2020-09-17
L’idea di tre generali: «Un cordone di navi a ridosso delle coste contro le partenze»
Per Fabio Mini, Vincenzo Santo e Ferdinando Sanfelice serve una forza «di interdizione» che prema sui porti di origine. Perché «l'Ue non ci aiuterà».Partiti, editorialisti, esperti parlano spesso di «blocco navale», come il rimedio più radicale per fermare gli immigrati clandestini che approdano sulle coste italiane, con le navi delle Ong, con i barconi e i barchini dei mercanti della criminalità internazionale. Pochi però si sono chiesti se tutto questo sia possibile, ammesso che il governo italiano decida in tal senso, con l'approvazione o meno di Bruxelles. Ebbene, possiamo con chiarezza affermare, che non è possibile. E lo facciamo con le opinioni di tre super esperti di immigrazione clandestina. Ve li presentiamo: il generale, Vincenzo Santo, ex capo di Stato maggiore delle forze Nato in Afghanistan, informatissimo sulle politiche dei paesi del Mediterraneo; Fabio Mini, ex capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa; Ferdinando Sanfelice di Montefeltro, ammiraglio , ex capo di Stato Maggiore della Marina, oggi professore di diritto internazionale marittimo in diverse università.Il generale Santo è stato il primo a pronunciarsi sulla questione del blocco navale. Sembrava il più deciso sostenitore di questa «scelta», ma approfondendo l'argomento in diverse interviste, ha precisato che un vero e proprio «blocco navale» è impossibile perché la legislazione internazionale lo vieta categoricamente. Bisognerà parlare più realisticamente di «interdizione» alle navi, barconi e altri natanti. Di che cosa si tratta esattamente? Lo abbiamo chiesto al generale Fabio Mini: «Se una nave italiana assaltasse una nave straniera (anche delle Ong), fuori delle nostre acque territoriali, verremmo accusati di atti di pirateria e quindi finiremmo sotto processo. Lo stesso vale per un elicottero che atterrasse su una nave straniera». Eppure nel 1997 fu possibile il blocco del canale d'Otranto, ordinato dal presidente del Consiglio del tempo , Romano Prodi (ministro dell'Interno Giorgio Napolitano).«Erano altri tempi. E poi il governo albanese era d'accordo nel fermare la fuga in massa dei migranti. Un blocco che, come si ricorderà, provocò anche lo speronamento e l'affondamento di un barcone albanese con 120 migranti, 81 annegarono. Vi furono processi, ma tutto si concluse silenziosamente con il pagamento di indennizzi. A quel tempo i procuratori della repubblica facevano arrestare senza pensarci troppo comandanti ed equipaggi dei barconi …». Oggi dunque nessun blocco navale è possibile? E neppure la cosiddetta interdizione si può realizzare facilmente? «La cosiddetta interdizione si può realizzare, ma a certe rigorose condizioni. Facciamo un esempio. Le navi poste su una fascia di mare possono “scoraggiare i barconi in uscita dai porti", con la loro stessa presenza, facendo passare solo petroliere. Ma questa deterrenza non sempre è risolutiva, in caso di una forte pressione di imbarcazioni che si propongono di passare oltre la linea di protezione fissata dalle navi. I respingimenti si possono fare, ma in modo simbolico, cercando di convincere le imbarcazioni straniere a cambiare rotta (come fanno spesso i maltesi). I rischi di collisione rimangono però alti, con pericoli molto elevati per i clandestini e i marinai». E allora, come si possono fronteggiare gli assalti alle nostre coste da parte degli immigrati che arrivano dalla Tunisia, dalla Libia e da altri Paesi spesso con l'aiuto delle Ong? Lo chiediamo all'ammiraglio Ferdinando Sanfelice. «Intanto, precisiamo che l'interdizione da sola non si può realizzare, soprattutto quando sono a rischio vite umane. Può essere una delle misure che si possano adottare, in presenza di altre misure di un programma globale e di una strategia per contenere l'immigrazione. In ogni caso le navi si possono fermare solo se anche le marine dei Paesi interessati siano disponibili a collaborare attivamente. Solo in questo modo possiamo fermare le imbarcazioni del clandestini nei loro porti».Questo sarebbe il blocco navale più efficace, che servirebbe anche a colpire la criminalità che organizza il traffico. «Esattamente. Ripeto: la deterrenza con le nostre navi si può fare. Oggi siamo in grado di controllare bene il traffico marittimo con i satelliti e con altre tecnologie. Il problema è come costringere le navi clandestine a tornare indietro se superano la linea (rossa?) tracciata. Ecco perché gli accordi con i governi del Mediterraneo sono fondamentali».Non sempre però gli accordi vengono rispettati. «Vero anche questo. Se cambia un governo, spesso bisogna ricominciare nuovamente a negoziare».E poi c'è sempre l'Europa, che ci aiuta poco, quasi per niente. Anche gli accordi, come quello recente di Malta, sul trasferimento dei migranti in altri Paesi, vengono spesso ignorati. «I problemi, come sappiamo, sono complessi. Un tempo la Svezia e gli altri Paesi nordici, oltre alla Germania, avevano un grande bisogno di manodopera straniera. Ma oggi vogliono sceglierla loro, secondo le loro esigenze, i loro tempi e modalità. E poi non intendono pagare i costi degli insediamenti: assistenza sanitaria, formazione, prima integrazione... In altre parole, a questi Paesi fa comodo che gli immigrati trascorrano un periodo in Italia perché vengono curati, in qualche modo preparati a un primo insediamento in Europa».
Abiy Ahmed e Giorgia Meloni (Ansa)
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