2021-08-19
L’illogico paradosso delle chiusure. Si balla ovunque tranne che in disco
Prima demonizzati come luoghi responsabili del contagio, poi presi in giro con la storia del green pass, i locali da ballo sono chiusi da quasi due anni. Così i ragazzini si assembrano in luoghi abusivi e meno sicuri.Anche la Ragione Sanitaria ha il suo luogo oscuro, quello in cui si rivelano la malafede e la cattiva coscienza. Sui muri della discoteca, oggi, s'infrange l'ipocrisia della medicalizzazione. I locali da ballo sono stati lo spazio in cui i corpi si «liberavano», si mescolavano, s'avvinghiavano tribalmente. Ora, invece, gli stessi locali sbarrati segnano il passaggio dagli afflati libertari al puritanesimo istituzionale. Le porte chiuse e la musica spenta marcano l'infinita distanza tra la comunità danzante e l'immunità elevata a valore supremo. Nulla più della discoteca ci dice la verità su quanto sta accadendo, sulle mistificazioni e le promesse mancate. Un anno fa, esattamente il 15 di agosto, Andrea Crisanti dichiarava al Messaggero: «Le discoteche andrebbero chiuse subito». In lontananza, si udiva già il tambureggiare di zoccoli dei cavalli degli inquisitori. Cioè tutti gli esperti, gli editorialisti e i commentatori di vario ordine e grado che, di lì a pochi giorni, avrebbero dato il via alla caccia alle streghe. Le discoteche furono indicate come la causa prima del male. Si disse che, per colpa dei locali, i contagi erano ripartiti. Sui quotidiani e in televisione le cornacchie chiusuriste inveivano contro i giovani irresponsabili e «l'estate folle». Fu una specie di grande purga: le nuove SS (Sinistre Sanitarie) si prodigarono al fine di estirpare il piccolo Briatore celato nel cuore dell'Italia. In un soffio, fu ripristinata una concezione premoderna della medicina: l'idea del contagio per colpa. Chi ha osato divertirsi in pista - questo il succo - pagava il fio ammalandosi. In un secondo, ecco il mondo diviso in due: da una parte le persone civili che «pensano ai morti» e invocano la reclusione; dall'altra gli egoisti pronti a calpestare le vite altrui pur di concedersi quattro salti. Da allora, il pregiudizio è rimasto incollato, e non si stacca più. Dati alla mano, si è dimostrato che le discoteche non erano affatto responsabili dell'aumento dei contagi, che si è verificato alle soglie dell'autunno 2020 quando gli italiani hanno ripreso a lavorare e il clima si è fatto più freddo. La leggenda secondo cui il divertimento ha provocato un secondo insorgere del virus, tuttavia, ha continuato a circolare. E si è fatta emblema di una nuova visione della vita secondo cui «salute» vuol dire «sopravvivenza fisica». Una visione in cui lo svago, il gioco, la leggerezza sono orpelli da eliminare al fine di garantire l'efficienza dell'uomo-macchina. Col passare dei mesi, le discoteche sono divenute il feticcio della libertà che andava «riguadagnata» comportandosi bene, cioè rispettando le regole imposte dal governo. Se sarete bravi e farete sacrifici - dissero gli dei sanitari - la prossima estate potrete tornare a divertirvi. Solo che poi l'estate è arrivata, e anche se ci siamo comportati bene praticamente tutti, le discoteche sono ancora chiuse. Stanno lì, silenti, a simboleggiare un altro fallimento: quello del green pass. Si è detto, infatti, che il lasciapassare verde ci avrebbe garantito «maggiore libertà», avremmo potuto essere sicuri e «tornare a vivere». E invece, guarda un po', non è accaduto. La discoteca offre precisamente la misura della disfatta. Se fosse vero che la carta verde protegge dai contagi, a quest'ora non ci sarebbero problemi a tornare in pista. Solo che, come ormai tutti hanno capito, il green pass non serve a fermare il contagio (anzi, al massimo rischia di aggravarlo), dunque i luoghi deputati al ballo rimangono serrati. Grottesco contrappasso: si danza ovunque tranne che nei luoghi in cui si dovrebbe farlo. Ecco il frutto del lasciapassare: maree di ragazzini (giustamente) smaniosi di dimenarsi, convinti di essere del tutto al riparo grazie al vaccino (magari solo una dose), si assembrano all'aperto e talvolta pure al chiuso. Nelle piazze, nei bar, nei ristoranti, negli stabilimenti. Non citiamo nemmeno il vergognoso rave del viterbese perché non c'entra assolutamente nulla con la «cultura del club»: chi è andato a distruggersi di droghe a Valentano non sarebbe mai entrato in un locale sulla riviera romagnola, si tratta di due universi lontanissimi e in conflitto. Il caos imperante, comunque sia, ha fatto infuriare i gestori delle strutture. «Disperati e beffati gli imprenditori dell'intrattenimento e delle discoteche sono ormai stanchi degli appelli e degli estenuanti rinvii sulle ipotesi delle riaperture di questi spazi di divertimento per i giovani gestiti sempre in sicurezza e con controlli sistematici», dice Maurizio Pasca, presidente del Silb, il sindacato dei locali da ballo legato a Fipe-Confcommercio. L'associazione fa richieste più che ragionevoli. Pretende controlli sulle «forme abusive che fino ad oggi sono state tollerate» e vuole «la riapertura delle discoteche con accesso controllato con il green pass». Dopo tutto, dicono i gestori, il lasciapassare è stato «indicato dal governo come unico strumento per tornare alla normalità nei posti di lavoro».Quali risposte intende dare il governo agli imprenditori che «da circa due anni non possono tenere aperte le proprie attività mettendo a rischio l'occupazione dei propri collaboratori e la sopravvivenza delle loro famiglie»? Forse l'esecutivo ammetterà che il green pass non «dà la libertà» e chiederà scusa? Di sicuro non basterebbe (servono soldi, prima di tutto), ma sarebbe comunque un bel gesto: il ballo a molti manca, ma di balle siamo tutti piuttosto sazi.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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