2020-07-04
L’impegno del Pd ha un unico fine: distruggere l’istituzione famiglia
Le mosse dem: Monica Cirinnà responsabile del Dipartimento diritti, attivismo pro legge liberticida anti omofobia, sostegno all'aborto take away. E un grimaldello dialettico che permetta di riversare benefici ai genitori Lgbt.L'importante, nella vita come in politica, è avere un obiettivo chiaro. E il Partito democratico, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare osservandone superficialmente le mosse, questo obiettivo finalmente lo ha individuato: distruggere la famiglia. Del resto i lavoratori sono già a pezzi, l'economia annichilita, le frontiere sbriciolate, dunque l'unica cosa solida rimasta è l'istituzione familiare, e non si può perdere l'occasione di frantumarla. L'importante, nella vita come in politica, è avere un obiettivo chiaro. E il Partito democratico, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare osservandone superficialmente le mosse, questo obiettivo finalmente lo ha individuato: distruggere la famiglia. Del resto i lavoratori sono già a pezzi, l'economia annichilita, le frontiere sbriciolate, dunque l'unica cosa solida rimasta è l'istituzione familiare, e non si può perdere l'occasione di frantumarla.Si può dire che il nuovo impegno diretto sia stato ufficialmente assunto dal partito l'11 giugno scorso, quando Monica Cirinnà è stata nominata responsabile del Dipartimento diritti del Pd. Le posizioni della signora su temi come l'aborto o l'utero in affitto sono note, ma finché ad esprimerle è una tra le tante anime del partito si può anche tollerare. Quando però si affida un incarico di responsabilità a una nota per aver esposto il cartello «Dio, patria, famiglia = vita di merda», allora il discorso cambia. Significa che le sue idee sul tema dei (presunti) diritti sono le idee di tutto il Pd.E l'attivismo progressista delle ultime settimane lo conferma. Tanto per cominciare, ai cari dem si deve la legge liberticida contro l'omofobia che mira a sorvegliare e punire chiunque esprima un pensiero non in linea con i diktat Lgbt. Persino militanti lesbiche e femministe, nei giorni scorsi, si sono espresse contro la norma, spiegando che danneggia le donne. Il ddl che ha per primo firmatario Alessandro Zan, infatti, introduce il concetto di «identità di genere», in base al quale chiunque ha appunto il diritto di scegliere se essere maschio, femmina o altro. La qual cosa, come ovvio, distrugge le identità ed elimina la differenza femminile per cui le femministe hanno tanto combattuto negli anni.Delle critiche provenienti da sinistra, i dem se ne sono sostanzialmente fregati. Cecilia D'Elia, portavoce della Conferenza delle donne del Pd, ha rispedito al mittente le obiezioni sulla «identità di genere» e ha ribadito che il ddl Zan è «un passo in avanti nella tutela nei diritti delle persone su cui spero ci possa essere la massima condivisione in parlamento e nel Paese». La Cirinnà ha subito condiviso la posizione.Sostenere l'idea che un maschio possa diventare femmina a piacimento e, contemporaneamente, approvare la pratica (vietata dalla legge) dell'utero in affitto significa, nei fatti, strappare alle donne un bene prezioso: la capacità di generare la vita. Attaccare le madri in questo modo significa assestare un colpo fatale alla famiglia.Purtroppo, però, non è l'unico. Il Pd è in prima linea anche a sostegno dell'aborto facile. Nei giorni scorsi Sandra Zampa, sottosegretario dem al ministero della Salute, ha solidarizzato con una delegazione di attiviste «pro choice» in protesta per la decisione della governatrice umbra, Donatella Tesei, di imporre tre giorni di osservazione in ospedale per chi assume la pillola abortiva Ru486. Una scelta prevista dalla legge, adottata dalla maggioranza delle regioni italiane e corrispondente alle indicazioni del Consiglio superiore di sanità. Eppure la Zampa sostiene che «si possa prendere in considerazione il day hospital e l'ambulatoriale». Ella sostiene, insomma, che l'aborto take away possa e debba essere praticato, in modo da rendere l'interruzione di gravidanza una formalità. Secondo la Zampa, «nessuna evidenza scientifica porta a ritenere che siano necessari tre giorni». Non solo. Il sottosegretario pd ha da ridire anche sull'obiezione di coscienza, che sarebbe «un problema serio», poiché «raggiunge ormai percentuali oggettivamente preoccupanti».Viene da chiedersi su quali «basi scientifiche» la signora fondi i suoi giudizi sulla Ru486, e se le sue posizioni sull'obiezione di coscienza siano espresse a nome del governo. Comunque sia, il Pd le condivide in toto, compiendo un ulteriore assalto alla famiglia.Infine, la ciliegina, posta sulla torta dalla solita Cirinnà. Come noto, nei giorni scorsi il governo ha licenziato un grottesco Family act, la cui inconsistenza basta da sola a mostrare quanto poco tenga l'esecutivo alle famiglie italiane. Quando il provvedimento è stato varato, Gianfranco Goretti, presidente di Famiglie arcobaleno (la rete di genitori omosessuali) ha immediatamente avuto da ridire. «Appena letto il testo del Family act», ha detto, «abbiamo notato l'uso del singolare. Ci riferiamo in particolare alla prevista istituzione di un organismo aperto alla partecipazione delle associazioni di tutela della famiglia, declinata, appunto, al singolare. Speriamo ci si renda conto dell'importanza nell'uso delle parole, soprattutto quando queste vanno di pari passo con i diritti delle persone e delle famiglie, tutte». Secondo Goretti, dunque, il Family act deve tenere conto anche dei «genitori Lgbt» e deve riferirsi, invece che alla «famiglia», alle «famiglie». Tempo di un sospiro, ed ecco che Monica Cirinnà è corsa a dargli ragione: «Condivido la preoccupazione di Famiglie arcobaleno. Quel passaggio della proposta di legge deve essere corretto e mi sono già attivata con le colleghe e i colleghi della Camera», ha spiegato su Facebook la senatrice. «Sono certa che avverrà: in Italia, la parola famiglia si declina al plurale. Non è questione di parole, ma di sostanza».Il problema però è proprio la sostanza. La Costituzione italiana non è stata scritta pensando a una molteplicità di «famiglie», ma alla «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». E nella «società naturale» i figli non nascono da utero in affitto o da fecondazione eterologa, pratiche che infatti sono proibite (almeno qui da noi). Vari tribunali, anche in tempi recentissimi, si sono espressi contro il riconoscimento dei figli di «due padri» o «due madri». Dunque, che un provvedimento rivolto alla famiglia sia esteso ai nuclei Lgbt è piuttosto surreale. Soprattutto se questo passaggio - apparentemente insignificante - si trasformasse un domani da sottigliezza linguistica a stratagemma per riversare aiuti anche su chi ha avuto bambini tramite madri surrogate.Alla fine dei conti, tuttavia, sembra proprio che per il Pd la famiglia sia questo: un'istituzione di cui sbarazzarsi con un tratto di penna.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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