2019-03-06
Le case di moda riciclano il cashmere. Costa meno e salva pure la Mongolia
Una capra Hircus, vive sugli altopiani della Mongolia e della Cina / iStock
Le capre strappano l'erba alle radici e l'aumento della domanda porta alla desertificazione. Gli abiti rigenerati diventano più accessibili rispetto a quelli nuovi, che possono raggiungere cifre di 30.000 euro.È 10 volte più leggero, più caldo e più caro della lana di pecora. Il prezzo di un chilo di filato grezzo si aggira attorno ai 170 euro. Un completo da uomo ben confezionato può arrivare anche a 30.000 euro. È soffice, mantiene la temperatura corporea, assorbe il sudore e non attira la polvere. A far lievitare il prezzo di questa lana, però, non sono solo le sue magnifiche proprietà, ma il meticoloso lavoro di reperimento e la sua rarità. Le capre Hircus, quelle che danno il cashmere più pregiato, vivono prevalentemente in Cina e negli altipiani Mongolia. Per proteggerle dai rigidi inverni tempestosi a meno 30 gradi, madre natura le ha dotate di due manti: uno superficiale con peli grossolani che si chiama giarre, l'altro è un sottovello, detto duvet, composto da una sottile lanugine più corta. A primavera, i pastori tagliano prima i crini esterni con le forbici e poi raccolgono la parte più fine con appositi pettini dai denti lunghi. Le fibre dei due manti della capra vengono quindi separate, perché solo il duvet costituisce il cashmere propriamente detto.Sull'Himalaya, dove le capre sono selvatiche, si raccoglie la materia prima con un metodo ancor più artigianale ed ecologico. Con l'arrivo della stagione più calda, infatti, le capre si strofinano contro le rocce e gli arbusti per accelerare la muta, lasciando impigliati molti ciuffi del loro prezioso pelo che i montanari locali raccolgono risalendo la montagna. Negli anni l'allevamento di questa particolare razza di capre si è diffuso anche in Afghanistan, Iran, Russia, Turchia e India. L'Europa, con l'80% delle importazioni mondiali, rappresenta il mercato più importante. L'Italia è il primo trasformatore al mondo. La cosiddetta cashmere valley tricolore è l'Umbria. Altri distretti importanti per la lavorazione sono quello del biellese e della Valsesia.Stando alle Nazioni Unite, nel 2016 sono stati esportati a livello mondiale capi in cachemire per un valore di 1,4 miliardi di dollari (nel 2010 erano 1,2), ovvero circa 5 milioni di chilogrammi in pullover, giacche e cardigan. Un giro d'affari che non si arresta neanche in tempi di crisi. Secondo i calcoli della Global info research il mercato mondiale di abbigliamento in cashmere dovrebbe aumentare del 3,8% nei prossimi cinque anni e raggiungere i 3,2 miliardi di dollari nel 2024, dai 2,5 miliardi di dollari previsti per questo 2019.In inglese si scrive cashmere, in francese cachemire, in italiano stando alla Treccani si dovrebbe chiamare casimira. Il nome deriva dalla regione indiana del Kashmir che si trova tra India, Pakistan e Cina. Da lì nel XIX secolo le prime esportazioni verso Europa che hanno dato il nome al filato. Una capra produce dai 150 ai 200 grammi di duvet di cashmere utilizzabile all'anno. Con 1 chilogrammo si possono tessere 28 chilometri di filo. Per fare una maglia servono dalle 2 alle 4 caprette, per un cappotto circa 30. Il vero cashmere deve essere sempre composto da almeno 2 fili ritorti. Più aumentano i fili, più il maglione è caldo e più si alza il prezzo del capo. Per essere considerato cashmere il pelo della capra deve avere un diametro inferiore ai 15.5 micron, un capello umano ne misura 75. Laura Biagiotti, soprannominata «regina del cachemire» dal New York Times, lavava i suoi capi in cashmere con lo shampoo per i bimbi, poi li arrotolava in un asciugamano e li lasciava «dormire» finché non erano asciutti. Per proteggerli dalle tarme, che ne sono ghiotte, li cospargeva di grani di pepe. N.Peal era il marchio preferito da Lady D, perché produce i suoi capi in Mongolia per aiutare la manodopera locale. L'incremento nella domanda globale di cashmere sta distruggendo le praterie della Mongolia. Si è passati dai 4,5 milioni di capre allevate negli anni Sessanta ai 61,5 milioni di oggi. Un aumento che, secondo uno studio della Banca Mondiale, ha provocato la progressiva desertificazione del Gobi. Le capre da cashmere, infatti, divorano la vegetazione e strappano l'erba alle radici. Da qui l'idea di ridare nuova vita ai vecchi capi per renderli più sostenibili e accessibili. Da ultimo