2021-06-18
Sberla Usa alla dittatura Lgbt
La Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington (Getty Images)
La Corte Suprema dà torto all'amministrazione di Philadelphia che si rifiutava di dare in affidamento i bambini a un ente cattolico, perché contrario alle richieste di coppie gay.All'unanimità si è espressa la Corte suprema degli Stati Uniti, a favore del Catholic Social Services nella sua causa contro la città di Philadelphia stabilendo che la città ha violato il libero esercizio della religione del gruppo. In altri termini, la Corte suprema ha dato ragione all'associazione cattolica che si rifiutava di prestare servizi di affido di minori a coppie dello stesso sesso.La vicenda era nata dopo che la città di Philadelphia aveva appreso che il Catholic Social Services, agenzia di mediazione per l'adozione e l'affidamento di bambini in difficoltà, avrebbe considerato non idonee per l'adozione le coppie formate da persone dello stesso sesso. Così la città di Philadelphia aveva deciso di non riconoscere più il Catholic Social Services come agenzia affiliata e aveva smesso di affidar loro i bambini, citando una legge che vieta la cosiddetta discriminazione basata sull'orientamento sessuale. Ma il Catholic Social Services non si è arreso e ha replicato che la loro esclusione equivaleva a discriminazione religiosa, in violazione delle protezioni del Primo emendamento. Si è quindi aperto un contezioso: due tribunali ordinari si sono schierati con Philadelphia e si attendeva il pronunciamento della Corte Suprema.E la Corte all'unanimità si è espressa: «Il rifiuto della città di Philadelphia di contrattare con il Catholic Social Services per la fornitura di servizi di affidamento, a meno che la stessa non accetti di certificare le coppie dello stesso sesso come genitori affidatari, viola la clausola di libero esercizio del primo emendamento».Perché, ha scritto il giudice supremo John Roberts nell'opinione della maggioranza, «il Catholic Social Services cerca solo una modalità che gli permetta di continuare a servire i bambini di Philadelphia in modo coerente con le sue credenze religiose; non cerca di imporre quelle convinzioni a nessun altro». Il punto è chiaro, la libertà religiosa, in forza della free exercise clause, del primo emendamento non conosce ragioni per essere limitata quando non è impedito l'accesso a un servizio che desta obiezioni in qualcuno.E così i giudici della Corte unanimemente si sono espressi in punta di diritto, senza applicarsi a ideologie. Come disse la giudice Amy Coney Barrett, insediata con il duplice stigma di essere cattolica e trumpiana, «i giudici non sono decisori politici e devono essere risoluti e mettere da parte le opinioni politiche che potrebbero avere». C'è da essere certi che le sue parole non erano di circostanza, basta guardare come nell'altra sentenza di ieri della Corte, quella che conferma l'Obamacare, la Barrett ha votato con la maggioranza. Insomma, che la libertà religiosa sia qualcosa che è sacro negli Stati Uniti e che attiene in modo profondo alla libertà, non è frutto di una macchinazione di chissà quali conservatorismi, ma radicato nel diritto. E la libertà religiosa ha una priorità su quei diritti cosiddetti Lgbt, così ha sentenziato l'opinione di maggioranza del giudice Roberts a cui si sono uniti i giudici Stephen Breyer, Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Brett Kavanaugh e, come detto, Amy Coney Barrett. Il giudice Samuel Alito ha presentato un parere concordante, insieme ai giudici Clarence Thomas e Neil Gorsuch.Se negli ultimi anni nubi minacciose si sono addensate sui fedeli e sulle associazioni cattoliche che cercano di parlare, vivere e lavorare coerentemente con le loro convinzioni, sui genitori che vogliono crescere i figli secondo i propri valori, sui bambini nel grembo materno, ecco che la sentenza di ieri della Corte suprema americana sembra un raggio di sole per la libertà. Una simile concezione del vivere comune, al netto delle specificità giuridiche dei due Paesi, pare esattamente all'opposto di quella sottesa al nostro ddl Zan, originato dalla pretesa di imporre le convinzioni particolari di alcuni a tutti, mettendo potenzialmente a repentaglio libertà di coscienza e obiezione.Parafrasando l'astronauta Neil Armstrogn, si tratta forse di un piccolo passo, ma è un gigantesco passo per chi vuole leggere tra le righe della storia.
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci
Il regista Stefano Sollima (Ansa)
Robert F.Kennedy Jr. durante l'udienza del 4 settembre al Senato degli Stati Uniti (Ansa)