2020-03-07
Minali lascia Cattolica candidato per Mps
Non solo la battaglia per la spa, le motivazioni delle defenestrazione dell'ad ora in lizza per Mps: sponsorizzazioni raddoppiate nel biennio e contratto con la nazionale rugby passato da 9 a 21 milioni. Per l'evento Celebration day sborsati 3 milioni, senza ritorni.Il 31 ottobre scorso, Alberto Minali, allora amministratore delegato di Cattolica assicurazioni, viene defenestrato. In una sola seduta, il Consiglio revoca le deleghe all'ex manager di Generali entrato nella storica azienda veronese nel giugno di due anni prima. Emergono subito forti dissidi sul tema della trasformazione in spa e sul dossier Ubi, cioè l'offerta per la partnership di bancassicurazione. Poco dopo il cda infuocato, Minali rilasciò una lunga intervista al Sole 24 Ore per spiegare al mercato di non aver mai «tramato» per la trasformazione in spa e di non aver mai esondato dalle deleghe che il cda gli aveva affidato. Nè da una delle parti un causa nè dall'altra è però mai emerso con chiarezza il vero motivo del divorzio e della rapidità con cui si è consumato. Motivo, forse, legato al fatto che il manager, perse le deleghe, non si è subito dimesso, ma è rimasto come semplice consigliere con ciò che ne consegue: presenza nei cda e alle sedute che magari lo coinvolgevano in qualità di «avversario». La situazione sembra però essersi scongelata. Giovedì Minali ha avviato l'iter di dimissioni con l'intento di lasciare le assicurazioni la prossima settimana. Il suo nome in queste ore è al centro della partita incrociata per la successione di Marco Morelli al vertice di Mps. Gli articoli di stampa lo oppongono a Mauro Selvetti, ex ad di Creval, che sarebbe sostenuto dai 5 stelle ma non gradito da Alessandro Rivera , direttore generale del Tesoro sulla cui scrivania passano le nomine delle partecipate. La scelta di Minali di dimettersi e farlo in tempi rapidi potrebbe essere dovuta alla necessità di farsi trovare single, prima che il Mef presenti le liste il 22 marzo. È però solo una ipotesi. Ciò che è certo è che la sua uscita rende più facile la comprensione delle reali motivazioni della defenestrazione. A quanto apprende la Verità tutto ruota attorno alle deleghe e all'esercizio del potere da parte dell'ad. A far scattare la decisione drastica sarebbe stato il lievitare delle spese, soprattutto quelle di marketing e comunicazione. Negli oltre due anni di gestione Minali il titolo ha sottoperformato rispetto alla concorrenza, mentre le spese sono passate da circa 340 milioni a oltre 420 nel 2019. Quelle di comunicazione nel biennio sono raddoppiate. Ma a far saltare la mosca al naso sarebbe stata la scelta di estendere il contratto di sponsorizzazione della nazionale di rugby. Inizialmente doveva aggirarsi sui 3 milioni all'anno per un massimo di tre anni. Alla fine, la sponsorizzazione è stata estesa in durata di altri quattro anni e ai 21 milioni complessivi si sono aggiunte varie voci extra che porteranno, nell'arco del contratto, Cattolica a spendere 30 milioni di euro. Un caso su tutti il «Celebration day». Il 24 novembre 2018 il manager decise di portare dipendenti e un migliaio di agenti monomandatari in trasferta allo stadio olimpico di Roma per la sfida Italrugby contro gli All blacks della Nuova Zelanda. Il gruppo è poi andato alla fiera di Roma dove sul palco si sono esibiti Irene Grandi, la bionda violinista Anastasia Petryshak, oltre a Neri Marcorè, Claudio Amendola, Teresa Mannino e altri attori. Costo dell'evento: poco più di 3 milioni di euro. Un anno dopo, tirate le somme delle spese, il cda ha chiesto lumi sui ritorni dell'operazione in termini di immagine e di ricavi diretti. La risposta non deve essere stato soddisfacente. Tanto più che nel 2018 Cattolica scippò la partnership a Credit Agricole. I francesi però pagavano qualcosa come 700.000 euro, praticamente quattro volte meno. Da lì è scattata la tagliola che avrà però strascichi nelle prossime settimane. Alla scelta di demansionare il manager si intreccia la partita dei soci «ribelli» che chiedono di cambiare la governance della società assicurativa. Ieri, il cda ha messo a disposizione dei soci, che dovranno deliberare sulla modifica dello statuto il prossimo 25 aprile, quattro nuovi pareri legali che criticano le conclusioni del parere pro-veritate redatto su mandato dei dissenzienti e in cui si escludevano «vizi di legittimità» nella modifiche statutarie proposte. I quattro pareri legali sono firmati da Giulio Tremonti e Sergio Patriarca, da Mario Cera, da Matteo Rescigno e da Piergaetaneo Marchetti, gli stessi giuristi che, su mandato del cda di Cattolica, avevano espresso riserve sulle modifiche dei «ribelli» che avrebbero fatto decadere il presidente Paolo Bedoni e altri tre amministratori, a causa del superamento dei nuovi limiti di età. Al di là dei temi legali, nella prossima assemblea emergeranno anche le fazioni, comprese quelle legate a Minali. Tra i contratti finiti nella lista nera del cda c'è anche quello con Credit network& finance che in un biennio è cresciuto del 50%, arrivando a valere 7 milioni. La società si occupa di recupero crediti ed è guidata da Luigi Frascino, l'imprenditore che a soli 10 giorni dalla defenestrazione di Minali ha guidato l'assemblea straordinaria (novembre 2019) che ha provato a smontare la governance di Cattolica e il tradizionale legame con il territorio. Un caso? Ad aprile si capirà.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)