2020-09-08
L’Europa è al lavoro sulla stangata con cui finanziare il Recovery fund
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Mentre in Italia si pensa solo a come spendere i soldi dell'Unione, a Bruxelles si discute delle uscite degli Stati con cui blindare il fondo In arrivo balzelli a tinta green.Avete mai visto costruire una casa partendo dal tetto? Pare che in Italia sia possibile. D'altronde è già accaduto con la moneta unica, che avrebbe dovuto arrivare per ultima, anziché precedere tutto come è purtroppo accaduto. Allo stesso modo sta accadendo per il Recovery fund. È tutto un gran parlare di cosa, come e quando spendere, ma nessuno, almeno da noi, si preoccupa di cosa accadrà dal lato delle uscite del nostro Stato per finanziare sia questo strumento straordinario e sia il bilancio ordinario 2021-2027 della Ue. A proposito delle entrate, ieri circolava un documento del Mise in cui vengono elencati una serie di progetti inviati al dipartimento delle Politiche europee della presidenza del Consiglio. Ci permettiamo solo di rilevare che la voce più consistente riguarda 30 miliardi destinati al rifinanziamento del superecobonus e supersismabonus nel triennio 2022-2024. Non proprio una novità capace di innescare una svolta epocale per le prossime generazioni. Evidentemente al Mise ritengono che nel 2021 l'Italia sia in grado di camminare da sola.Archiviata la solita minaccia di giornata, questa volta ad opera del premier austriaco Sebastian Kurz («Non consentiremo mai che l'accordo sul Recovery fund diventi l'avvio di un'unione dei debiti. Stiamo parlando di cifre enormi. Sarà decisivo usarle per investimenti nel futuro, innovazione, digitalizzazione, ambiente che creino valore. Ci sono anche delle chiare indicazioni su come spenderli. Che saranno sorvegliate dalla Commissione») a Bruxelles si discute delle uscite nazionali con cui saranno finanziati questi fondi. Perché le nostre uscite corrispondono alle entrate del bilancio Ue, in assenza delle quali sarà difficile ottenere dai mercati la tripla A sui 750 miliardi di obbligazioni che saranno emesse a partire dal 2021. Premesso che l'accordo del 21 luglio ha solo un valore politico ma nessun valore giuridico, saranno i regolamenti e le decisioni del Consiglio, in corso di adozione fino a dicembre, a determinare l'effettiva convenienza del Next generation Eu.Emblematico è il fatto che la prima bozza di decisione del Consiglio su cui si sta lavorando riguardi proprio le entrate della Ue. Dopo 32 anni, a Bruxelles era giunto il momento di ridisegnare tutto l'impianto e la bozza licenziata lo scorso 29 luglio, che il 3 settembre è uscita malconcia dall'esame della Commissione Bilancio dell'Europarlamento, parla chiaro. La certezza delle entrate per ripagare il debito di 750 miliardi deve essere assoluta. Di conseguenza la Commissione si è munita di un triplo cordone di sicurezza. Il primo sono le maggiori entrate. Qui spiccano le già note risorse proprie tradizionali (i dazi incassati dalle dogane nazionali), una nuova tassa pari a 0,80 euro per ogni chilo di rifiuti di plastica non riciclata, lo 0,30% dell'Iva incassata da ciascun Stato membro e, per chiudere, il necessario contributo proporzionato al Reddito nazionale lordo (cosiddetto Gni, la cui quota italiana è pari al 13% circa dopo l'uscita del Regno Unito). In rampa di lancio, a seguire, la Commissione è al lavoro su una tassa sul digitale, una tassa sulle transazioni finanziarie, ed una estensione del sistema di quote sulle emissioni di gas serra anche al settore marittimo ed aereo. L'obiettivo finale è quello di rendere il bilancio Ue sempre più finanziato da entrate autonome, ancorché incassate dagli Stati per conto della Ue, e meno dipendente dai contributi in base al Gni.Il secondo livello di protezione è il volume di tali entrate, aumentato dal 1,4% al 2% del Gni, per fare fronte ai rimborsi del NextGenEu. Si tratta di circa ulteriori 80 miliardi di entrate annue che vanno ad aggiungersi al bilancio ordinario di circa 150 miliardi. Un buon cuscinetto di sicurezza, se si pensa che la bozza di decisione prevede rimborsi massimi annui di obbligazioni da parte della Commissione non superiori a circa 29 miliardi (7,5% di 390 miliardi erogati in sussidi).La blindatura finale è prevista con la possibilità per la Commissione, nella estrema eventualità il bilancio non abbia risorse disponibili, di richiedere anche ad un solo Stato il versamento immediato della quota di propria competenza delle risorse aggiuntive. Per l'Italia si tratterebbe di versare circa 10 miliardi, a prima richiesta assoluta.Quello che il documento non dice, ma che l'Europarlamento teme che accada, è che qualche Stato non versi comunque il dovuto e la Commissione utilizzi le risorse del bilancio ordinario per rimborsare i bond. Non a caso la commissione Bilancio giovedì scorso ha inserito un emendamento che vieterebbe questa manovra. Accanto ad essa ha pure lanciato una bomba sui cosiddetti «rebates» (sconti) riservati a cinque Paesi contributori netti (Svezia, Danimarca, Austria, Germania, Olanda), chiedendone la cancellazione.Quello che nessuno ora può dire è cosa accadrà al saldo netto del nostro Paese verso la Ue in seguito a questo rimescolamento di voci, soprattutto se gli Usa dovessero reagire alla digital tax con dazi sulle importazioni di prodotti agroalimentari. Allora gli eurosognatori potrebbero avere un brusco e spiacevole risveglio.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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