2024-05-26
Pure l’imam di Torino ridicolizza i censori: «Non studiare Dante è una scelta assurda»
Il predicatore pro Palestina Brahim Baya bolla il caso di Treviso come follia. È la dimostrazione che i primi a farci del male spesso siamo noi.Viene il sospetto che troppo di frequente si punti sul nemico sbagliato. Cerchiamo intorno a noi le cause del tracollo occidentale che stiamo vivendo, quando invece dovremmo osservare più in profondità le nostre viscere, e renderci conto che il male alligna proprio lì. La vicenda deflagrata in questi giorni in una scuola della provincia di Treviso lo dimostra. I fatti sono tristemente noti. Un professore si premura di inviare una lettera alle famiglie chiedendo se qualcuna abbia problemi all’idea di fare studiare ai propri pargoli la Divina Commedia. Ovviamente, se chiedi le risposte arrivano. E infatti pare che due famiglie musulmane abbiano chiesto di esentare i figli dal lavoro sull’opera del Sommo Poeta. Risultato: il professore ha elaborato un programma alternativo basato sul Boccaccio.Come ha già notato ieri Marcello Veneziani, le storture qui sono numerose e tutte drammatiche. Per quale motivo un insegnante dovrebbe domandare il permesso di fare lezione su Dante? Perché mai dovrebbe elaborare un programma alternativo? La lettura della Commedia andava - semplicemente e giustamente - resa obbligatoria, e se una famiglia avesse avuto rimostranze, la si sarebbe serenamente dovuta rispedire alla propria abitazione con un cortesissimo ma granitico «no». Invece si teme di offendere, indispettire e turbare. Ciò accade perché ormai la nostra è una società di eterni risentiti, di narcisisti piagnucolosi che temono la diversità e il libero pensiero. Non ci stiamo piegando a un invasore, bensì ripiegando su noi stessi. Troppo spesso siamo i primi a non conoscere e a disprezzare la nostra tradizione e la nostra cultura, ergo non abbiamo le capacità e il coraggio di proporle agli altri. I quali chissà, magari potrebbero persino apprezzarle. Siamo deboli, dunque temiamo l’attacco esterno con paranoica fibrillazione. Intanto, però, ci censuriamo e mutiliamo da soli.Proprio mentre il grottesco caso trevigiano prendeva corpo, a vari livelli si è sparsa indignazione per il sermone politico scandito da Brahim Baya a Torino, dopo la preghiera musulmana organizzata dagli attivisti che hanno occupato alcune aule universitarie per sostenere la causa palestinese. In un lampo Baya è divenuto il nemico pubblico numero uno, e per impedirgli di replicare la predica si sono mosse persino le forze dell’ordine e i vertici dell’accademia. Gli stessi che il più delle volte tacciono di fronte a plateali dimostrazioni di intolleranza e prevaricazione. Non ci importa qui di commentare le parole pronunciate da Baya dopo la preghiera: risulta che sia perfettamente in grado di spiegarle da solo e, se si volesse, sul tema si potrebbero organizzare fior di confronti pubblici, occasioni di discussione di cui chi è forte delle proprie idee non dovrebbe avere timore.Più interessante è ascoltare ciò che Baya ha da dire sul caso di Treviso, perché il suo pensiero è particolarmente istruttivo. Lo abbiamo incontrato durante una trasmissione radiofonica su GiornaleRadio, e finita la registrazione lo abbiamo interrogato riguardo a Dante.La sua reazione può darsi sorprenda qualcuno (non noi). «Mi sembra una storia veramente assurda», ci ha detto. «Del resto tante cose assurde succedono in nome della difesa dei musulmani, e a comporle sono laicisti che usano l’islam per attaccare la religione in generale. Lo si è fatto sempre riguardo al crocifisso: per toglierlo dalle scuole si usavano i musulmani, così come per togliere il presepe si usano i musulmani. Molto spesso, però, l’opinione dei musulmani nemmeno si chiede, perché si scoprirebbe che non hanno alcun problema col crocifisso o col presepe. Non abbiamo problemi né con Maria né con Gesù, perché sono figure che veneriamo come le venerano i nostri fratelli cristiani».Curioso. Persino il leader musulmano che molti giudicano pericolosissimo pensa che non insegnare Dante sia una assurdità.«Il fatto che alcuni sinistroidi ci usino per attaccare altre fedi è una cosa miserabile, l’ho sempre pensato», continua Baya. «Lo è anche attaccare Dante, il padre fondatore della lingua italiana. La sua opera viene studiata anche nel mondo arabo-musulmano ed è una delle più grandi della letteratura mondiale. Ha anche tratto ispirazione da testi islamici».Baya si riferisce al Kitab al-Miraj, il «Libro della Scala» che narra il viaggio nell’aldilà di Maometto e che Dante quasi certamente ebbe modo di conoscere. Di questi temi gli specialisti parlano dagli anni Cinquanta, ed è corposa la riflessione accademica sulle influenze musulmane nell’opera dell’Alighieri.«Dante non è stato molto riconoscente riguardo alcuni prestiti», dice Baya, «mettendo purtroppo Maometto all’inferno. Tuttavia la sua opera resta magistrale. Noi musulmani la studiamo, in Italia l’ho studiata, non è stato facile leggerla, è scritta in un italiano di difficile comprensione, ma è una porta necessaria per conoscere l’Italia, per essere e diventare italiani». Sono le parole di un musulmano con cui certo avremmo molto da discutere, ma che sul punto non ha dubbi, mostrando di rispettare la tradizione italiana più di quanto la rispettino molti nostri connazionali. Il nemico interno, quasi sempre, è il più pericoloso.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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