2019-04-27
Le critiche del Quirinale? Uno sparo a salve
Per la sinistra, il Colle ha preso le distanze sulla legittima difesa. In realtà, ha solo sottolineato aspetti già presenti nel testo.Partiamo da una certezza: ieri la nuova legittima difesa è stata promulgata dal capo dello Stato, quindi la norma è perfettamente in regola e le chiacchiere stanno a zero. Da anni si discuteva della necessità di una riforma che offrisse più garanzie al cittadino che si difende da un'aggressione in casa sua, o al commerciante che reagisce a una rapina in negozio: adesso, grazie al voto definitivo del Parlamento di un mese fa e alla firma apposta ieri da Sergio Mattarella, la nuova legittima difesa è una legge che sta per essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e presto entrerà in vigore.Come le chiacchiere, però, anche le polemiche dovrebbero stare a zero. È scorretto che oggi ci sia chi, a sinistra, continua a tirare il presidente per la giacchetta. Eppure tanti lo hanno fatto in queste ultime settimane, colorando indebitamente l'attesa per la firma di Sergio Mattarella in nella speranza di un rigetto della legge. Allo stesso modo, oggi è indebito strumentalizzare la lettera inviata ieri dal Quirinale ai due presidenti di Camera e Senato, come invece fanno i nemici della riforma, trasformandola in presa di distanza. Perché non è così. Che cosa ha scritto, il capo dello Stato? Ha elencato tre verità inoppugnabili, quasi scontate. E cioè che «il provvedimento si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un'offesa ingiusta, realizzata all'interno del domicilio e dei luoghi a esso assimilati». Mattarella ha aggiunto poi che la norma «attribuisce rilievo decisivo «allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto», e quindi è evidente che la nuova normativa presuppone una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta»: quindi, per farla semplice, servirà sempre e comunque un'indagine per stabilire se chi ha sparato per difendersi lo ha fatto perché «gravemente turbato» dall'aggressione, come dice la legge. Infine, il presidente ha spiegato che «la nuova norma non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela dell'incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l'azione generosa ed efficace delle forze di polizia».Mattarella, quindi, non ha detto nulla di diverso da quanto, per lunghi mesi, i sostenitori della riforma hanno dichiarato di volere. Certo non il Far West, paventato dalla sinistra. Ma nemmeno la sostituzione delle forze dell'ordine con temibili bounty killer, né un'invasione di giustizieri fai da te. E ancor meno la diffusione di armi in ogni casa: alla fine di marzo, il segretario del Pd Nicola Zingaretti aveva addirittura bollato il varo della legge come «un atto irresponsabile, teso forse a favorire qualche lobby». Ma nulla di tutto questo proponevano Lega, M5s, Forza Italia e Fratelli d'Italia: volevano solo qualche diritto di difesa in più per chi, aggredito o rapinato, cerca di protegge sé stesso o i propri cari. E magari anche qualche vessazione legale ed economica in meno.Forse l'unico appunto «correttivo» nella lettera di Mattarella riguarda un articolo della nuova norma che punta proprio a quell'obiettivo: il presidente ha notato infatti che la legge obbliga lo Stato a risarcire le spese di giudizio all'imputato cui sia stata riconosciuta la legittima difesa in casa, «mentre analoga previsione non è contemplata» se la difesa avviene «in luoghi diversi dal domicilio». Forse Mattarella ha voluto segnalare che la diversità di trattamento presta il fianco a ipotesi d'incongruità costituzionale. Si vedrà.Ma da qui a dire che Mattarella con la sua lettera ha voluto mettere una «camicia di forza» alla legge, come ora si cerca di fare a sinistra, ce ne passa. Al contrario, il presidente non si è certo mostrato insensibile alla sofferenza di chi in passato si era trovato a difendersi e a sottostare alle forche caudine del vecchio Codice fascista, che di fatto affidava allo Stato l'esclusiva della difesa del cittadino da ladri, rapinatori e ogni tipo di violenti. Nel novembre 2015 era stato proprio Mattarella a dare una grazia parziale ad Antonio Monella, l'imprenditore bergamasco che nel 2006 aveva sparato e ucciso un albanese che voleva rubargli l'auto sotto casa. Monella era stato condannato dai giudici a sei anni, due mesi e 20 giorni, ed era in prigione dal settembre 2014. Il presidente gli aveva ridotto la pena di due anni, permettendogli l'uscita dalla cella e l'affidamento in prova ai servizi sociali. Altro che chiacchiere…