2018-11-26
Fedriga (Lega): «I clandestini ora arrivano via terra»
Il governatore del Friuli Venezia Giulia: «Gli africani provano a passare dal confine con Austria e Slovenia Se i tribunali mi aiutano, li rispedisco indietro. Come si sta con i 5 stelle? Erano molto peggio Fini e Casini».«Matteo Salvini e Luigi Di Maio ai ferri corti? Guardi, dai dispacci che arrivano da Roma qui sul fronte orientale, mi sembra che i rapporti siano buoni, e il dialogo costante». Il generale Massimiliano Fedriga, a sette mesi dalla conquista di Palazzo Lloyd, sede del governo della Regione Friuli Venezia Giulia, prova a smorzare i toni. Il governo rischia di cedere, magari dopo le europee? «L'obiettivo è 5 anni». Intanto procediamo con un rimpasto? «Non ne vedo la necessità. Poi, è chiaro: rispondiamo a un elettorato diverso: ma rispetto ai governi del passato il clima è buono. Ve lo ricordate il centrodestra con Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini? L'aria era molto più pesante». Prima di tuffarci nelle bufere politiche e finanziarie, affrontiamo quelle meteorologiche. La sua Regione si sta riprendendo dalla sferzata del maltempo?«Purtroppo abbiamo fatto i conti. Abbiamo stimato 615 milioni di danni tra pubblico e privato. Per la prima emergenza ne abbiamo messi in campo dieci a livello regionale, mi rincuora che il governo abbia stanziato mezzo miliardo in ambito nazionale». Si poteva evitare un tale disastro?«La giunta guidata da Debora Serracchiani aveva promesso lo sghiaiamento di laghi e fiumi: alla fine non se ne è fatto nulla. Intanto gli ambientalisti protestano perché i lavori comporterebbero il passaggio di troppi camion in città. Follia. Non voglio trattare con questi ambientalisti da salotto che vorrebbero difendere la natura ma, opponendosi a tutto, la affossano». A proposito di natura: i termovalorizzatori rientrano nei progetti del governo?«In Friuli Venezia Giulia siamo autosufficienti per lo smaltimento di rifiuti, anzi ci arrivano da altre Regioni. Se dovessi scegliere tra discariche e termovalorizzatori, tutta la vita i secondi. Magari di ultima generazione, a basso impatto. Del resto, là dove non ci sono, la salubrità non è garantita. Se poi ci mettiamo in testa di poter riciclare tutto, sogniamo a occhi aperti».Sembra un sogno anche l'idea di far digerire questa manovra all'Europa senza modifiche sostanziali.«Io spero che la manovra cambi il meno possibile. Del resto questa bocciatura non è di carattere economico ma prettamente politico. Ci sono altri Paesi che non rispettano i parametri, come Francia, Spagna, Slovenia: per loro, stranamente, hanno applicato un diverso metro di misura». Il commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, lascia uno spiraglio aperto, ma pretende rispetto: «Non sono Babbo Natale». «Moscovici non è un tecnico, ma un politico. Espressione di un governo francese socialista che oggi nemmeno esiste più. Utilizzano l'economia a fini politici per mantenere lo status quo. Ora si tratta di decidere se i popoli europei sono liberi oppure no». Eppure diverse cancellerie europee si sono allineate alla Commissione. Siamo accerchiati?«Alcune sono quelle storicamente alleate della maggioranza politica che ha governato l'Europa. Altri Paesi invece non si espongono perché temono ritorsioni economiche».Intende dire che sono sotto ricatto? «Penso ai Paesi entrati più di recente nell'Unione, quelli che vivono di fondi comunitari per mettersi al passo con il resto del continente. Questi Paesi hanno paura che a Bruxelles chiudano i rubinetti, dunque si allineano a chi tiene i cordoni della borsa. Mi auguro che abbiano più coraggio. Chi abbassa la testa oggi lo farà per sempre».Il dogma del rapporto deficit/Pil fino a che punto si può sconfessare?«Non è un dogma. Se considerassimo anche il debito privato, saremmo uno dei Paesi più virtuosi a livello europeo». Il punto non sono le regole che vorremmo, ma quelle che abbiamo già approvato. «Le regole sono state scritte da coloro a cui convenivano. In Italia negli anni addietro c'è stata una grande svendita degli interessi nazionali, a opera di quei governi che conseguentemente sono stati mandati a casa. E poi ripeto: già oggi c'è chi quelle regole non le rispetta. Pensiamo al surplus commerciale tedesco: mi domando perché nessuno sanziona la Germania». E che risposta si dà?