2020-12-07
Gianpietro Ghedina: «Aiuto, uccidono le nostre montagne»
Gianpietro Ghedina (Ansa)
Il sindaco di Cortina: «Il dpcm di Natale? Una presa in giro. Il governo pensa solo alle grandi città, al massimo alle spiagge del Sud. Ci ha abbandonato. Siamo abituati a contare su noi stessi, ma stavolta rischiamo la fine».Gianpietro Ghedina, sindaco di Cortina d'Ampezzo, com'è la sua località in questi giorni? Spettrale?«È fiabesca perché è arrivata la neve e gli addobbi natalizi sono pronti a dare un'immagine bella e suggestiva del centro. La valle è imbiancata. Mancano le persone».Ha detto niente.«In realtà gli arrivi sono cominciati sabato per il lungo ponte dell'Immacolata e sono continuati. Ma fino all'altro giorno non si era visto nessuno».Il fatto che il Veneto sia sempre stato zona gialla non vi ha favorito?«Novembre qui è bassa stagione, un tempo che viene usato per organizzare le attività e prepararsi in vista del Natale. La stagione invernale vera comincia nel primo week end di dicembre».E siete riusciti a prepararvi?«Abbiamo fatto il possibile. Certo, è difficile programmare le attività senza sapere quali sarebbero state le possibilità di apertura e chiusura».Che previsioni fa?«A Cortina abbiamo 25.000 posti nelle seconde case e 5.000 posti letto negli alberghi. L'80% delle seconde case è di veneti che non hanno problemi negli spostamenti».Dopo il 21 dicembre avranno difficoltà anche loro.«Penso che il grosso arriverà entro il 20 e ripartirà il 7 gennaio. Sono parecchi giorni, molti lavoreranno a distanza. Le seconde case si riempiranno anche per Natale e Capodanno».Però niente sci.«Sono aperte alcune piste sul Falzarego e sul Col Gallina per l'attività agonistica di rilievo nazionale».Ma il popolo degli sciatori deve rinunciare. «Appunto. La cosa che stride e ci fa arrabbiare è il fatto che avremo molta gente a Cortina, e tutte queste persone che non potranno andare sulle piste ce le ritroveremo nelle vie del centro, forse ammassate, magari a fare la coda per entrare nei negozi o nei bar».È una situazione paradossale.«C'è molta preoccupazione ma anche isterismo nelle scelte. Ho amici che piangono al telefono per non potere venire a Cortina perché abitano magari poco fuori dai confini della regione».E che cosa faranno i turisti invernali che non possono andare sulle piste?«Per fortuna Cortina non vive soltanto di sci, è una cittadina che offre proposte di diverso tipo, come lo shopping, la presentazione di libri e altri eventi culturali. Stiamo battendo le piste da fondo, è un'attività sportiva che non comporta nessun rischio di assembramento, così come le discese fuori pista o i percorsi con le ciaspole. L'offerta e ampia, non ci sono soltanto le piste da discesa. Qualcosa si può fare». Quanto incide il periodo natalizio sulla stagione invernale di Cortina?«Per il 35%. Ma molti hotel resteranno chiusi e alcuni non riapriranno nemmeno dopo l'Epifania. Sono in difficoltà soprattutto le grandi strutture alberghiere. Perdendo Natale e Capodanno, e con l'impossibilità di catturare il turismo straniero che normalmente arriva a gennaio e febbraio, diventa molto difficile fare tornare i conti».Quindi apriranno solo i piccoli alberghi. «Penso di sì, magari a conduzione familiare. Con un po' di flessibilità i più piccoli riescono a sopravvivere».Le piste comunque sono chiuse.«Sì, ed è un problema enorme per le attività economiche che vivono della neve. A Cortina ci sono 800 maestri di sci su 6.000 abitanti. Ed è assurdo non dare la possibilità agli ospiti di sfruttare gli ampi spazi concessi dalle nostre montagne».Pare che lo sci sia lo sport che crea più assembramento.«Lo sci è uno sport individuale, non c'è contatto. Si porta la tuta, il casco, gli occhiali, i guanti. Con questo freddo siamo tutti bardati».Politici e virologi hanno detto che bisognerebbe vergognarsi a pensare di sciare mentre muoiono centinaia di persone.«La gente in montagna si copre la bocca anche senza l'obbligo della mascherina».Non si formano code agli impianti di risalita?«Qui per la maggior parte le risalite sono seggiovie e non ci sarebbero problemi. Comunque bastano pochi interventi di contingentamento e distanziamento, la tecnologia ci viene in aiuto con le prenotazioni online. Vedo che si gestiscono le code per entrare nei supermercati e nei grandi magazzini, non vedo il problema di ordinarle ai piedi delle piste».Qualche problema si porrebbe all'ora di prendere un bombardino o il vin brulè.«Anche qui si sarebbero potute studiare varie soluzioni, fino a chiudere i rifugi. Ora succede il contrario: abbiamo le piste chiuse e tanti rifugi aperti».Sono molti i lavoratori stagionali?