2019-10-07
L’ipocrisia al potere: l’Ue «verde» aumenta l’esborso per i jet privati
Invece che 7 milioni di euro i «mandarini» comunitari ne avranno quasi 11 per il noleggio degli aerotaxi, apparecchi «vip» dai consumi molto elevati e super inquinanti. Con tanti saluti alla svolta ambientalista.Proprio pochi giorni dopo lo sbarco a New York da parte della giovane attivista svedese Greta Thunberg e del suo skipper Andrea Casiraghi (il viaggio si è svolto in barca a vela apposta per non inquinare), la Commissione europea ha pensato bene di aumentare il budget per i jet privati a disposizione dei suoi alti funzionari. Con tanti cari saluti alla retorica ecologista e agli slogan urlati dai ragazzi nei cortei durante gli ormai celebri scioperi del venerdì. La geniale trovata è stata messa in luce dall'edizione europea dell'autorevole Politico, facendo riferimento a un bando ufficiale dell'Unione europea il cui testo è accessibile a chiunque. Oggetto del contratto è la fornitura del servizio di aerotaxi a favore del presidente della Commissione europea e dei suoi membri, della presidenza del Parlamento, del presidente del Consiglio europeo, dell'Alto rappresentante per gli Affari esteri, e ogni altro accompagnatore necessario per lo svolgimento della missione. Le categorie di aeromobili contemplate sono sei: in ordine di grandezza si va dal jet «very light» a quello «large». La postilla più interessante, però, viene dopo. Secondo quanto si legge nel testo del bando, inizialmente il contratto aveva una dotazione di 7.140.000 euro, ma successivamente il valore è stato innalzato a 10.710.000. Un incremento pari al 50% rispetto a quanto stabilito inizialmente. La ragione di tale aumento è specificata più avanti: l'analisi di spesa basata sul periodo già trascorso «ha reso evidente che questa soglia non sarebbe stata sufficiente a garantire la copertura delle necessità delle istituzioni europee fino alla scadenza del contratto», che risulta fissata al 30 aprile 2021. Come riporta Politico, inizialmente erano state previste 871 ore di volo, specie verso le destinazioni più frequenti tra le quali rientrano Strasburgo, Berlino e Stoccarda. Mete assai gettonate, come dimostra la nostra analisi sulle spese di viaggio, da quei commissari che come Gunther Oettinger colgono ogni occasione utile per tornare a casa. Esatto, avete compreso bene: dal momento che ai mandarini di Bruxelles 7 milioni di euro per spostarsi sembravano pochi, uno schiocco di dita et voilà, i milioni diventano quasi 11. Tanto, che problema c'è? Basta modificare il bando e il gioco è fatto. La toppa, come si suol dire, è peggio del buco. Come ha affermato un portavoce, «questo non significa che tutti i soldi verranno effettivamente spesi, ma solo che verrà aumentata la soglia massima spendibile nel corso del contratto». Peccato che tutte le spese del carrozzone europeo siano coperte dai contributi degli Stati membri e dunque, in ultima analisi, si parla di soldi che provengono dalle tasche dei contribuenti. Un po' di rispetto e trasparenza in più nei confronti dei cittadini non guasterebbe, e invece se la questione non fosse stata messa in luce da Politico con tutta probabilità non ne avremmo mai nemmeno sentito parlare. All'emergere di questa storia ha contribuito anche l'atmosfera da austerità climatica che si respira in tutto il mondo. Comodo riempirsi la bocca di annunci contro i cambiamenti climatici, salvo poi aumentare alla prima occasione i contributi per gli aerei privati. «L'Unione europea ha molto da dire, siamo leader globali quando si parla di temi legati al clima», ha affermato di recente il nuovo commissario per il clima, Miguel Arias Canete. E la neopresidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha già messo in fila una lunga serie di promesse (da marinaio?) sul clima e l'ambiente. Si va dalla riduzione del 50-55% delle emissioni entro il 2030 (con l'obiettivo di arrivare a emissioni zero per il 2050), alla presentazione di un «green new deal europeo», fino allo stanziamento nell'arco di un decennio di 1.000 miliardi di euro in investimenti sostenibili. Reale conversione al verbo ambientalista oppure discorso di convenienza? Chi può dirlo. Rimane il fatto che, nel corso dell'ultimo anno, la cosiddetta «onda verde» è stata da molti cavalcata come antidoto all'avanzata dei populismi e dei sovranismi. Fa scuola proprio la Germania, patria della von der Leyen e teatro della clamorosa ascesa del partito dei Verdi, che alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo hanno incassato un lusinghiero 20,5%. Ma l'avanzata dei partiti ambientalisti si è fatta sentire dappertutto. Ottimi i risultati conseguiti nel Regno Unito (16,2%), in Finlandia (16%), Belgio (15,4%), Austria (14%) e Francia (13,5%). Per il momento la von der Leyen non è riuscita a garantirsi l'appoggio dei Verdi a Strasburgo, ma ormai non può rimangiarsi la parola data. Senza contare che proprio in Germania di recente è stato licenziato il maxi piano verde da 54 miliardi di euro. Previsti rincari per chi inquina ma soprattutto investimenti «a tre cifre per la protezione del clima e per la svolta energetica». La questione è molto più politica che ideologica: di fatto i partiti ambientalisti tengono in pugno molti governi nazionali e hanno sempre più potere negoziale anche dalle parti di Bruxelles. La Commissione è avvisata: non si può fare i gretini con il fondoschiena degli altri.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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