
Papa Leone XIV (Ansa)
La cerimonia è prevista il 31 maggio, negli ultimi tre anni veniva presieduta dal vicario di Roma. Il pontefice ha dato il via ai lavori per ristrutturare il Palazzo apostolico a pezzi. Telefonata «calorosa» con Zelensky.
Nell'edizione odierna della Verità, Giorgio Gandola ha riportato la notizia di una trattativa in essere tra Antonio Conte e la Juventus per un clamoroso ritorno del tecnico, oggi al Napoli, sulla panchina bianconera. Nell'articolo è stata riportata una frase che sarebbe stata pronunciata da Gabriele Oriali, storico e fidato team manager di Conte in Nazionale e all'Inter prima che al Napoli, ad alcuni amici di Milano e di Coverciano: «Questa volta non posso andare dove va lui». Chiaro ed evidente riferimento al non poter seguire l'ex ct in un club italiano acerrimo rivale dell'Inter, di cui Oriali è un simbolo da oltre 40 anni.
In mattinata alla nostra redazione è arrivata la richiesta da parte dell'ufficio stampa del Napoli di pubblicare una replica di Oriali in relazione alla presunta frase da lui riferita: «Il signor Gabriele Oriali fa sapere di non aver mai pronunciato la frase “Questa volta non posso andare dove va lui", che avrebbe riferito a presunti amici di Milano e Coverciano». La replica del club partenopeo, per altro in piena lotta Scudetto con un punto di vantaggio sull'Inter a due giornate dalla fine del campionato, è un atto dovuto. Tuttavia, tale risposta non costituisce alcuna smentita di un eventuale passaggio, a fine stagione, di Conte alla Juventus. Prendiamo atto della smentita e ci mettiamo in modalità «attesa».
«Questa volta non posso andare dove va lui». La frase apparentemente innocua, buttata lì ad alcuni amici di Milano e di Coverciano, apre uno scenario inedito e diventa centrale nel consueto valzer delle panchine. Anche perché a pronunciarla è Gabriele Oriali, l’ombra di Antonio Conte in Nazionale, all’Inter e adesso al Napoli; il team manager fidato per eccellenza, senza il quale il formidabile tecnico salentino non immagina nessuna avventura in Italia. Nessuna tranne una, quel ritorno alla Juventus che i tifosi bianconeri sognano e quelli partenopei temono.
La frase diventa una chiave per capire il futuro, indipendentemente dallo scudetto che il Napoli sta per afferrare grazie al punto d’oro di vantaggio sull’Inter a due giornate dalla fine. Oriali a Torino non potrebbe proprio andarci. È inviso alla tifoseria come simbolo nerazzurro da più di 40 anni, quando in un’intervista ammise di detestare i colori bianconeri, sentimento ricambiato e confermato quattro anni fa nelle viscere dell’Allianz Stadium quando fu protagonista di un acceso diverbio con Fabio Paratici al termine di una sfida di Coppa Italia. Se la coppia d’oro è destinata a sciogliersi significa che Conte ha già inquadrato nel binocolo la Continassa. In teoria anche Milanello, perché neppure al Milan (per ovvi motivi di storica rivalità) l’ex mediano celebrato da Ligabue potrebbe approdare.
A questo punto è utile un secondo indizio: la Juventus è in vantaggio nella corsa a Victor Osimhen, il centravanti preferito da Conte, la punta unica che lui lancerebbe nel cuore delle difese avversarie con il compito di devastarle fisicamente. Replica tatticamente perfetta di Romelu Lukaku con cinque anni e numerose battaglie di meno sulle spalle. Soprattutto, il tecnico si toglierebbe il disturbo di doverlo pesare ogni giorno come Poldo. Ma l’attaccante nigeriano è di proprietà del Napoli (in prestito al Galatasaray) e a fine stagione tornerà. Poiché non ha alcuna intenzione di ridursi l’ingaggio di 12 milioni, Aurelio De Laurentiis potrebbe decidere di cederlo, in Arabia o anche alla Juventus. Per ora ha rifiutato una proposta da 80 milioni proprio dai bianconeri.
Tutto penzola da quella frase di Oriali, tutto gira attorno alla decisione di Conte. Dovesse fare la valigia, difficile per i partenopei (pur eventualmente scudettati) veder arrivare Kevin De Bruyne, obiettivo numero uno di mercato. La speranza dei tifosi sta tutta nell’incastro delle meraviglie: scudetto, Conte sedotto dall’amore della città più calda d’Italia, Osimhen convinto a giocarsi tutte le chances in Champions League con De Bruyne a rifornirlo. Sarebbe l’allineamento dei pianeti. Nel frattempo De Laurentiis ha bloccato Max Allegri.
Mentre al Milan continua il surreale casting per il team manager e Maurizio Sarri rimane in pole position per condurre i rossoneri nella stagione del rilancio, la notizia del giorno è l’ufficialità di Carlo Ancelotti sulla panchina del Brasile. Una sfida affascinante con l’obiettivo di centrare il mondiale 2026 in Usa, Messico e Canada. L’avventura al Real Madrid era finita da tempo, al Bernabeu arriverà Xabi Alonso dal Bayer Leverkusen, che ha già messo nel mirino Cesc Fabregas per sostituirlo. Stessa scuola, stessa sensibilità, appeal perfino superiore; lo spagnolo che ha fatto innamorare la gente di lago a Como lascerebbe ai fratelli Hartono un problema enorme da risolvere perché la squadra è stata costruita a immagine e somiglianza del tecnico. La proprietà aveva sondato Raffaele Palladino; per tutta risposta il presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, ha prolungato il contratto dell’allenatore per altri due anni. La voce di Davide Ancelotti, il figlio di Carletto, su quel ramo del lago di Clooney, più che un’opzione sembra una boutade.
Molte tifoserie fibrillano, ma ce ne sono due in pace con se stesse. E palpitano per gli stessi colori. All’Inter si attende solo il prolungamento di Simone Inzaghi, che il New York Times ha definito «il genio del calcio più sottovalutato del pianeta». Merito del gol di Francesco Acerbi e della partita del decennio col Barcellona, scannerizzata da tutti sotto ogni profilo, trasformata in un iconico inno al calcio. Come ha ribadito Beppe Marotta, l’accordo per il rinnovo a 7,5 milioni a stagione fino al 2028 sembra una formalità. Anche se lo scudetto dovesse finire a Castel dell’Ovo, anche se la Champions dovesse prendere la via della Tour Eiffel. Ci mancherebbe altro.
Più interessante lo scenario all’Atalanta dove Gian Piero Gasperini, dato per sicuro partente due mesi fa (lo aveva confermato lui), probabilmente rimarrà a duettare con la statua di Bartolomeo Colleoni quanto a huevos, in Città Alta. L’uomo delle cinque qualificazioni di Champions in sette anni e del trionfo in Europa League non sembra aver finito il suo percorso. L’amarezza è superata, le richieste esterne latitano (no Roma, no Juventus, no Napoli) e soprattutto il ruolo da re Mida viene riconosciuto dalla proprietà americana, salita qualche settimana fa al 61% di quote rispetto al 39% della famiglia Percassi.
Si sa che le società yankee come la Dea srl guardano soprattutto i dividendi. E per incassi, premi, valorizzazione dei calciatori (tanto per fare un nome, Mateo Retegui preso a 22 milioni ora ne vale 60) Gasp sta comodo dentro il club dei fenomeni. Nei giorni bui i dirigenti avevano contattato Thiago Motta ma si sono sentiti rispondere dall’azionista di maggioranza: «Proprio sicuri? Fra il maestro e l’allievo, noi preferiamo il maestro».