la boutique Falconeri, che ha pensato di incentivarne il riciclo offrendo un buono da 30 euro per un puro cashmere, da 15 per un misto lana. In pratica, con una decina di vecchi maglioni usati potete averne uno nuovo. Anche la start up toscana Rifò punta a rigenerare capi in cashmere riducendo del 90% l'uso di acqua, del 77% quello dell'energia, del 90% i prodotti chimici, del 95% le emissioni di Co2 e del 100% l'uso di coloranti.Il colore più richiesto, e il più caro, è il bianco. Seguito dal grigio (light grey) e dal bruno-rossiccio (light brown, dark brown, red e fawn). Brunello Cucinelli, che con il cashmere dal nulla creò un impero, a 25 anni ebbe l'idea di colorarlo: «Fino ad allora era stato solo maschile e in tinte neutre. Frequentavo il piccolo negozio di abbigliamento della mia fidanzata, che poco dopo sarebbe diventata mia moglie, e avevo notato il successo dei pullover Benetton di shetland colorato. Cominciai a produrre poche decine di pezzi e a venderli in Trentino Alto Adige perché lì c'erano gli unici che pagavano a 30 giorni. Sono ancora miei clienti».Ken Follett, con i soldi ricavati dal suo primo bestseller, si comprò una giacca di cachemire purissimo, vista in una boutique londinese. Quasi 3.000 sterline di oggi. Era il 1978. A gennaio una banda di ladri ha pensato bene di svaligiare una boutique del cashmere in via Anfossi a Milano. In pochi minuti si sono portati via 100.000 euro in maglioni, sciarpe e guanti. Il furto in grande stile è avvenuto la notte di sabato 26 gennaio, ma i proprietari hanno fatto la denuncia nel primo pomeriggio di lunedì, quando hanno aperto la saracinesca del negozio e hanno trovato gli scaffali completamente vuoti. I passanti erano convinti che i titolari avessero ceduto l'attività. «Io non credo in Dio. Credo solo nel cashmere» (la scrittrice Fran Lebowitz). Il dolce vita in cashmere nero appartenuto a Marilyn Monroe è stato venduto all'asta per 9.000 dollari. Vladimir Putin è stato fotografato nel 2015 mentre si allenava assieme il primo ministro russo Dimitri Medvedev con indosso una tuta in seta e cashmere di Loro Piana da 1.225 euro.Il baby cashmere di Loro Piana si ricava solo dalla prima pettinatura di un piccolo di capra Hyrcu,s che non ha ancora 1 anno di vita. Se ne ricavano appena 30-40 grammi di fibra utilizzabile per capretta, 2.000 chili l'anno. I prezzi al dettaglio variano a seconda della qualità del cashmere. Tra un filato di 13,5 micron di diametro e uno di 13 la differenza di può essere anche di 10.000 euro. Per questo, sul sito di Loro Piana o di Brunello Cucinelli, molti capi superano il migliaio di euro. Da Falconeri si trovano cardigan a 300 euro, all'Oviesse per un maglione servono 80 euro, da Uniqlo ne bastano 30.Nel 2014 a Rosignano Marittimo la guardia di finanza ha sequestrato una partita di maglioni con l'etichetta «puro caschmere», fatti con i peli di topo. Fausto Bertinotti è finito sulle prime pagine di tutti i giornali per un maglioncino in cashmere. Spiegava tempo fa sua moglie Lella a Claudio Sabelli Fioretti: «Questa storia del cashmere mi ha fatto inviperire per anni. Quando cominciarono a parlarne Fausto ne aveva uno solo, comprato da me al mercato dell'usato di via Sannio, rosso girocollo, 25.000 lire. Lo usavamo tutte e due, ma dopo un po', poiché ho una certa abbondanza di seno, lui non poté più usarlo. Poi, quasi per prenderlo in giro, alcuni amici, tra i quali Alfonso Gianni e Rina Gagliardi, fecero una colletta e gliene regalarono uno beige. Poi gliene regalò uno una magliaia di Milano. Infine, il giorno del suo compleanno, gli amici arrivarono con un cachemire a testa. […] Oggi ha sette maglioni di cachemire. Ma non ha né un vestito né un cappotto di cachemire». Anni fa, in Transatlantico, il furto del cappotto di cachemire di Paolo Bonaiuti fece quasi piangere Silvio Berlusconi.Più fine del cachemire c'è solo la vicuña, la «fibra degli dei», il vello del camelide andino da cui prende il nome. Rara perché l'animale che la produce dona al massimo 250 grammi di pelo ogni due anni. Lo shatuch è la sola fibra al mondo ancora più sofisticata della vicuña, prodotta da una specie di stambecco sulle alture del Tibet. La giornalista e scrittrice Oriana Fallaci fu sepolta con un golfino di cashmere, gonna e giacca di tweed, spilletta degli ufficiali di Orazio Nelson appuntata sul risvolto, l'orologio degli incursori della Marina al polso.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)