«Che l'Europa non esiste. Quelle che ci vengono vendute come regole tecniche incontestabili sono azioni politiche nell'interesse di pochi a discapito degli asset strategici di alcuni Paesi. Pensiamo agli attacchi al nostro settore alimentare, alla filiera del latte, del vino, all'apertura all'olio tunisino e al riso del Sudest asiatico». È d'accordo con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti quando ipotizza il divieto di vendita allo scoperto dei titoli di Stato? «Cambiare qualche regola si può e si deve. Se il governo ha un forte mandato per fare scelte politiche, non può essere condizionato dai mercati. Detto questo, l'Italia ha un debito sovrano storicamente affidabile, a differenza di altri Paesi».Molti imprenditori nel Nord temono che il reddito di cittadinanza diventi una misura meramente assistenziale.«Sicuramente per far funzionare i centri dell'impiego servirà del tempo. Poi dobbiamo ricordarci che la crescita passa anzitutto dai privati, dalle imprese. Nella mia legge di stabilità regionale ho stabilito detrazioni Irap per chi assume persone uscite dal lavoro a seguito di crisi aziendali. Anziché dar soldi a fondo perduto, che pure in certi casi è necessario, conviene puntare sulla competitività. Qui a due passi abbiamo Slovenia e Austria pronte a portarci via le aziende, dobbiamo agire sulla leva fiscale». Il Presidente dell'Inps dice che su quota 100 avete sbagliato i conti, e paventa una decurtazione delle pensioni fino al 21%. «Tito Boeri mente, con quota 100 non ci sarà nessun taglio. Poi è chiaro che alcune categorie potranno andare in pensione prima sulla base del sistema contributivo, che è in vigore già oggi e che il Presidente dell'Inps dovrebbe ben conoscere». Intanto il decreto Sicurezza arriva alla Camera senza modifiche. «Se gli arrivi via mare sono crollati, a me preoccupa adesso l'intensificarsi del flusso attraverso il confine terrestre. Abbiamo lavorato di concerto con il ministero dell'Interno, potenziato i controlli, attivato anche il corpo forestale per intercettare i passeurs. Per ora abbiamo tenuto sotto controllo la situazione, vedremo in futuro: la pressione è forte. Spero che soprattutto la norma sui ricorsi contenuta nel decreto venga approvata il prima possibile».Cioè?«Chi entra nella mia Regione arriva via terra da altri Paesi. Attivando il trattato di Dublino, potremmo rispedire i migranti nel Paese di primo ingresso. Il problema è che chi arriva fa ricorso al Tribunale di Roma, il quale impiega mesi per decidere. Passati 60 giorni, queste persone ce le dobbiamo tenere. Nel decreto si trasferisce la competenza sui ricorsi ai tribunali territoriali, nel nostro caso Trieste». Molti sindaci sono sul piede di guerra per la chiusura degli Sprar. «Più ne chiudiamo meglio è. In Friuli Venezia Giulia sono disponibile a costruire più Centri per il rimpatrio, strutture dove chi è entrato clandestinamente sia trattato con rispetto ma non possa uscire e fare ciò che vuole. Per il resto, il modello di accoglienza diffusa è fallimentare, perché impedisce controlli efficaci». Lei si è rifiutato di stanziare fondi pubblici per il gay pride, in difesa della famiglia naturale. Salvini interviene sui moduli per la carta d'identità. Sono battaglie elettorali?«È una battaglia culturale: riaffermare la centralità della famiglia naturale. Non voglio discriminare nessuno, ma la famiglia non è qualsiasi cosa: se ragioniamo così, la famiglia si estingue. Forse dovremmo andare a stanare chi ha utilizzato strumentalmente la discriminazione di genere per arricchire qualche associazione». Non è strano che uno dei leghisti più tranquilli e compassati vanti il record di espulsioni dall'aula di Montecitorio? «Si parlava di ius soli, una volta ho reagito con veemenza verso Laura Boldrini per una mancata applicazione del regolamento. Ma non ho offeso nessuno, anzi, non me ne pento. E mi sono preso 15 giorni di sospensione, il massimo della pena». Ha ricevuto altri cartellini rossi nella sua vita?«Mai. Neanche a scuola. E credo che il mio record alla Camera resterà imbattuto per un bel po'».
Jose Mourinho (Getty Images)