicepremier pentastellato e anche il ministro dei Trasporti, cioè di tutti coloro che si erano assunti la responsabilità di aver negato lo sbarco agli immigrati a bordo della nave della Guardia costiera. Al pari di Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli rischiano dunque di ricevere un avviso di garanzia con l'accusa di sequestro di persona aggravato. Tutto ciò nei giorni in cui il Movimento 5 stelle ha deciso di consultare i sostenitori per stabilire se il Senato debba votare a favore della richiesta di autorizzazione a processare il capo del Viminale oppure no. Quindi, nel caso in cui gli elettori votassero a favore del processo per Salvini, esiste la concreta possibilità che presto potrebbe trovarsi sul banco degli imputati anche lo stesso governo.Premesso che se davvero fossero spediti a processo sia il presidente del Consiglio sia i vicepresidenti saremmo di fronte a un caso più unico che raro, questo si tradurrebbe immediatamente in una crisi di governo. Infatti non è pensabile che i vertici dell'esecutivo sfilino contemporaneamente a Palazzo Chigi e in tribunale, alternando il Consiglio dei ministri alla camera di consiglio in cui si decide della colpevolezza o dell'innocenza di chi guida il Paese. Tuttavia, per quanto incredibile, la faccenda dell'iscrizione nel registro degli indagati è un assist formidabile della magistratura alla tesi dello stesso Salvini. Il quale, si ricorderà, non solo si assunse la responsabilità di aver negato lo sbarco ai cosiddetti profughi, ma giustificò la decisione sostenendo di averlo fatto per la difesa dell'interesse nazionale. Insomma, secondo il ministro dell'Interno, la questione non è cosa di cui si possano occupare i tribunali, ma una faccenda politica che spetta per l'appunto a chi governa. Il fatto che alla sbarra ci possa finire l'intero esecutivo ovviamente rafforza proprio la difesa del responsabile politico dell'ordine pubblico: fu una decisione presa collegialmente, che toccò a lui - come ministro dell'Interno - tradurre in pratica. Ma proprio perché collegiale, non si trattò di una scelta tecnica, bensì di una decisione politica. Dunque di competenza di Palazzo Chigi e non del Palazzo di giustizia.A nostro parere, il ragionamento non ha mai fatto una grinza e perciò, a maggior ragione, dopo la possibile incriminazione di Conte, Di Maio e Toninelli ne fa ancora meno. In quale Paese si è visto che un governo non possa stabilire a chi consentire l'ingresso nei propri confini e a chi negarlo? Quando Donald Trump emanò il divieto ai cittadini provenienti da alcune nazioni giudicate colluse con i movimenti terroristici, venne contestato e il suo provvedimento fu anche oggetto di sentenze che lo annullarono. Tuttavia, per quanto contrari al divieto, ai magistrati che lo impugnarono non venne in mente di incriminare il presidente degli Stati Uniti per aver respinto centinaia, se non migliaia di stranieri. Si dirà: un conto è l'America e un altro l'Italia. Le legislazioni sono diverse e la Casa Bianca ha poteri di cui Palazzo Chigi non dispone. Vero: il nostro governo ha le mani legate in molte materie e le forze politiche hanno voluto così per poter meglio disporre di esecutivi deboli, dunque ricattabili e condizionabili. E però, anche se fiacchi, ai nostri governi nel passato sono state consentite decisioni che nessun pm si è mai sognato di contestare, in quanto prese nell'interesse del Paese. Abbiamo già ricordato quando Romano Prodi, con Giorgio Napolitano ministro dell'Interno, attuò un blocco navale nell'Adriatico, con il risultato di far colare a picco una nave e far affogare un centinaio di albanesi. A eccezione del comandante della corvetta della Marina militare, non ci fu un politico a essere chiamato a rispondere e la stessa cosa accadde quando, per far fronte all'esodo di 20.000 albanesi, il governo Andreotti decise di rinchiuderli (sì, proprio così) nello stadio di Bari, salvo poi caricarli a forza su traghetti e C130 otto giorni dopo, rispedendoli indietro. E che dire di quando Bettino Craxi lasciò fuggire Abu Abbas, il capo dei terroristi che dirottarono l'Achille Lauro? Si rischiò lo scontro con gli Stati Uniti, ma nessuna Procura contestò al capo del governo l'ipotesi di favoreggiamento nel dirottamento della nave. Segno evidente che l'interesse dello Stato esiste e va ricercato non nel codice penale ma nel mandato ricevuto agli elettori. Se tutto si potesse decidere in tribunale, la nostra non sarebbe più una Repubblica parlamentare, ma una Repubblica giudiziaria.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)