2018-11-07
L’Europa ha scoperto l’immigrazione e ha messo vento nelle vele di Salvini
Bruno Vespa ha intitolato «Rivoluzione» il suo racconto su quanto accaduto in Italia prima e dopo le elezioni del 4 marzo. Un viaggio lungo un anno che ha ribaltato il panorama politico e dato vita alla terza repubblica.Fino a poco tempo fa la meta più ambita dai migranti, insieme alla Germania, era la Svezia, il Paese del welfare e dell'assistenza «dalla culla alla tomba». Nel 2015 accolse 163.000 immigrati, ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiati. Un anno dopo, soltanto 500 avevano trovato un lavoro regolare, e poiché gli altri continuavano a dipendere dall'assistenza pubblica, dal 2016 la Svezia ha chiuso le porte e programmato un gigantesco piano di rimpatri per decine di migliaia di migranti.In altri Paesi i rifugiati sono più numerosi che in Italia: basti pensare alla Germania, che ne ha 478.000. L'Italia ne ha soltanto 131.000, ma si tratta appunto di persone alle quali negli anni è stato riconosciuto lo status di rifugiati. Si tenga conto che la Germania deve coprire 1 milione 200.000 posti di lavoro e soltanto 400.000 sono occupati da tedeschi. Necessita, quindi, di una gran quantità di immigrati. Quando nel settembre 2015 Angela Merkel pronunciò il celebre: «Ce la faremo», ospitando 1 milione di immigrati (in larga parte siriani bene istruiti), non immaginava certo che, un anno dopo, questa apertura - che non aveva soltanto ragioni umanitarie - le avrebbe reso impossibile una maggioranza per fare il governo.Il problema è che, da noi, arrivano legioni di immigrati privi in gran parte del titolo per l'accoglienza, anche se la situazione è migliore rispetto a dieci anni fa. Nel 2006 furono regolarizzati 170.000 migranti, l'anno successivo 127.500 in due mandate, su un totale di 724.000 domande. Il Sole 24 Ore calcolò in 650.000 gli irregolari che lavoravano nelle città italiane senza permesso di soggiorno, cioè 11 ogni 1000 abitanti. Nel 2009 furono regolarizzati 238.260 immigrati, nel 2012 altri 109.094. Oggi gli stranieri che non hanno titolo di restare in Italia sono 600.000. Ma i continui sbarchi hanno portato a una nuova saturazione che ha allarmato la stessa Chiesa cattolica, per ragioni etiche favorevole a quanta più accoglienza possibile, tenendo conto che, come abbiamo detto, il numero di immigrati necessari ogni anno a coprire il deficit produttivo del Paese non supera le 30.000 unità. (Nel 2018 è stato autorizzato l'ingresso a 30.850 lavoratori non comunitari.) Degli immigrati occupati, oltre la metà risiede al Nord, un quarto al Centro e meno del 20 per cento tra Sud e isole.L'aspetto insopportabile per l'opinione pubblica - in quel 40 per cento di città e paesi i cui sindaci hanno accettato di ospitare gli immigrati - è vedere migliaia di uomini giovani ciondolare nelle strade senza far nulla e leggere ogni tanto delle loro proteste se c'è un guasto al wi-fi. Per capire quanto sia diffuso - e talvolta ingiustificato - l'allarme immigrati, cito il racconto fattomi da Paola De Micheli, una parlamentare piacentina del Pd che è stata sottosegretaria all'Economia nei governi Renzi e Gentiloni, e commissaria per i terremoti del Centro Italia. Durante la campagna elettorale del 2018 la De Micheli è andata a Zerba, il Comune più «anziano» d'Italia, ai confini tra Emilia e Piemonte, sul mare, 77 abitanti, con un'età media di 65 anni. «Appena sono arrivata» mi racconta «ho chiesto quale fosse il problema maggiore. “Quello dell'Italia sono gli immigrati". Ma a Zerba non ne è mai arrivato uno». Il 4 marzo, su 72 aventi diritto, hanno votato in 34. Il Pd ha preso 10 voti, tallonato dai 5 stelle (9), mentre la Lega - che non esisteva - è arrivata a 6. Il tasso di delinquenza degli immigrati - professionale o occasionale - cresce al punto che dei 60.000 detenuti nelle carceri italiane 20.000 sono stranieri. I primi cinque Paesi sono Marocco, Romania, Albania, Tunisia, Nigeria. I