2020-01-26
Le voci sul virus fanno più danni del virus
Dopo aver tentato di minimizzare la portata del contagio, Pechino passa al contenimento show. Ma il tentennamento cinese, unito all'inadeguatezza dell'Oms, rischia di causare all'economia danni peggiori di un'emergenza medica contenuta.Ritengo credibili le affermazioni delle istituzioni sanitarie italiane che garantiscono il presidio e il contenimento della diffusione del nuovo ceppo di coronavirus con origine a Wuhan, dichiarato trasmissibile e causa di problemi gravi ai polmoni, con un tasso di mortalità del 15%, stando ai risultati di una ricerca condotta da medici cinesi su 41 soggetti colpiti, pubblicati sul sito Web della prestigiosa rivista Lancet. Ma sto seguendo il caso per valutare se ci sarà o meno un impatto di questa epidemia sul mercato globale, europeo e italiano. Al momento sto annotando che c'è un gap tra le misure di presidio e di rassicurazione in atto e quelle che sarebbero necessarie per mantenere la normalità dei flussi economici, cioè la fiducia. Per esempio, venerdì per una parte della giornata gli andamenti dei titoli azionari hanno mostrato che il mercato stava scontando un contenimento; in serata, però, le Borse statunitensi hanno virato al ribasso alla luce di nuovi dati che inducevano dubbi. Ora è una priorità eliminarli. Il punto della situazione è il seguente: a) il periodo di incubazione del nuovo coronavirus sembra essere tra i 10 e 15 giorni, prima dei quali la persona infettata non manifesta segni riconoscibili di contagio; b) pur imponente, la quarantena applicata in Cina è scattata in ritardo; c) pertanto un numero imprecisato di persone infettate ha potuto muoversi entro la Cina o prendere un volo per qualsiasi località del mondo. Ciò significa che il controllo termico dei viaggiatori - capace di individuare da remoto chi fra loro ha febbre e quindi deve essere esaminato - è solo parzialmente efficace, in quanto non sempre può individuare chi sta ancora «incubando» il virus, ovvero ne sia contagiato ma senza manifestare sintomi. Infatti Hong Kong ha dichiarato l'emergenza e Pechino ha esteso l'area di quarantena, con blocco degli spostamenti, fino a perimetrare 56 milioni di persone. Persone con sintomi accertati o motivo di sospetto sono state individuate negli Stati Uniti, Francia, Malesia, Australia, eccetera. In sintesi, il virus è uscito dalla gabbia. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non ha ancora dichiarato l'epidemia come globale, ma avrebbe dovuto farlo. Perché non lo ha fatto? Forse perché in mancanza di sufficienti dati di allarme ha avuto il timore di creare paure eccessive (rischiando però l'esito contrario)? O invece perché Pechino ha usato la sua influenza per minimizzare l'epidemia, almeno inizialmente? Non lo sappiamo. Ma tali domande stanno riducendo il ruolo di rassicuratore e difensore della fiducia svolto da questa istituzione. Un problema che a emergenza finita dovrà essere risolto. Comunque i governi non hanno aspettato i pronunciamenti dell'Oms per attivare misure più efficaci. Parecchi, infatti, hanno costituito task force per individuare i percorsi dei contagiati e censire tutte le persone con le quali questi sono entrati in contatto, specialmente in ambienti chiusi come gli aerei. Potrà bastare?Dal mondo dell'epidemiologia arrivano segnali che fanno pensare che il contagio debba ancora raggiungere un picco sul piano globale, ma che probabilmente questo non avrà, grazie alle contromisure crescenti, un volume tale da propagarsi ulteriormente e quindi avere effetti di massa a loro volta capaci di ridurre i flussi globali (di persone, di merci e conseguentemente di denaro). Se poi fosse veloce lo sviluppo di un vaccino, l'impatto del virus sarebbe nullo. Tutto bene? Va considerato che l'epidemiologia è frequentata da scienziati molto credibili, ma anche che la costruzione ed il mantenimento della fiducia sono oggetto di altre discipline scientifiche, riassumibili come «scienze del governo» nel settore delle «emergenze di massa». Queste ultime possono essere scatenate anche da fattori irreali e dall'amplificazione di informazioni non suffragate da fatti, generando «catastrofi comunicative» perfino peggiori di quelle tangibili. Ciò che sta succedendo mostra che il loro coordinamento internazionale tra i governi non sta funzionando come dovrebbe, non sta dando cioè ad ogni individuo informazioni chiare e tempestive riguardo a quale sia il pericolo e cosa ciascuno debba fare per scamparlo. Per la fiducia economica e generale occorre migliorare in modo sostanziale tale funzione di tutela, anche in Italia. In conclusione, al momento la valutazione dell'impatto economico globale dell'epidemia è di basso rischio prospettico, pur con problemi che perdureranno per qualche settimana, fino a che non sarà chiaro che il picco previsto è contenuto. Ma resta un interrogativo di peso sistemico: dalla Cina arrivano notizie di panico e di una crescente sfiducia nel governo. Infatti, il regime comunista cinese ha prima minimizzato e poi, passando alla trasparenza perché non poteva più nascondere, è intervenuto con mezzi di quarantena e repressivi così violenti, o solo dimostrativi, da creare più incertezza che rassicurazione, come se non sapesse bene cosa fare. Probabilmente non imploderà - e sarebbe crisi globale se questo avvenisse - ma sta emergendo un problema di instabilità di questo regime autoritario. Passata la tempesta, il mondo delle democrazie dovrà affrontare la questione cinese e iniziare a condizionarla. www.carlopelanda.com