2020-07-15
L’Inps rischia 5.000 cause legali per le regole sul cambio mansione
I dipendenti non laureati possono aprire dei contenziosi per avere gli stessi posti di quelli con i titoli. Critiche a Pasquale Tridico.L'Inps di Pasquale Tridico si avvia a vincere per distacco il gran premio del caos. Il docente di economia politica all'Università di Roma Tre, piazzato sulla poltrona più importante dell'Inps dal M5s, non fa altro che far parlare di sé per disservizi, disguidi, problemi, confusione e ritardi. Tridico è finito nel mirino dello stesso premier Giuseppe Conte per i ritardi nell'erogazione della cassa integrazione, che ha scatenato le proteste di decine di migliaia di lavoratori italiani che non hanno percepito l'assegno promesso dal governo durante il lockdown, problematica ancora non risolta del tutto; sempre relativamente alla emergenza dovuta alla pandemia da coronavirus, l'Inps capitanata dal prof pentastellato si è distinta anche per i disagi e i disservizi nell'erogazione del bonus da 600 euro per la partite Iva e i lavoratori autonomi previsto dal decreto Cura Italia. Ma visto che i problemi per l'Inps targata Tridico non finiscono mai, ecco in arrivo una nuova bufera. Il pomo della discordia riguarda il cosiddetto «mansionismo»: sono migliaia di dipendenti pubblici che, pur non avendo una certa qualifica professionale, si trovano in realtà a svolgere compiti e funzioni che dovrebbero spettare a lavoratori con quella stessa qualifica. Un problema che Tridico vorrebbe risolvere, ma la soluzione proposta rischia di generare un numero elevatissimo di contenziosi, poiché il presidente dell'Inps ha deliberato che ai non laureati che vogliono accedere al concorso per diventare di categoria C1 basta fare causa all'Istituto per ritrovarsi ammessi. Non solo: il paradosso dei paradossi è che il lavoratore che sceglierà la strada del contenzioso per essere ammesso al concorso per la categoria C1 pur non essendo laureato, si troverà favorito rispetto a un collega che invece è in possesso del titolo di studio.La denuncia di quanto sta accadendo viene dall'Unione Sindacale di base (Usb) dell'Inps: «In attesa della pubblicazione dei bandi per i passaggi di area», scrive il sindacato, «ci siamo andati a rileggere le Determinazioni nelle quali sono stabiliti i criteri di partecipazione e ci sono balzate agli occhi alcune incongruenze. All'art. 2 dei Criteri e modalità di espletamento delle procedure selettive per le progressioni verticali di entrambe le Determinazioni troviamo scritto che alle selezioni partecipano i lavoratori assunti a tempo indeterminato in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno all'Area professionale di candidatura», aggiunge l'Usb, «vale a dire il diploma di scuola secondaria di secondo grado per il passaggio dall'Area A alla B e il diploma di laurea, cioè la laurea triennale, per il passaggio dall'Area B alla C, come stabilito dal Ccnl Enti pubblici non economici del 1° ottobre 20072».Fin qui, nulla di anomalo, ma ecco il paradosso: «Sempre all'art. 2 delle citate Determinazioni», prosegue la nota del sindacato di base, «si prevede di far partecipare con riserva i funzionari che abbiano incardinato un contenzioso giudiziario in materia d'inquadramento. È evidente che si sta parlando di chi non ha il titolo di studio minimo richiesto per il passaggio rispettivamente all'Area B e all'Area C. Inserire nella Determinazione presidenziale, ribadendola in quella del Cda, una simile previsione equivale ad incentivare il contenzioso e può essere interpretato quasi come un suggerimento ai lavoratori sprovvisti del titolo di studio richiesto per ottenere l'inserimento nelle selezioni, seppure con riserva. È per questo che stanno dilagando i ricorsi di alcune sigle sindacali e comitati vari».Il rischio è quello di invogliare i dipendenti che non hanno il titolo di studio richiesto a adire le vie legali per essere ammessi alle selezioni: si prevedono circa 5.000 contenziosi. Un rischio che aumenta a dismisura per un altro dettaglio scoperto dal sindacato: «Scopriamo», aggiunge l'Usb dell'Inps, «che al titolo di studio minimo richiesto per l'accesso all'area superiore non è assegnato alcun punteggio tra quelli riconosciuti per i requisiti culturali. Si potrebbe sostenere che essendo il requisito minimo richiesto è giusto che non ci sia il riconoscimento di alcun punteggio, a differenza invece dei titoli di studio superiori», si legge ancora, «ai quali sono assegnati i relativi punteggi. Una scelta a nostro avviso opinabile ma che avrebbe una sua coerenza. Tuttavia il ragionamento non tiene nel momento in cui alla lettera D dell'articolo 4 delle suddette Determinazioni si prevede di assegnare 3 punti per idoneità conseguite in precedenti selezioni per il passaggio all'area per la quale si concorre, bandite dall'Inps o da enti soppressi e incorporati. In questo modo», argomenta il sindacato, «si ottiene che il lavoratore in possesso del titolo di studio minimo richiesto per il passaggio all'area superiore non avrà alcun punteggio per il proprio titolo di studio, ma il collega sprovvisto del titolo di studio richiesto, per il solo fatto di aver incardinato un ricorso non solo otterrà il diritto a partecipare alle selezioni, seppure con riserva, ma anche 3 punti per l'idoneità a precedenti selezioni, che lo proietteranno davanti a chi ha il titolo di studio richiesto. Non vi sembra un pasticcio?». A noi sì, chissà se è d'accordo anche Tridico.
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 3 settembre 2025. L'europarlamentare Silvia Sardone, vicesegretario della Lega, ci parla dello sgombero del Leoncavallo e dei fallimenti di Ursula von del Leyen.