2020-10-13
L’ex capo economia Pd molla l’università e approda a Goldman
Filippo Taddei (Laura Lezza/Getty Images)
Filippo Taddei nella tradizione delle porte girevoli tra i dem e la banca d'affari «che nomina i governi» e dove lavorarono Romano Prodi e Mario Monti.Un post su Twitter con la foto della scrivania vuota con lo zaino pronto e un messaggio: «Dopo otto anni alla Johns Hopkins sto tenendo il mio ultimo corso. Un nuovo capitolo inizia alla Goldman Sachs come executive director e senior european economist con un focus sul Sud Europa». Filippo Taddei ha annunciato così l'inizio dell'avventura presso la sede londinese nella banca d'affari Usa con un ruolo invidiatissimo dai colleghi, anche da quelli che ieri hanno cinguettato congratulazioni di circostanza. Chi è Taddei? Classe 1976, dal 2013 al 2017 è stato il responsabile economico del Pd. Capolista a Bologna nella lista di Pippo Civati (cui scrisse ampi stralci del programma per le primarie) ed economista dell'università americana Johns Hopkins di Bologna, nel dicembre di sette anni fa viene infatti chiamato a far parte della segreteria del partito da Matteo Renzi rimasto folgorato tre anni prima sul palco della stazione Leopolda dai ragionamenti del giovane Taddei sul concetto di «rottamazione» e sul «mito dell'anzianità». Un Phd alla Columbia University , sette anni a New York, tornato in Italia per insegnare prima al collegio Carlo Alberto di Torino e poi alla John Hopkins nella capitale del potere prodiano - la sua prima esperienza politica a 19 anni è stata proprio nei comitati di Romano Prodi tra il '95 e il '96 - il civatiano e infine renziano Taddei lavora a capofitto sulla riforma del lavoro, il cosiddetto Jobs act, e nell'autunno del 2014 viene messo sotto tutela dal Viminale dopo aver ricevuto minacce, sia via web, sia con biglietti trovati vicino alla sua casa nel capoluogo emiliano. Nel 2006 ha ricevuto lo Young economist award da parte delle European economic association e nel 2012 ha vinto la Lamfalussy fellowship dalla Bce. Ma la folgorante carriera di Taddei registra anche qualche incidente di percorso. Come nel 2013 quando risulta non idoneo al concorso per l'abilitazione a professore associato in politica economica (esame tutt'altro che proibitivo: su 417 candidati, i promossi furono quasi 300) perché secondo i commissari del Miur, il ministero dell'Istruzione, il suo numero di pubblicazioni scientifiche e titoli non era ancora sufficiente. «Imbarazzante», fu costretto ad ammettere in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera. Senza dimenticare la clamorosa gaffe finita su Youtube: nel febbraio del 2017, durante un dibattuto in tv sul futuro dell'euro, l'economista si lascia prendere dalla foga antisovranista definendo il Corralito argentino una moneta quando in realtà era il termine con il quale fu denominata, durante la crisi economica argentina, la restrizione della libera disposizione di denaro in contanti da conti correnti e casse di risparmio, imposta dal governo di Fernando de la Rúa nel dicembre 2001, e che durò meno di un anno. Poco più di un mese dopo quel passo falso in tv, il 15 marzo 2017, Taddei rilascia un'intervista a La Stampa per commentare l'addio al suo incarico nel Pd e fare un bilancio di questa esperienza. «Sento il rimpianto per gli errori commessi e ancor più per le cose che non siamo riusciti a fare in questi tre anni», dice. Promettendo che non è un addio alla politica. A distanza di tre anni, e mentre i grillini parlano di economia con il capo della Cgil, Maurizio Landini, l'ex economista del Pd libera la scrivania di Bologna per entrare nel team Goldman. «Quella non è una banca, è l'anticamera per un posto di primo livello in politica», così la definiva nel 2008 il Nobel per l'Economia, Paul Krugman. Tesi condivisa in Italia dove la prassi del colosso americano di arruolare nei propri ranghi persone che hanno ricoperto importanti incarichi istituzionali ha alimentato il mito della banca che nomina i governi. Certo, Goldman Sachs è sempre stata molto abile nel fenomeno cosiddetto delle revolving doors, porte girevoli: il passaggio di un professionista dal ruolo di legislatore o regolatore a quello di membro dell'industria che prima regolava e viceversa. In Italia il percorso di solito è stato: dalla politica alla banca. Romano Prodi vi entrò nel 1990, dopo sette anni da presidente dell'Iri, mentre l'ingaggio di Gianni Letta risale al 2007: fu lui, si racconta, a suggerire di non impegnarsi in una partita tutta nazionale come il salvataggio Alitalia. Così come furono i suoi buoni uffici a facilitare il coinvolgimento nelle operazioni di finanza straordinaria effettuate in quegli anni da società pubbliche come Enel e Finmeccanica. Con la maglia di Goldman Sachs ha «giocato» anche l'ex presidente del Consiglio ed oggi senatore a vita Mario Monti, international advisor dal 2005 al 2011 della banca Usa. Senza dimenticare ovviamente, Mario Draghi che non è stato solo un advisor di Goldman, ma anche vicepresidente e managing director dal 2002 al 2005 dopo essere stato però direttore generale del Tesoro (1999-2001) e prima di assurgere al ruolo di governatore di Bankitalia e Bce. In Italia la banca è riuscita a scansare alcune mine scoppiate sotto i piedi di altri istituti. Non era tra i finanziatori della Parmalat di Calisto Tanzi e non ha fatto derivati con gli enti locali. Figura tra i principali intermediari di titoli di Stato nelle aste del Tesoro. Del resto Goldman ha sempre dedicato una cura maniacale nell'attirare individui che abbiano accesso alle stanze del potere e che, come minimo, la aiutino a evitare errori clamorosi. Sarà così anche con Filippo Taddei?
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)