2025-01-25
Leonka rimbalza l’ennesimo sfratto. E prepara già le barricate per marzo
Il centro sociale ha organizzato un mercatino proprio nel giorno del prossimo tentativo.Il Leoncavallo arriva a 130. È questo il numero di tentativi di sfratti del centro sociale da quando si è trasferito in via Watteau, negli spazi della famiglia Cabassi. Anche ieri un presidio ha respinto per l’ennesima volta un tentativo di sgombero, ora rinviato a mercoledì 19 marzo. Sarà difficile che nel giro di due mesi possa cambiare qualcosa, anche perché gli occupanti hanno già fatto sapere che per quel giorno sarà organizzato il mercato agricolo e perché, inoltre, cade a ventiquattrore di distanza dal ricordo di Fausto e Iaio, due militanti del centro sociali che furono ammazzati nel 1978. È probabile, quindi, che ci sarà molta gente anche a marzo, come accaduto ieri. In sostanza, si arriverà con tutta probabilità al tentativo di sfratto numero 131, a meno che il Comune di Milano, amministrato da Beppe Sala, non trovi una soluzione nei prossimi 60 giorni. Dopo il caos sull’urbanistica, con il primo processo sul grattacielo di via Stresa che inizierà a marzo e le altre inchieste in corso (mentre il decreto salva Milano continua a latitare al Senato), si tratta di una nuova grana da risolvere per il primo cittadino di centrosinistra. Non sarà semplice. Anche perché i rapporti tra la famiglia Cabassi e palazzo Marino non sembrano così idilliaci. Sala aveva promesso di regolarizzare il centro sociale nel lontano 2018, ma poi non se n’era fatto nulla: l’ennesima promessa non mantenuta. E allora si prosegue. Del resto, già per il tentativo di sfratto di ieri il collettivo del Leonka si era organizzato già la scorsa settimana, chiamando a rapporto più gente possibile in modo da impedire all’ufficiale giudiziario di eseguire lo sfratto. I rinvii, però, potrebbero essere gli ultimi. Come noto, il ministero dell'Interno è stato condannato a risarcire con tre milioni di euro la famiglia Cabassi, con una sentenza dello scorso ottobre. E questo perché per anni è stato richiesto lo sgombero dei locali ma, alla fine, non è mai avvenuto. Il Viminale, quindi, continua a perdere soldi. Anche perché, secondo la sentenza di Corte d’appello che ha dato ragione ai Cabassi, «l’ordine pubblico non può giustificare la mancata esecuzione del provvedimento giurisdizionale». Sarebbe un precedente molto pericoloso per altri casi di occupazione abusiva di immobili privati. Per questo motivo i giudici hanno ritenuto che i 22 anni (il primo tentativo fu nel 2003) di mancato sgombero siano colpa del ministero. Per di più l’Avvocatura dello Stato ha già escluso la possibilità di un ricorso in Cassazione annunciando, però, che potrebbe rivalersi sugli stessi occupanti. Insomma, si continua a trattare, in attesa di un segnale soprattutto da parte del Comune. Nei giorni scorsi era circolata l’ipotesi di spostare il centro sociale in un altro immobile, un capannone industriale che si trova in via San Dionigi a Milano, tra Rogoredo e Corvetto. Il piano, che prevede la concessione del nuovo immobile in affitto tramite un canone mensile, sarebbe uscito dall’incontro di lunedì scorso in prefettura, tra il prefetto Claudio Sgaraglia con l’amministrazione comunale. L’idea è di risolvere la questione entro l’estate, anche perché si sta cercando di evitare uno sgombero forzato. Ma via San Dionigi andrà bene? A quanto pare potrebbero esserci dei problemi di amianto. Quindi potrebbe servire una bonifica, i cui costi potrebbero essere divisi tra palazzo Marino e gli occupanti. «Le conseguenze di queste perdite di tempo le stanno pagando gli italiani», dice Riccardo De Corato (Fdi).