
Il dem aveva detto di essere stato nel Fronte della gioventù a 16 anni. Smentito da foto e documenti e incalzato dai media francesi, ora si corregge: «Militai almeno fino a 20 anni. Poi rinnovarono la tessera senza dirmelo».Iscritto a sua insaputa. La telenovela sul passato neofascista di Sandro Gozi acquisisce un nuovo capitolo. E, adesso, valica i confini nazionali. Parlando a Le Point, che ha scomodato il suo corrispondente da Roma per far luce sulla vicenda, Gozi ha fornito una nuova versione sulla passata militanza nel Msi, decisamente diversa dalla prima («Avevo 16 anni, seguii un amico, ci ho messo poco a capire che quella non era la mia strada»). Alla testata transalpina, l'esponente dem ha detto che si tratta di una «polemica ridicola» ma che comunque non nasconde «un passaggio della mia vita che è noto da molto noto a Cesena e in tutta la regione». Ma è quando ha cercato di circostanziare meglio la sua militanza che Gozi ha detto le cose più interessanti: «A partire dal 1987/1988 questo impegno è diminuito. Non ho alcun altro ricordo di azioni condotte negli anni successivi. È molto probabile che ci sia stato un rinnovo automatico dell'adesione per qualche anno, come si faceva sempre all'epoca». Altro che «avevo 16 anni», quindi! Gozi ammette ora candidamente di essere stato missino in modo attivo almeno fino all'età di 20 anni (tanti ne aveva nel 1988). Per gli anni successivi non si sbilancia, spiegando che il suo impegno a destra «è diminuito» (quindi non si è bruscamente interrotto) e che comunque lui «non ricorda». Meglio cautelarsi nel caso escano altri particolari imbarazzanti... Questa seconda versione è in effetti più compatibile con i documenti che erano usciti sulla vicenda, pubblicati dalla testata sovranista Il Primato nazionale: una foto del giovane Gozi con Giorgio Almirante risalente al 1987 e un modulo di iscrizione al Fronte della gioventù con la data del 1990, quello, pare di capire, che secondo l'esponente dem sarebbe stato rinnovato automaticamente senza il suo consenso. La questione, ovviamente, può sembrare di lana caprina: 1984 o 1988, che differenza fa, sono passati 30 anni... E comunque non è certo reato aver militato nel Msi. È un'argomentazione sensata, ma a cui si possono opporre due obiezioni. La prima è che se Gozi ha sentito il bisogno di minimizzare fino a stravolgere la realtà, forse il dettaglio biografico una importanza ce l'ha innanzitutto per lui. Del resto il dettaglio va a riscrivere un'autobiografia politica accuratamente costruita, a cominciare da quel primo voto dato al Partito repubblicano più volte sbandierato, anche a Le point, ma che mal si concilia con la foto accanto ad Almirante scattata a pochi giorni dalle prime elezioni politiche in cui Gozi è stato elettore attivo. Il mercoledì in posa con Almirante e la domenica al voto per Spadolini? Un po' difficile da credere. La seconda obiezione riguarda proprio il modo in cui il Pd ha declinato in questi anni il tema dell'antifascismo: ovvero come un autentico spartiacque antropologico, prima ancora che ideologico, fatto di veti, esclusioni, cordoni sanitari e immarcescibile fiducia nella propria incorrotta superiorità etica. Va da sé che, allora, sapere quanto e in che misura un proprio esponente abbia militato nei ranghi di un partito neofascista è tema di sicuro interesse innanzitutto per Nicola Zingaretti. E anche per Emmanuel Macron. L'interesse di Le Point per la vicenda Gozi non è affatto casuale. Come è noto, l'italiano è stato infatti nominato consulente agli Affari europei dal governo di Édouard Philippe. E anche la sinistra francese non è che ci vada leggera con le scomuniche contro la destra, tant'è che Le Point, che pure è di centrodestra, sottilmente ricorda che Almirante, oltre che leader missino nel dopoguerra, fu anche «condannato per collaborazione con le truppe naziste». Se in Italia il Novecento lo si può (sempre più a fatica, in verità) storicizzare, in Francia la cosa riesce decisamente più difficile.Le Point non è l'unica testata che, in Francia, si sta ponendo delle domande. Del caso, in questi giorni, se ne sono occupati anche il quotidiano L'Opinion e il sito di informazione Putsch. Ironico il quotidiano identitario Présent, che ha definito la rivelazione «una buona notizia» e che, dopo aver snocciolato il curriculum di Gozi, ha aggiunto che le sue qualifiche dimostrano «la qualità della formazione di coloro che sono passati per il movimento nazionalista». Quanto a lui, l'esponente dem risponde solo ai giornalisti. Sui social, la sua foto accanto ad Almirante viene postata spesso nei commenti sotto ai suoi status, ma l'interessato non risponde a chi gli chiede spiegazioni. Con una rara eccezione: a un utente di Twitter che gliene chiedeva conto in francese e taggando il premier francese Philippe, Gozi ha replicato, sempre in francese, con una frase sarcastica: «Aggiungo anche che ho litigato con il sacerdote della mia parrocchia quando avevo 14 anni e ho sbattuto la porta della chiesa e che a 5 anni mi sono rifiutato di rimanere nella scuola elementare dalle suore del Sacro Cuore. In questo modo anticipiamo articoli futuri. Quanto sei piccolo...». Sarà pure una «polemica ridicola», ma le eventuali reazioni nel governo francese sembrano preoccupare un bel po' l'ex camerata Gozi.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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