2025-01-12
Le mire turche infastidiscono Trump. L’Iran diventa una carta anti Ankara
Donald Trump e Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
La linea dura verso Teheran resta prioritaria, però non deve favorire Erdogan, la cui influenza nel Medio Oriente si è ingigantita con la crisi siriana. Possibile un blitz sulle basi nucleari prima di un nuovo negoziato.L’insediamento di Donald Trump si avvicina. E il tycoon si prepara a incastrare i pezzi di un puzzle geopolitico piuttosto complicato. In campagna elettorale, il presidente americano in pectore ha assicurato di voler ripristinare la politica della «massima pressione» su Teheran. E starebbe anche seriamente considerando di ordinare bombardamenti contro i siti nucleari iraniani. Dall’altra parte, deve fare i conti con gli esiti della crisi siriana. L’avvento al potere a Damasco di Mohammed Al Jolani rappresenta una chiara vittoria di quella Turchia che sta consolidando il proprio peso geopolitico non solo in Siria, ma anche nell’Ovest libico e nel Corno d’Africa: circostanza, quest’ultima che le offre maggiore proiezione sul Golfo di Aden e, quindi, sullo Yemen. Trump, che sta rispolverando la logica della politica di potenza, non è affatto insensibile ai principi dell’equilibrio di potere. E una Turchia troppo potente nel Mediterraneo allargato probabilmente lo preoccupa. Trump teme innanzitutto la Fratellanza musulmana e, avendo lui appoggiato il progetto di Eastmed durante il primo mandato, non vede probabilmente di buon occhio le attuali ambizioni di Recep Tayyip Erdogan, volte a riproporre l’idea del gasdotto Qatar-Turchia. Al contempo, Israele non si fida di Jolani: lo Stato ebraico ha bombardato i depositi di armi del vecchio regime baathista, proprio per evitare che finissero nelle mani dell’attuale governo di Damasco. Benjamin Netanyahu sa bene che il nuovo leader siriano è collegato alla Fratellanza musulmana. È inoltre ai ferri corti con lui per il futuro assetto istituzionale della Siria. Senza contare che anche Israele teme per il destino di Eastmed. Ed è qui che potrebbe inserirsi la questione iraniana. Teheran è uscita notevolmente indebolita non solo dalla recente caduta di Bashar Al Assad ma anche dalla decapitazione dei suoi proxy - da Hamas a Hezbollah - attuata da Israele. Il che, lo abbiamo visto, ha lasciato campo libero ad Ankara, mentre anche i russi si sono dovuti de facto ritirare dalla Siria. Si tratta di un quadro complessivo che ha rotto l’equilibrio di potere nello scacchiere mediorientale a vantaggio della Turchia. E questo, lo dicevamo, potrebbe impensierire sia Trump che lo stesso Netanyahu. Dall’altra parte, Teheran, proprio in virtù della sua debolezza, sta cercando di accelerare per dotarsi dell’atomica: uno scenario che né Israele né il presidente americano in pectore sono ovviamente disposti a tollerare. Gli ayatollah, che in questi anni hanno portato avanti l’arricchimento dell’uranio approfittando dell’appeasement di Joe Biden, stanno scaltramente provando a guadagnare tempo, giurando di voler usare il nucleare soltanto a scopi pacifici e incontrando, la prossima settimana, Francia, Gran Bretagna e Germania per tentare di aprire la prospettiva di un rilancio del controverso accordo sul nucleare del 2015 (il Jcpoa) o di una sua versione similare. Messa così, Trump sembrerebbe in un vicolo cieco. Ma non è detto che le cose stiano in questo modo. Il suo obiettivo è duplice: contenere la crescente influenza turca e, al contempo, scongiurare un Iran con l’arma atomica in mano. A questo punto, è verosimile che il tycoon avvii una strategia in due fasi. Nella prima, è possibile che, appena insediato, alzi il livello della tensione con Teheran: non solo ripristinerebbe la «massima pressione» sugli ayatollah, ma potrebbe anche colpire alcuni dei loro siti nucleari. D’altronde, nell’intervista rilasciata a Time il mese scorso, Trump non aveva escluso un conflitto con Teheran. E arriviamo alla seconda fase. Dopo aver ripristinato la deterrenza, Trump potrebbe aprire un percorso diplomatico per rinegoziare radicalmente il Jcpoa. Il che, nei fatti, significherebbe trattare per concludere un’intesa totalmente nuova con garanzie e contropartite concrete. Tutto questo, con il benestare di israeliani e sauditi. Insomma, il fallimentare Jcpoa - negoziato ai tempi principalmente da John Kerry, Sergey Lavrov e Federica Mogherini - verrebbe definitivamente archiviato e sostituito da un’intesa veramente capace di stroncare ogni possibile minaccia nucleare iraniana. Questo consentirebbe al tycoon di mettere in sicurezza gli alleati mediorientali e, al contempo, di puntellare un Iran che, ormai depotenziato, potrebbe tornargli utile per contenere la crescente influenza turca nello scacchiere mediorientale. Si tratta di un quadro che potrebbe contribuire al rilancio di quegli Accordi di Abramo che, nel 2020, irritarono parecchio Ankara. E attenzione: non è escluso che questa partita possa intersecarsi con quella ucraina. La crisi siriana ha rappresentato un duro colpo all’influenza mediorientale di Mosca. È quindi chiaro che, qualora Trump un domani dovesse puntellare in funzione antiturca un Iran reso atomicamente inoffensivo, per i russi si tratterebbe di una notizia non poi così cattiva. Il tycoon potrebbe quindi utilizzare la questione come pedina di scambio nelle trattative ucraine. In cambio di un aiuto a recuperare parziale influenza in Medio Oriente, Trump potrebbe esigere da Vladimir Putin un accordo più vantaggioso per Washington e Kiev in Ucraina.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.