2020-11-02
Non sanno più cosa combinare e se la prendono con gli anziani
I politici dovrebbero fare un uso parsimonioso di Twitter. O per lo meno dovrebbero spiegare ai collaboratori, che per conto loro twittano sul più diffuso social media, che le parole vanno misurate, perché una volta scritte rimangono lì, scolpite per sempre nel web e cancellarle è impossibile. Internet è uno strumento meraviglioso, perché ti consente di essere continuamente informato e allo stesso tempo ti permette di essere sempre connesso con i tuoi sostenitori. Ma l'online è anche pericoloso, perché la fretta di dichiarare, di parlare al proprio popolo e «restare in contatto», spesso fa dire sciocchezze. I politici dovrebbero fare un uso parsimonioso di Twitter. O per lo meno dovrebbero spiegare ai collaboratori, che per conto loro twittano sul più diffuso social media, che le parole vanno misurate, perché una volta scritte rimangono lì, scolpite per sempre nel web e cancellarle è impossibile. Internet è uno strumento meraviglioso, perché ti consente di essere continuamente informato e allo stesso tempo ti permette di essere sempre connesso con i tuoi sostenitori. Ma l'online è anche pericoloso, perché la fretta di dichiarare, di parlare al proprio popolo e «restare in contatto», spesso fa dire sciocchezze. Siamo certi che il governatore della Liguria Giovanni Toti non aveva alcuna intenzione di scrivere che gli ultra settantenni «non sono indispensabili allo sforzo produttivo del Paese», soprattutto non intendeva sminuirne il ruolo, quasi a dire che se si ammalano loro è da considerarsi meno grave di un trentenne o un quarantenne che si contagia. No, a Toti, ma molto più probabilmente al suo social-media manager (ormai tutti ne hanno uno, perché un amministratore non può certo passare il proprio tempo a twittare, pena sottrarsi all'attività di governo del Paese o di una Regione), è scappata la frizione o, più prosaicamente, la pipì è finita fuori dal vaso.Ciò detto, e accolta la spiegazione del governatore della Liguria che ha rettificato dicendo di essere stato male interpretato (anche se lui e i suoi hanno dato un bel contributo affinché ciò accadesse), al di là delle dichiarazioni del presidente della Liguria rimane una questione, e cioè l'accanimento di questi giorni contro le persone considerate anziane.Già durante la prima ondata, politici e virologi facevano a gara per spiegare che il virus colpiva di preferenza gli ottantenni, quasi a sostenere che, data l'età delle vittime, non c'era nulla di cui preoccuparsi. Adesso, con la seconda ondata, siamo da capo. Non so quali studiosi abbiano elaborato un modello per dimostrare che si devono separare i giovani dai nonni, in quanto i secondi, non godendo di ottima salute, farebbero meglio a rimanere rintanati in casa. In pratica, per non gravare sui conti della sanità pubblica, gli anziani dovrebbero tapparsi nei loro appartamenti, in modo da non intasare gli ospedali e i pronto soccorso. Semplice, no? Siccome dai 70 anni in su si è pieni di acciacchi e patologie, chi esce di casa e fa una vita apparentemente normale, rischia di essere considerato un pericolo pubblico, perché se si ammalasse sarebbe più difficile da curare di un giovanotto. Risultato, secondo i cervelloni in fuga che ci governano, la soluzione non è debellare il virus, rafforzare i pronto soccorso, incrementare le terapie intensive negli ospedali, ma mettere agli arresti domiciliari gli anziani, così che non possano uscire ed esportare il virus che molto probabilmente hanno contratto grazie al nipote. Sì, insomma, ci siamo capiti: da quando è scoppiata l'epidemia di coronavirus, c'è un accanimento nei confronti di chi ha superato i 70 anni quasi che, dopo una certa soglia di età, si trasformassero tutti in potenziali untori. Dev'essere questa la ragione che ha spinto alcuni a ipotizzare un lockdown su misura per i pensionati. La proposta dei compagni, sempre sensibili di fronte ai temi sociali, consisterebbe nel vietare agli anziani di uscire di casa, lasciando gli altri, cioè i giovani che si sono infettati a forza di happy hour e di concerti sull'erba e con l'erba, di continuare la vita di prima.Che tutti i cittadini per la Costituzione siano uguali davanti alla legge, e si presume dunque anche davanti al medico, ovviamente non sfiora i promotori dell'apartheid generazionale, i quali coltivano da tempo idee discriminatorie. Sempre pronti a invocare i diritti delle minoranze, da quelli dei migranti a quelli dei gay, i compagni sono poco sensibili di fronte ai diritti della maggioranza. Che gli over sessantenni siano la gran parte degli italiani è cosa nota. Anche se negli ultimi tempi sono guardati male per via dei conti dell'Inps, i pensionati sono coloro che hanno contribuito a far crescere questo Paese e a farlo diventare una delle grandi economie mondiali. Dunque, chiuderli in casa non è solo anticostituzionale, è anche uno sgarbo verso chi all'Italia ha dato tutto. Sessantenni, settantenni e ottantenni hanno lo stesso diritto alla libertà che la Costituzione garantisce ai più giovani. Così come hanno lo stesso diritto alle cure di un ventenne o di un trentenne. Le aspettative di vita, le patologie pregresse, non c'entrano nulla. C'entra solo il diritto alla vita, che la Repubblica garantisce a tutti. E vivere non significa essere rinchiusi in casa. Significa decidere della propria vita e della propria giornata, proprio come fanno un ragazzo o un uomo in età da lavoro. Il resto è eugenetica, ossia selezione in base all'età, alla salute e alla qualità della vita. Una cosa che i nazisti facevano decidendo chi avesse diritto di continuare a vivere e chi no. Si comincia con il chiudere in casa gli anziani, ma si rischia di finire con la decisione di non curare più chi ha superato una certa soglia d'età. Si fa presto infatti a dire uomo. Ma anche a dire vecchio. Cioè da rottamare.
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