«Certo, gran parte dei dipendenti degli alberghi. Molti arrivano dal Centro e Sud Italia, persone che fanno l'inverno in montagna e l'estate al mare e che oggi si trovano in una condizione molto critica».Siete preoccupati per l'anno nuovo?«Sì. Sarà un grosso problema. Negli ultimi anni abbiamo investito molto sulle presenze internazionali, che arrivano a gennaio e febbraio. Negli ultimi anni sono stati questi turisti a consentirci di riempire da Natale a Pasqua. Non possiamo contare solo sul turismo italiano: a parte i fortunati che possono ancora fare la settimana bianca, dall'Epifania si salta ad agosto. Ma chi vive di turismo internazionale soffre e rischia veramente il patatrac».A proposito di stranieri: temevate la concorrenza delle piste austriache?«Adesso chiudono anche loro, per fortuna. Per l'Austria il turismo legato allo sci è prioritario, un'industria ancora più importante che da noi. Gli operatori hanno fatto pressioni fortissime per tenere tutto aperto».Rischiavate di perdere presenze?«Da qui in tre quarti d'ora si arriva a Sillian, vicino a Lienz, dove si poteva sciare. Qualcuno avrebbe fatto sicuramente il pendolare delle piste. Ma avremmo avuto soprattutto la concorrenza di località come Kitzbuhel, nostro competitor diretto. Fossero rimaste aperte quelle piste, probabilmente qualche nostro ospite storico avrebbe cambiato meta».Gli appuntamenti agonistici internazionali sono in pericolo?«Il 12 dicembre sul monte Faloria abbiamo la prima gara di coppa del mondo di snowboard. Sarà a porte chiuse, questa la salviamo».I campionati del mondo di sci a febbraio?«Un appuntamento lungamente atteso, fortemente voluto e con tanto lavoro fatto. Per ora le gare sono confermate così come la presenza delle televisioni. L'incognita è il pubblico. Stiamo lavorando per avere 5.000 spettatori al giorno rispetto ai 15.000 ipotizzati, ma navighiamo a vista. Vediamo che cosa succede tra dpcm, vaccini e gli spostamenti dai Paesi vicini».Stanno arrivando i ristori promessi dal governo?«Siamo gente di montagna. Siamo abituati a lavorare e a contare su noi stessi, più che a chiedere. In un Paese serio i ristori dovrebbero arrivare subito».In Germania e altrove è avvenuto così.«Sono decisioni che passano sopra le nostre teste, ma che condizionano da vicino le nostre vite e le nostre aziende. Purtroppo, come al solito, temo che dovremo arrangiarci. Arriveranno quelle mance di 600 o 1.000 euro che hanno più il sapore di una presa in giro. Staremo a vedere. Ci contiamo molto poco. Ma alzeremo la voce se non dovessimo essere ascoltati».Che cosa chiedete al governo?«Fino all'altro giorno, di essere messi nelle condizioni di lavorare e di programmare. Non essendo stati ascoltati, chiediamo interventi e ristori seri e adeguati. Qui abbiamo aziende importanti che hanno investito molto, con mutui consistenti da pagare, e molte persone il cui lavoro dipende da questi investimenti. Non vogliamo abituarci a subire decisioni poco coerenti».A che cosa si riferisce?«A volte le decisioni sembrano prese più in base all'isterismo che alla giusta analisi di quello che si può fare o no. Si dice no agli impianti e sì ai centri commerciali o ai Black friday allungati con code interminabili. È assurdo, qui ci sono spazi enormi, la montagna è salute. Siamo avviliti, per usare una parola educata».È d'accordo con quanti dicono che il governo ha fatto un piacere al Sud aprendo le spiagge d'estate e adesso fa un dispetto al Nord tenendo chiuse le piste?«Ci sentiamo sicuramente abbandonati. Di sicuro c'è stata più attenzione per il mare. La montagna sembra marginale nella politica turistica e nell'economia del Paese. Invece è un settore trainante».Saranno felici gli ospiti degli alberghi di Cortina a dover fare il cenone di San Silvestro chiusi in camera.«Questa sembra proprio una presa in giro. È un'idea diabolica. Se si va in salone la sera prima, o a pranzo, o alle 20 invece che alle 22 non ci sono problemi. Il 31 solo servizio ai piani. Per i nostri alberghi è l'ultima mazzata».E anche molti abitanti del Cadore ringrazieranno il dpcm per non potersi spostare nelle festività.«Impedire ai parenti di ricongiungersi a Natale è l'ultima assurdità. Qui molte persone hanno genitori, figli, nipoti nella Valle del Boite, a pochi chilometri, in paesi di 1.500 persone: che male avrebbero fatto?».Il governo pensa che l'Italia sia fatta solo dalle grandi città.«Il Veneto, e in particolare il Bellunese, è fatto soprattutto di piccoli e piccolissimi Comuni, come moltissime altre parti d'Italia. È la misura di quanto chi prende le decisioni sia lontano dalla gente e dalla realtà delle cose».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)