2020-09-01
Le bugie di Bat Woman, la signora del virus
Affermazioni non vere e omissioni nell'intervista della scienziata immagine del laboratorio di Wuhan. Risposte supervisionate dall'Accademia delle scienze di Pechino. Per negare quanto da lei stessa affermato nel 2018: il possibile contagio pipistrello-uomo.In Cina devono avere un senso dell'ironia tutto. Quanto a Shi Zheng Li, «Bat Woman», la scienziata immagine del laboratorio di virologia di Wuhan, o soffre di amnesie o c'è da chiedersi se sia tenuta in ostaggio dalle autorità cinesi. Le famose risposte scritte alla rivista Science a fine luglio hanno dato il titolo «Il virus non è partito da Wuhan, Trump ci deve delle scuse», più o meno generalmente preso per buono. Ma contengono affermazioni non vere e omissioni. Per rispondere, a domande anche queste scritte (è più facile), ci sono voluti due mesi sotto la supervisione dell'Accademia cinese delle scienze, organo politico-tecnico che ha gestito tutto questo lavorio intorno ai coronavirus fin dal 2003, in stretta collaborazione con la Francia e poi con l'Australia con la scusa di combattere le nuove malattie infettive. I controllori però fanno le pentole ma non i coperchi.Ad esempio, alla domanda dell'intervistatore se il contagio possa essere stato portato a Wuhan da un abitante delle zone intorno alle cave di pipistrelli nello Yunnan, lei risponde con uno sdegnato: «No». Testuale: «Penso che lei si riferisca alle cave di pipistrelli di Tongguan nella città di Mojiang… Ad oggi, nessuno degli abitanti del circondario è infettato coi coronavirus («To date, none of nearby residents is infected with coronaviruses»); per cui «l'accusa che il “paziente zero"» conclude categorica, «vivesse nell'area delle miniere (abbandonate) e sia venuto a Wuhan è falsa». A Tongguan no, ma nella contea dello Janjing, sempre nella provincia di Yunnan, sì. In uno studio pubblicato a febbraio 2018 su Virologica Sinica, proprio Shi Zengh Li e la sua equipe hanno riportato i risultati dell'analisi sierologica compiuta tra gli abitanti di 4 villaggi a 1,1 e a 6 km (mille da Wuhan) dalle cave Shitou e Yanzi, che gli acchiappa pipistrelli (con coronavirus) avevano battuto dal 2011. Su 218 residenti, in gran parte agricoltori, sei sono risultati positivi. Cioè sono venuti in contatto senza ammalarsi con i cosiddetti coronavirus «Sars related», ovvero l'agente della prima Sars e gli altri nuovi coronavirus innocui per l'uomo, parenti (quanto stretti è tutto da vedere) di quello della Covid-19. Proprio su questi risultati Shi Zeng Li e company lanciano - nel 2018 - l'allarme che questi coronavirus simili a quello della prima Sars «possono avere il potenziale di infettare le cellule umane senza la necessità di passare per un ospite (animale) intermedio». Vuoi vedere che è proprio quello che è avvenuto con l'attuale pandemia, visto che a quasi un anno dai primi casi non c'è traccia dell'ospite intermedio. Una ricerca importantissima, ma questi studi nel 2018 si fermano. Finiti i soldi? Difficile credere che il governo cinese abbia tolto il propellente a un settore così strategico e ricco di soddisfazioni. Bat Woman nell'«intervista» glissa - ma nessuno le chiede alcunché - sugli esperimenti del 2009, proseguiti anche dopo, fatti mescolando coronavirus e Hiv dell'Aids. La Verità ne ha parlato abbondantemente il 21 maggio scorso.Ma vediamo le altre mezze verità cinesi. Forse con l'intento di allontanare l'immagine di apprendisti stregoni, a domanda Shi Zheng Li risponde: «In oltre 15 anni abbiamo isolato tre coronavirus strettamente correlati ai pipistrelli», precisando che «per virus isolato si intende un virus vivo» capace di crescere in laboratorio; evoca poi uno dei suoi più stretti collaboratori occidentali, il professor Peter Daszak. Ma proprio Daszak , presidente della Health alliance, e proprio a Science in un articolo pubblicato il 31 gennaio di quest'anno, per respingere le tesi complottiste, ha rivelato che con il gruppo di Shi Zheng in 8 anni hanno campionato 10.000 pipistrelli, trovato («found») 500 coronavirus, di cui almeno 50 relativamente simili a quelli della prima Sars. «Sempre rispettata la biosicurezza livello P3 e P4», ha assicurato la signora dei coronavirus. Vero? In parte. Anche tralasciando gli allarmi americani dal 2015, il comunicato emesso il 22 maggio 2018 dall'Accademia cinese delle scienze, ovviamente pesato fin nelle virgole, sull'immancabile visita della delegazione francese a Wuhan, informa che Renè Courcol, esperto mondiale e consulente dei servizi di sicurezza parigini sul bioterrorismo, «cercherà di assistere il Wlv (Wuhan laboratory of virology) nel creare un laboratorio nazionale di alto livello di biosicurezza che combini la gestione della biosicurezza e il controllo di qualità». Futuro. E, si legge sempre nello stesso comunicato, Jean-Michel Hubert, capo della cooperazione francocinese, mette l'accento sul fatto che «il controllo di qualità è un importante supporto per sviluppare la conservazione delle varianti dei virus («strain preservation»). Segno evidente che - a metà 2018 - sulla materia c'è ancora da fare.Morale della favola. Fino a quando la comunità scientifica mondiale è disposta a farsi prendere per i fondelli? La Cina possiede il maggior numero di dati e informazioni sulla pandemia. In una dittatura la comunicazione scientifica non è libera e non è attendibile. La compiacenza al limite dell'omertà comincia a incrinarsi. Ma è ancora poco. Gli scienziati di tutto il mondo esigano dai loro colleghi cinesi la verità e che aprano le porte dei loro laboratori. E venga finalmente istituita una commissione d'inchiesta indipendente di cui finora si è solo parlato.