rumeni (tra i quali peraltro si trovano anche bravi imprenditori e artigiani eccellenti) rappresentano il pericolo più inquietante, perché sono cittadini comunitari con piena libertà di movimento.Il 30 ottobre 2007 la brutale violenza di un rumeno influenzò in modo decisivo le elezioni comunali di Roma, così come nel 2018 è accaduto a livello nazionale per il caso di Pamela a Macerata.Giovanna Reggiani aveva 47 anni ed era la moglie di uno degli ammiragli più brillanti della nostra marina militare. Quella sera pioveva e, per evitare il traffico impazzito della capitale, la signora Reggiani aveva preso il trenino pendolari che collega Piazza del Popolo a Viterbo. Dalla fermata di Tor di Quinto, per raggiungere le palazzine di servizio degli ufficiali di marina bisogna percorrere a piedi poco più di 600 metri, di cui i primi 200 al buio. E qui l'assalì un balordo rumeno di 24 anni, Romik Mailat, residente in un vicino campo rom. Non si accontentò della borsa. Al rifiuto della donna di andare oltre, la seviziò e l'uccise. Condannato a 29 anni, dal 2015 sconta la pena nelle carceri rumene, che non sono certo più confortevoli delle nostre. Il sindaco Walter Veltroni, appena eletto segretario del nuovo Pd, ordinò la demolizione delle baracche lungo il Tevere dove abitava Romik, ma quando nel recai nel campo rom di Tor di Quinto, punto di riferimento dei nomadi della zona, non trovai né cordoglio né disagio. «Pensi che se avessero ammazzato me se ne sarebbe parlato così a lungo?» mi disse una zingara bruna con lo sguardo gelido. Nel suo spazio erano parcheggiate una Bmw nera da 50.000 euro e un camper da 60.000. Le chiesi come avrei potuto spiegare tanta opulenza agli italiani che andavano (già prima della crisi del 2008!) alle mense della Caritas. «Noi abbiamo solo quelle» rispose senza battere ciglio, indicando le auto. «Gli italiani investono in modo diverso, magari comprando una casa…».Allora l'annuncio di misure forti da parte del governo provocò una ribellione nel Nord: «Noi da anni abbiamo questo problema e ne parlate solo perché questa storia è accaduta a Roma» tuonò il governatore del Veneto, Giancarlo Galan. Il caso Reggiani portò Gianni Alemanno (Alleanza nazionale) dritto in Campidoglio al posto di Francesco Rutelli, certissimo di ritornarci per il Pd, e diede il colpo finale al già vacillante governo Prodi.In dieci anni non c'è stato nessun miglioramento radicale. La crisi economica più lunga della nostra storia e meno afflittiva soltanto di quella greca ha aumentato povertà e disagio e ingigantito l'intolleranza verso l'enorme esercito dei «500.000 invisibili», come il Corriere della Sera titolò nell'autunno del 2017 un reportage di Goffredo Buccini. Da un'inchiesta condotta da una speciale commissione parlamentare emerse che in Italia le abitazioni occupate abusivamente erano 49.000. Nella sola Roma risultavano occupati illegalmente 99 palazzi e soltanto nell'estate del 2018 è iniziata una lenta operazione di sgombero. Ancora oggi ci sono posti in cui perfino polizia e carabinieri preferiscono non entrare.Ecco perché - tira oggi e tira domani - il 4 marzo è arrivato Matteo Salvini. Naturalmente Salvini, arrivando a Palazzo Chigi, si è accorto che è impossibile risolvere certi problemi dall'oggi al domani. In attesa di nuove norme, gli immigrati irregolari continuano a muoversi liberamente. I primi quattro indagati per la morte di Desirée Mariottini (Roma, 19 ottobre 2018) sono due senegalesi, un nigeriano e un ghanese che non avrebbero dovuto trovarsi sul nostro territorio. L'Italia ha scoperto che nel quartiere universitario di San Lorenzo, non lontano dalla stazione Termini e dal centro, luogo di movida e di ritrovi giovanili, esiste nella più completa impunità un supermarket dello spaccio e della prostituzione finalizzata al consumo di droghe. Una sfida aperta che Salvini ha mostrato di voler raccogliere. Vedremo.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)