2019-12-21
Le sardine la dicono giusta: «Non esistiamo»
Mattia Santori e compagni annunciano che non creeranno un partito: d'altra parte hanno una sola idea, il no a Matteo Salvini. La loro popolarità è stata costruita a tavolino per puntellare il governo giallorosso. Ma i sondaggi sono impietosi: i cittadini vogliono il centrodestra.Una cosa giusta e vera e l'hanno detta, e bisogna dargliene atto. L'hanno proclamata la prima volta dal palco di piazza San Giovanni, a Roma, il 14 dicembre: «Le sardine non esistono». L'hanno ripetuto ieri in un articolone di due pagine su Repubblica. L'ennesimo dei loro fin troppo numerosi manifesti è firmato da Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni, le sardine originarie, quelle che hanno organizzato la prima piazza antisovranista a Bologna, il 14 novembre. «Le sardine non esistono, non sono mai esistite», scrivono. «Sono state solo un pretesto». E in effetti è proprio così: le sardine non esistono. Sono state raccontate, per settimane, come un movimento rivoluzionario, una insopprimibile manifestazione di sdegno esplosa dal cuore puro della nazione. Adesso si vogliono vendere come i benefattori che hanno permesso alla popolazione affranta di affrontare un percorso catartico, di sfogare pulsioni che altrimenti avrebbero potuto deflagrare in atti ben peggiori. «Potevano essere storioni, salmoni o stambecchi», spiegano su Repubblica. «La verità è che la pentola era pronta per scoppiare. Poteva farlo e lasciare tutti scottati. Per fortuna le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare».Ma la verità, appunto, è che le sardine non esistono. Sono loro a dirlo, però ci credono poco perché ormai ci hanno preso gusto, si compiacciono di camminare sui soffici tappeti rossi che incontrano ovunque lungo la via, godono nello spargere il verbo tramite ogni medium disponibile. Il fatto è che le sardine non esistono, ma fin dall'inizio sono state pompate e gonfiate per vendere agli italiani l'idea che il mare fosse pieno di pesciolini, anche se così non è. Non c'è trasmissione televisiva e radiofonica che non abbia ospitato almeno uno dei leaderini. Il solo Mattia Santori, ha calcolato Il Giornale, in soli 28 giorni è stato presente in video 16 volte, sempre in programmi di punta. Altre comparsate si sono aggiunte nei giorni successivi. «Sono quello più esposto, il martire dei media perché me la cavo abbastanza bene in tv», ha detto il riccioluto prezzemolino. E l'abbuffata catodica gli ha pure permesso di atteggiarsi a esperto: «Chi va in tv senza dire nulla può uscire dal gruppo e prendere la sua strada», pare abbia detto nel corso della riunione romana delle sardine il giorno seguente alla deludente manifestazione di piazza San Giovanni. I pesci sottovuoto non esistono, ma li hanno spinti così tanto da far credere che siano reali, che ci sia davvero una sollevazione di piazza contro Matteo Salvini, Giorgia Meloni e destre assortite. Le sardine non hanno testa, e non hanno nemmeno idee né rivendicazioni, se non qualche banalità sull'apertura dei porti e la solita, fastidiosa pretesa di zittire gli avversari politici, di ridurli al silenzio. Eppure, per settimane, analisti, commentatori, giornalisti e mezzi filosofi progressisti si sono affannati per riempire di contenuti le loro parole vuote. Dal Fatto a Repubblica è stato un susseguirsi di elucubrazioni sui meriti di questi ragazzotti trasformati in piazzisti. Le sardine non esistono, ma qualcuno ha deciso che devono esistere perché rispondono alla più vera e sentita volontà popolare. Viene da chiedersi dove l'abbiano annusata, questa volontà, i grandi maestri del pensiero progressista. Al mercato? Sul tram? In metropolitana? In fila dal panettiere? Sorge il sospetto (piuttosto fondato) che abbiano scambiato i sentimenti del salottino con i desideri della popolazione. I sondaggi - per quel che valgono - continuano ad attribuire ai partiti di destra percentuali elevate. Ma il Giornale Unico Progressista ha stabilito che gli italiani non ne possono più dei sovranisti e dunque la nascita delle sardine era inevitabile. «È come se l'antipolitica avesse prosciugato sé stessa, incapace di andare oltre la denuncia antisistema, l'indistinto ribellista, l'alterità rispetto alla vicenda repubblicana», ha scritto Ezio Mauro in un illuminato commento, sempre su Repubblica, proprio a fianco all'autocelebrazione sardinesca. Il populismo è finito, annuncia Mauro. E perché, di grazia? Perché lo ha deciso lui. «Naturalmente resta al momento un deposito di forza nei partiti del populismo italiano», ammette l'intellettuale. Poi però aggiunge: «Ma sotto la vischiosità della politica, si è già mossa un'obiezione culturale, che sta formando uno stato d'animo e cerca una sua nuova espressione». Tale espressione sarebbero le sardine. Già: i pesciolini sarebbero «l'obiezione culturale». Perché loro sono «quelli colti». Come Santori, che nella milionesima apparizione tv da Corrado Formigli ha detto: «Adesso è il momento di sporcarsi le mani, prima che arrivino i parassiti della fragilità a spiegare che tutti i problemi verranno risolti facilmente». Chiaro, no? I sovranisti sono «parassiti». Ricorda Lenin quando invitava a «purgare la terra russa da ogni sorta di insetti nocivi». Non diventeremo un partito, ripetono le sardine. Era ovvio: non esistono e le hanno fatte esistere per portare acqua a un partito in via di sparizione (il Pd) e a un governo giallorosso in via disfacimento. Li hanno creati e sostenuti perché fingessero l'esistenza di una vitalità che, in realtà, è solo rappresentazione e recita. Le sardine non esistono. Ma intanto continuano a confondere le acque.
Jose Mourinho (Getty Images)