2019-10-05
Benetton-Stato:
trattativa senza riguardo per le vittime
Se lo Stato revoca le concessioni autostradali, gli imprenditori di Treviso non salveranno la compagnia aerea di bandiera. Pare questo lo «scambio» messo sul tavolo del Mise da Atlantia: una «trattativa» con fini di lucro sui 43 morti del Morandi. Ma come? Non erano sotto choc? I Benetton, dico: non erano sotto choc per il crollo del ponte Morandi (con un anno e qualche settimana di colpevole ritardo, per altro)? È già passato tutto? Lo choc nel regno del maglione colorato dura così poco? Meno di un singulto? In effetti: nemmeno il tempo di prendere atto del profondo dolore della famiglia di Treviso e già il dolore si è trasformato in un vergognoso mercanteggiamento sui cadaveri di 43 morti. Alla faccia dello choc. Solo qualche giorno fa, come ricorderete, i Benetton si erano detti choccati dall'inchiesta sui loro dirigenti. Le carte della Procura avevano svelato infatti che alcuni di loro, dopo il crollo del ponte Morandi, avevano continuato a taroccare documenti per non effettuare gli interventi necessari a mettere in sicurezza i viadotti pericolanti. Un comportamento ributtante, al di là di quelli che saranno poi gli esiti del processo. E che aveva portato immediatamente alla decapitazione della holding di controllo del gruppo, cioè Atlantia: Giovanni Castellucci è stato così messo alla porta, per altro con una buonuscita di 13 milioni di euro che è parsa a tutti un pochino esagerata, vista la situazione. Ma tant'è: ci sono delle circostanze in cui i Benetton sono piuttosto generosi. Soprattutto quando sono sotto choc.Ora però lo choc è finito. A tempo di record. Zip, un lampo, ed è sparito. E così i medesimi Benetton hanno fatto sapere che, se si continua a discutere della concessione alle loro autostrade, essendo usciti dallo choc, sono pronti a uscire anche dalla cordata che dovrebbe salvare Alitalia. Le due cose c'entrano fra di loro più o meno come la marmellata sull'amatriciana. E infatti questa schifezza si traduce pressappoco così: se tu, caro governo, continui a mettere in discussione la concessione del mio casello dalle uova d'oro, io con il cavolo che butto soldi per salvare quel carrozzone decotto della compagnia di bandiera. In pratica: o in Italia continuano a volare i miei profitti, o non vola più nessuno.Da qualsiasi parte la si voglia vedere, comunque, il pizzino spedito da Treviso a Roma ci rivela una cosa piuttosto inquietante. Vista con gli occhi dei Paperoni di Atlantia, infatti, è piuttosto evidente che a loro dell'Alitalia gliene importa tanto quanto ai loro dirigenti importava della sicurezza sui viadotti autostradali. Hanno accettato di partecipare a quella cordata soltanto perché speravano di potere usare la loro partecipazione come grimaldello per ottenere la riconferma della lucrosa concessione autostradale. Vista dall'altra parte, e cioè con gli occhi di chi governa, viene da porsi una semplice domanda: ma perché diavolo, sapendo benissimo come sarebbe andata a finire, hanno accettato che Atlantia entrasse nella cordata per salvare Alitalia? A nessuno è venuto il dubbio che non si può chiedere ai Benetton di perdere i soldi della concessione statale mentre si chiede loro di buttarne altri nel pozzo nero di Alitalia? A nessuno è venuto in mente che se costoro accettano di buttare soldi nel pozzo nero è solo perché hanno altre mire? Magari è soltanto perché contano di continuare a incassarli, quei medesimi soldi e anche molti di più, dal casello dalle uova d'oro? Non ci voleva Pico della Mirandola per evitare che accadesse tutto ciò. Eppure è accaduto. E la situazione ora è imbarazzante: il governo vuole la botte piena (i soldi in Alitalia) e la moglie ubriaca (la revoca della concessione) senza rendersi conto che non è possibile. E così si espone al rilancio dei Benetton. I quali, dal conto loro, si dimostrano assai spregiudicati, alla faccia dello choc. E non esitano a mettere in relazione le due vicende in un comunicato ufficiale sgradevole come un riccio nelle mutande: «Il permanere di una situazione di incertezza in merito ad Autostrade, o ancor più l'avvio di un provvedimento di caducazione di cui si legge sugli organi di stampa, non consentirebbe di impegnarsi in un'operazione onerosa…». Chiarissimo: o la smettete di rompere le balle sulle concessioni o noi salutiamo la compagnia. Di bandiera. Ma la cosa peggiore è che, a leggere i giornali, sulla materia fra governo e Atlantia si sarebbe aperto addirittura un vero e proprio mercanteggiamento. Chi offre di meno? «Se entro in Alitalia, mi tieni la concessione». «No, te la tolgo». «Allora io esco dalla cordata». «Non uscire». «Allora dammi la concessione». «E se te ne togliessi solo un pezzettino». «Quale?». «Quello dove c'è stato il crollo». «Solo quel pezzettino?». «Sì». «Si può ragionare». «Però devi anche abbassare un po' le tariffe». «Di quanto?». E via trattando come al suk, all'ombra di 43 salme, senza pietà. Anche le dimissioni (d'oro) di Castellucci, in questo quadro, assumono un significato diverso: erano davvero la punizione (si fa per dire: con 13 milioni in tasca) del responsabile da parte di una famiglia sotto choc, come si è voluto far credere, o erano soltanto un pezzo del mercanteggiamento? Il quale mercanteggiamento dovrebbe, a nostro parere, essere immediatamente bloccato. Questo è il punto: per quanto, infatti, si possa ritenere importante Alitalia, per quanto si possa ritenere utile la sua sopravvivenza per il nostro turismo, per quanto urgano capitali freschi per evitare il crac, non è possibile tollerare il meschino baratto tra il salvataggio della compagnia aerea e il rinnovo della concessione autostradale a chi ha gestito per tanti anni (ed evidentemente così male) un bene pubblico da cui dipende la vita di tutti noi. Anzi, dico di più: non è tollerabile nemmeno pensare che questo mercanteggiamento sia esistito. Alitalia può anche fallire, per quel che ci riguarda. Può anche sparire. Ma quei 43 morti meritano un po' di rispetto. Non certo questo mercato delle vacche aperto sulle loro tombe.
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