2022-04-27
«Le mani dei Casalesi sul Centro aerospaziale di Capua»
La sede del Cira a Capua.
Caserta, per i pm mazzette dal clan ai funzionari per truccare gli appalti Cira, società a controllo pubblico. Cinque arresti, 11 indagati.Mancava solo un’inchiesta della magistratura per associazione a delinquere di tipo mafioso a turbare il sonno del governo e dell’Asi (Agenzia Spaziale Italiana) sul Cira, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, società a controllo pubblico con circa 400 dipendenti che ha il compito di attuare il programma nazionale di ricerche aerospaziali. Con i vertici ancora in proroga e un’assemblea che a breve dovrebbe indicare il nuovo presidente, la situazione è sempre più difficile. Per di più si tratta di un pessimo biglietto da visita per i fondi del Pnrr che arriveranno nel settore aerospaziale. Senza contare che ogni anno il Cira riceve dallo Stato circa 22 milioni di euro per le spese di gestione per garantire l’efficienza del patrimonio impiantistico che lo Stato gli ha affidato del valore di circa un miliardo di euro. Che le cose al Cira non andassero nel verso giusto era cosa nota da tempo. Anche perché da anni, come aveva riportato La Verità il 4 aprile scorso, la Corte dei conti aveva chiesto agli attuali vertici e al ministero vigilante (Mur) di intervenire per sprechi e mancanza di trasparenza. La magistratura contabile aveva espressamente chiesto che il centro aerospaziale iniziasse a fare a meno soprattutto di affidamenti diretti sotto soglia di 40.000 euro. Ma il presidente Giuseppe Morsillo, tutt’ora in proroga, in questi anni ha deciso invece di aumentare questo tipo di appalti. Il risultato di questo approccio lo si può leggere nell’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato in carcere cinque persone accusate a vario titolo di corruzione e turbata libertà degli incanti, aggravati dalla finalità di favorire la camorra, il clan dei casalesi. In totale gli indagati sono undici e, oltre a esponenti dei clan camorristici locali, ci sono anche tre dipendenti del Cira, tra cui l’attuale direttore amministrativo, uno dei ruoli più importanti dell’azienda. Stiamo parlando di Carlo Russo, dentro il Cira da quasi 15 anni, prima come direttore acquisti e poi promosso nel 2021 (poco prima dell’inizio dell’inchiesta) dall’attuale presidente Morsillo. La storia di Russo è esemplare per raccontare la situazione del Cira. In consiglio di amministrazione in questi anni in tanti avevano chiesto una turnazione nei ruoli di lavoro, in particolare nei ruoli più delicati, come appunto quello legato agli appalti o agli impianti. Ma gli attuali vertici non lo hanno mai voluto. Così Russo è diventato il punto di riferimento dell’azienda sulle gare. E allo stesso tempo sarebbe diventato, stando alle indagini e alle intercettazioni in mano agli inquirenti, il punto di riferimento di un sistema dove la camorra arrivava a gestire appalti di quasi un milione di euro. Il trucco era in pratica questo. Le aziende in odore di camorra entravano conquistando appalti per affidamento diretto sotto i 40.000 euro. Poi però iniziavano ad allargarsi arrivando a conquistare anche appalti più sostanziosi. Tra i beneficiari degli appalti c’erano Sergio Orsi, 65 anni, imprenditore già coinvolto in altre indagini, suo figlio e Fabio Oreste Luongo, 44 anni, ritenuto dal gip «gravemente indiziato di partecipazione al clan dei casalesi, con il ruolo di imprenditore colluso col sodalizio camorristico». Tra gli indagati c’è Francesco Pirozzi, dipendente del Cira, addetto come geometra all’ufficio tecnico. È il cugino di Pirozzi Giovanni detto «o’ Picciuotto», che è ritenuto dagli inquirenti prestanome di Nicola Schiavone (ora collaboratore di giustizia) tanto da aver subito il sequestro di beni riconducibili allo storico boss della camorra. Altro indagato è Vincenzo Filomena, sempre impiegato nello stesso ufficio. Tra gli appalti inquinati ci sarebbero stati quelli per un deposito di rifiuti, per un laboratorio scientifico e un altro per le aree verdi per quasi 2 milioni di euro.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)