
Il collettivo dei fattorini pubblica la lista dei Vip che non danno mai la mancia. E minaccia di divulgare i loro indirizzi e le loro abitudini. Chi passa alle intimidazioni per difendersi ha sempre torto. Ma questo conflitto ci dice che il giocattolo si è rotto.Chi minaccia non ha mai ragione, è chiaro. Nemmeno se è un rider. Nemmeno se è sfruttato. Nemmeno se se la prende con dei Vip tirchi che non gli danno la mancia. Nemmeno se non chiede altro che un po' di umana comprensione, un tocco sulla tastiera per regalare qualche spiccio a chi magari ha pedalato come un pazzo sotto la pioggia soltanto per far arrivare il cibo caldo sulla tavola di una villa lussuosa o di un appartamento all'ultimo piano del bosco verticale. Chi minaccia non ha mai ragione, in nessun caso. Ma va preso sul serio perché con quel gesto disperato ci sta dicendo un sacco di cose. Non soltanto su di lui. Ma anche, e forse soprattutto, su di noi. Lo scandalo è stato sollevato dai ragazzi delle consegne a domicilio di Milano. Su Facebook hanno pubblicato una lista nera, con una serie di personaggi famosi, colpevoli, a loro dire, di non dare mai la mancia. Si va dai Ferragni-Fedez (coppia d'oro che fattura quasi 20 milioni di euro l'anno) ai calciatori con i contratti da Paperone, come Leonardo Bonucci o Gonzalo Higuain, dal cantante Fabio Rovazzi al bomber dell'Inter Mauro Icardi, con la moglie Wanda Nara, dall'ex portiere del Milan Christian Abbiati ai rapper Clementino e Rocco Hunt, da Dj Albertino al terzino Danilo D'Ambrosio, da Teo Mammuccari a Platinette. «Ricordatevi», scrivono i rider, «che entriamo nelle vostre case, praticamente a tutte le ore del giorno. Sappiamo cosa mangiate, dove abitate che abitudini avete. Noi conosciamo i vostri punti deboli e non esiteremo a usarli contro di voi». Parole fin troppo dure, evidentemente, anche perché non sapevamo che la gratifica extra fosse un diritto universale. Né che a difenderlo potesse essere chiamata in causa la nuova authority rider, in pratica lo Zorro delle Mance Perdute, terribile castigatore dell'altrui tirchieria.Epperò, come dicevamo, quest'iniziativa va presa sul serio, innanzitutto (ed è il pensiero più banale) perché ci ricorda che il pianeta delle consegne a domicilio è ancora in attesa di essere regolato. E che dietro le sigle della gig economy, dietro i nomi roboanti delle nuove app e del nuovo lifestyle tutto tech&bytes, si nascondono sfruttamenti vecchi come il cucù, paghe da fame, condizioni di lavoro da servitù della gleba. Non si possono esasperare le persone, non così tante e non così a lungo, senza il rischio che prima o poi quest'esasperazione esploda. E quando l'esasperazione esplode, come è noto, non segue il codice comportamentale oxfordiano né le regole del bon ton. E capita che sconfini in metodi sbagliati. La seconda riflessione, anch'essa non molto originale, che questa vicenda porta alla luce è l'incredibile tirchieria dei ricchi. Sono gli stessi rider a segnalarlo: come mai le mance sono sempre più ricche nei quartieri popolari di periferia che nelle zone Vip? Una volta ci si trincerava dietro alla mancanza di spiccioli, si tramandava la narrazione per cui il vero lusso è girare senza portafoglio, figurarsi se un galantuomo può avere in tasca le monetine per la mancia… Però, ecco, con le nuove app del cibo a domicilio, le monetine non servono. La mancia si paga sfiorando un tasto. Non ci vuole nulla. Costa davvero poco. Possibile che nelle ville da mille e una notte e negli attici superaccessoriati non se ne rendano conto? Possibile che siano così egoisti? Che si facciano bagnare il naso dalle persone con meno zeri in banca? Possibile, evidentemente. E guai a chi dice che sono solo fatti loro. Sono fatti nostri. Che ci interrogano su quello che siamo. O che siamo diventati. Che ci toccano da vicino. Come ci tocca (ancor più da vicino) la terza riflessione che scaturisce da questa vicenda. La lista nera dei rider, infatti, ci ricorda in modo prepotente che la nostra privacy, nella nuova società del feudalesimo digitale, non esiste più. L'abbiamo sacrificata sull'altare della comodità. Avere il cibo a casa con un clic è cosa meravigliosa, che ci attrae, ci semplifica la vita, ci fa sembrare il mondo a portata di app. Basta digitare due codici e puoi avere tutto, in modo facile, a prova di cretino, e pagando pure poco. O nulla. Almeno così sembra.In realtà il prezzo che stiamo pagando è altissimo. È il prezzo della nostra libertà. Vale per il cibo a domicilio come vale per tutti i servizi della new economy che utilizziamo ogni giorno, forse anche ogni minuto, quando andiamo su Google per fare una ricerca, quando ordiniamo un libro su Amazon, quando pubblichiamo le foto su Instagram, quando cerchiamo i vecchi amici su Facebook, quando troviamo un indirizzo sull'applicazione map, quando controlliamo il tempo che farà sull'applicazione meteo… Ognuna di questa azioni semplici lascia una traccia, ormai ne siamo tutti consapevoli. E infatti ci rendiamo tutti conto di essere controllati, spiati, seguiti, monitorati, tracciati, spesso anticipati nelle nostre scelte. Vuoi comprare un paio di scarpe? Sul telefonino ti esce la pubblicità della tua marca preferita. Stai uscendo di casa? Sul telefonino ti esce la strada che dovrai fare, anche se tu potenzialmente non hai ancora deciso dove andare… Non ci facciamo più caso, ormai. O se ci facciamo caso, tendiamo a sottovalutare il rischio perché non possiamo e non vogliamo rinunciare alla comodità degli strumenti che usiamo tutti i giorni. In effetti: come potremmo farne a meno? Impossibile. Ma quella comodità, cui non possiamo né vogliamo rinunciare, è diventata la nostra trappola. Una trappola infernale dentro cui siamo avvolti ogni giorno di più, chiedendo sempre più servizi, sempre più aiuti, sempre più comodità, con l'illusione che sia tutto gratis. E invece non è gratis. Anzi. Ci costa caro. