La Verità ha fatto un viaggio all'interno delle corsie delle principali catene di supermercati francesi per capire come funziona il sistema di etichettatura degli alimenti. La nutrizionista Chiara Pigozzi: «Possiamo trovare cibi classificati con "A" o "B" perché hanno poche calorie, ma a livello di ingredienti hanno una lista lunga di additivi e sostanze che possono anche essere pericolose per la salute». Il paradosso: il Pecorino Romano venduto in certe catene di supermercati, ha ricevuto un brutto voto: una «E». È andata un po' meglio al Parmigiano Reggiano e al Grana Padano. Questi due prodotti hanno ottenuto una «D».
La Verità ha fatto un viaggio all'interno delle corsie delle principali catene di supermercati francesi per capire come funziona il sistema di etichettatura degli alimenti. La nutrizionista Chiara Pigozzi: «Possiamo trovare cibi classificati con "A" o "B" perché hanno poche calorie, ma a livello di ingredienti hanno una lista lunga di additivi e sostanze che possono anche essere pericolose per la salute». Il paradosso: il Pecorino Romano venduto in certe catene di supermercati, ha ricevuto un brutto voto: una «E». È andata un po' meglio al Parmigiano Reggiano e al Grana Padano. Questi due prodotti hanno ottenuto una «D». La Francia è la patria del sistema di etichettatura degli alimenti chiamato Nutriscore. È normale quindi che, da questa parte delle Alpi, tale classificazione, trovi molti sostenitori. Già nel 2019, l'allora primo ministro Edouard Philippe, aveva affermato la propria volontà di renderlo obbligatorio. Anche l'associazione dei consumatori Ufc Que Choisir è favorevole all'imposizione per legge del sistema di etichettatura, non solo a livello francese ma anche a quello Europeo.Il problema è che, i criteri presi in considerazione dal sistema Nutriscore per classificare i cibi, ignorano alcune variabili essenziali. Per esempio quella della quantità di prodotto consumato. Come riportato sul sito di Santé Publique France - l'Agenzia Nazionale francese della salute - «il logo (Nutriscore, ndr) è attribuito in base ad un punteggio che prende in considerazione, per 100 grammi o 100 millilitri di prodotto, il tenore di elementi nutritivi e alimenti» da favorire o limitare. Tra i primi vengono citati «fibre, proteine, frutta, verdura, leguminose, frutta con il guscio, olio di colza, di noce e oliva». Tra i secondi, il sito dell'agenzia francese, parla di: «energia, acidi grassi saturi, zucchero e sale». Ma confrontare 100 grammi o millilitri di prodotto potrebbe non essere sempre pertinente. In effetti, se si pensa all'olio d'oliva, il suo uso a tavola è molto inferiore ai 100 millilitri.Per capire come viene applicato il Nutriscore in Francia, La Verità ha fatto un giro tra le corsie di varie catene di supermercati transalpini. La prima cosa che balza all'occhio è che, per ora, il Nutriscore si ritrova soprattutto sulle confezioni di prodotti con il marchio delle catene di grande distribuzione. Le etichette multicolore, sono però apparse anche su alcuni dei prodotti dei giganti dell'industria alimentare. È il caso, per esempio, di alcune marche di cereali per la colazione. Osservando più da vicino i prodotti etichettati con il Nutriscore, si scoprono delle cose interessanti ma che possono alimentare la confusione. Per cercare di fare un po' di chiarezza, La Verità ha chiesto il parere di un esperto: la dottoressa Chiara Pigozzi, medico nutrizionista. «Il Nutriscore considera alcuni parametri nutrizionali che mi lasciano perplessa. Tra questi le chilocalorie, ovvero il quantitativo di energia contenuto negli alimenti, perché il fatto che abbiano un forte peso sul punteggio non è giustificato da quello che poi troviamo negli ingredienti. Le chilocalorie non ci dicono assolutamente nulla della qualità di quell'alimento e quindi non è possibile paragonare due alimenti con uguali calorie ma con una lista di ingredienti differente. Magari possiamo trovare degli alimenti che vengono classificati dal Nutriscore con "A" o "B" perché hanno poche calorie, ma a livello di ingredienti hanno una lista lunga di additivi e sostanze che possono anche essere pericolose per la salute».Tornando ai supermercati, va detto che spesso, anche dei prodotti identici possono aver ottenuto un voto diverso. Tra i succhi, per esempio, troviamo dei prodotti bio che il Nutriscore considera migliori degli equivalenti normali. Ma il fatto che un prodotto sia considerato bio, può bastare per renderlo migliore rispetto a un altro, praticamente identico? Per la dottoressa Pigozzi non è detto. Una delle cose che può fare davvero la differenza è la quantità di zuccheri presenti nel prodotto e non il fatto che sia o meno bio. Il Nutriscore, non sembra vedere di buon occhio gli oli. Pare inoltre che il sistema di classificazione valuti in maniera differente questi prodotti, anche in base all'origine geografica. Per esempio, sugli scaffali di alcuni supermercati, ci sono oli di origine francese classificati «C», mentre altri provenienti da vari Paesi, tra cui l'Italia, ottengono una «D». Restando nell'ambito dei condimenti va citato il caso delle vinaigrette, le salse usate in Francia, per condire verdure e altri alimenti. A differenza dell'olio d'oliva, le vinaigrettes sono delle preparazioni nelle quali vengono uniti vari ingredienti, tra cui compaiono anche lo zucchero e il sale. Invece l'olio extra vergine è ottenuto dalla sola spremitura delle olive. Eppure, il Nutriscore attribuisce una «C» ad alcune di queste salse e, come detto, una «D» a certi oli extravergine d'oliva.Tra i prodotti italiani presenti nei supermercati francesi, il Pecorino Romano venduto in certe catene di supermercati, ha ricevuto un brutto voto dal Nutriscore: una «E». È andata un po' meglio al Parmigiano Reggiano e al Grana Padano. Questi due prodotti hanno ottenuto una «D». Ma questo è anche il voto dato a certe fettine di formaggio fuso o a prodotti definiti «mix di formaggi».Sempre nel corso della nostra visita ai supermercati d'Oltralpe, il Nutriscore ci ha riservato anche altre sorprese. Tra i prodotti classificati «A» figurano anche alcuni cibi industriali in scatola. È il caso ad esempio di una specialità a base di salsicce e lenticchie. Leggendo la lista dei loro ingredienti, troviamo, tra l'altro: carne, grasso, cotenna e pezzi di testa di maiale, carne di tacchino - in entrambi i casi si tratta di carni europee - sale, strutto, polifosfati o ancora, il cloruro di calcio. Un'altra specialità tipica francese, a base di formaggio fuso e pancetta, chiamata Tartiflette, è stata classificata con una «B». La lista degli ingredienti di questo prodotto include, oltre alla pancetta e alle patate -entrambe di origine europea - anche: sale, destrosio, eritorbato di sodio e nitrito di sodio. Sicuramente la quantità di sostanze utilizzate per preparare questi prodotti rientra nei limiti previsti dalla legge. Ma cosa si deve pensare leggendo la lista degli ingredienti di questi ed altri prodotti industriali? Che forse, il sistema Nutriscore è nato ispirandosi a dei buoni propositi ma che - magari strada facendo - sia rimasto vittima di condizionamenti di qualche lobby, non sempre orientata alla tutela del benessere dei consumatori.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».






