2018-10-29
Le trappole Ue uccidono l’agricoltura, e noi paghiamo la frutta a peso d’oro
Bruxelles dà il via libera a riso e olio a dazio zero. È l'ultimo colpo mortale per i nostri coltivatori, già afflitti dal bullismo economico della grande distribuzione. Prezzi alti, guadagni nulli: una beffa per il made in Italy.Quanto costa la frutta al supermercato? Sempre troppo. Quanto guadagnano gli agricoltori nel nostro Paese? Meno di quanto spendono per produrre. E l'Europa che fa? O danni o niente. Da troppi anni le risposte, quando si parla del settore ortofrutticolo, sono sempre le stesse. Il bullismo economico della grande distribuzione, la frutta e la verdura importate a basso costo dall'estero e gli accordi commerciali internazionali sbilanciati a favore del mercato hanno reso l'agricoltura la vera cenerentola dell'economia italiana. A tal punto che, per tirare un sospiro di sollievo, i produttori si devono augurare annate magre, come quella appena passata, nella quale grazie al clima impazzito le produzioni si sono ridotte e, per effetto della domanda, i prezzi sono lievitati di qualche centesimo. Niente di eclatante, ma qualcosa rispetto alle tragiche svendite che i contadini sono costretti ad accettare quando il raccolto va a gonfie vele. Un paradosso.agricoltori strangolatiA cui se ne aggiunge un altro, che pesa direttamente sul nostro portafogli: per ogni euro speso al supermercato per frutta e verdura, al produttore vanno appena 22 centesimi. Meno di un quarto. Questo significa che nemmeno comprare italiano, pagando frutta e verdura a peso d'oro (come capita sempre più spesso anche per i prodotti di stagione), aiuta davvero il comparto. Basta così? Niente affatto, perché a noi pensa anche l'Unione europea. Sono due le trappole che Bruxelles sta preparando. La prima è il dazio zero, appena concesso alle importazioni di riso dal Vietnam; la seconda è l'apertura imminente a nuovi contingenti, a importazione agevolata, di olio dalla Tunisia.Partiamo dal fenomeno più noto: la forbice dei prezzi. O, detto in gergo tecnico, «gli squilibri di filiera della distribuzione del valore». Secondo i calcoli di Coldiretti, «per ogni euro di spesa in prodotti agroalimentari freschi, come frutta e verdura, solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo, e il valore scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati». Tutto il resto? Se lo spartiscono i mercati all'ingrosso e le catene della grande distribuzione che, forti della possibilità di importare dall'estero a prezzi inferiori, strozzano i produttori. Per poi magari fare pure cartello al dettaglio, mantenendo i prezzi alti. Qualche esempio? Secondo le rilevazioni Ismea (l'Istituto di servizi per il mercato alimentare) questa estate il prezzo medio delle albicocche (cioè la media dei prezzi delle diverse varietà su territorio nazionale) al contadino era di 0,70 euro al kg, mentre nello stesso periodo sul bancone le albicocche si trovavano in vendita tra 1,89 e i 3 euro al kg. Stessa storia per le pesche, le mele, l'anguria, il melone e tutti gli altri prodotti. Compresa l'uva, che proprio in questi giorni troviamo nel reparto freschi a 2 euro al kg, mentre a chi la produce vanno appena 65 centesimi. aste a doppio ribassoUn metodo molto efficace per mettere in ginocchio i produttori sono le aste a doppio ribasso, in voga tra i grandi marchi della grande distribuzione, fino a qualche tempo fa. Si tratta di aste online indette per derrate importanti che una catena intende acquistare (o prenotare per i mesi a venire). Nella prima asta l'acquirente chiede ai partecipanti di fare un prezzo minimo per il prodotto richiesto. Una volta ottenuto il prezzo minimo l'acquirente apre una seconda asta per stabilire il vero prezzo d'acquisto della derrata e, come base d'asta, usa proprio il prezzo minimo rilevato nella precedente. Uno strozzinaggio in piena regola, insomma.Il fenomeno negli ultimi anni aveva preso così tanto piede che persino il ministero dell'Agricoltura del governo Renzi si è sentito in dovere di arginarlo. Nel giugno del 2017 il ministero ha firmato un patto con Federdistribuzione (Esselunga, Carrefour, Auchan, Sma, In's, Selex e altre), Coop e Conad. Le organizzazioni della grande distribuzione si sono impegnate a non fare più ricorso alle aste elettroniche inverse. A oggi, secondo il Mipaaft «non sono pervenute segnalazioni o denunce da parte di terzi sulla violazione di questo impegno», ma non tutti l'hanno sottoscritto, così «le aste al doppio ribasso vengono oggi effettuate principalmente dalla catena Eurospin, che ha espressamente rifiutato la firma del protocollo», chiariscono da Roma. Recentemente il Parlamento italiano ha anche votato una mozione per l'inserimento delle aste al doppio ribasso nella direttiva contro le pratiche sleali e proprio giovedì scorso il parlamento europeo ha dato il via libera ai negoziati tra il consiglio dei ministri e la Commissione Ue, per «sopprimere le pratiche commerciali sleali dalla catena alimentare». L'obiettivo della Commissione è chiudere entro Natale il dossier e «approvare il provvedimento prima della tornata elettorale di maggio». Basterà?l'europa ci rovinaQuando si parla di Europa, le illusioni hanno vita breve. Proprio mentre da una parte si occupava di concorrenza sleale, dall'altra l'Ue ha dato vita a un accordo con il Vietnam per «l'importazione a dazio zero di 20.000 tonnellate di riso semigreggio, 30.000 tonnellate di lavorato e 30.000 tonnellate di riso aromatico». E lo ha fatto, ovviamente, senza minimamente considerare la difficile situazione in cui versa da tempo in Italia il comparto, sovrastato dalle importazioni di riso da Cambogia e Birmania, parte a loro volta di un altro accordo commerciale denominato Eba. Il patto stipulato con il Vietnam (che non comprende solo il riso), non prevede l'approvazione dei parlamenti nazionali e non si preoccupa delle condizioni sanitarie, ambientali e di lavoro in cui il prodotto verrà coltivato. Infine, c'è anche l'olio. Vi ricordate la polemica nata nel 2016 per la possibilità accordata da Bruxelles alla Tunisia di esportare 35.000 tonnellate di olio all'anno per due anni, senza dazi? Ecco, il governo nordafricano ha chiesto una proroga. Negli anni 2016 e 2017, in cui la concessione del dazio zero doveva servire per «sostenere l'economia tunisina, colpita dal crollo del turismo a causa dell'Isis», almeno così ce l'avevano raccontata, i coltivatori tunisini non erano preparati e finirono per esportare appena 2.500 tonnellate. Oggi, invece, si sono organizzati e vorrebbero replicare. E la Ue? Anche se ancora non è arrivata la conferma ufficiale, negli ambienti è dato per certo che la proroga verrà concessa. Intanto, in Ecuador, i contadini si stanno organizzando. Lo scorso 12 ottobre si è diffusa la notizia secondo la quale per il 2019 il discount tedesco Aldi avrebbe rivisto ulteriormente al ribasso i prezzi delle banane. Immediatamente le 32 associazioni che nell'area rappresentano i produttori hanno annunciato con una lettera che avrebbero fatto cartello per impedirlo. «Il commercio delle banane è molto organizzato e regolamentato e lavoriamo con un prezzo minimo», hanno scritto, «sotto il quale nessuno di noi scenderà».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.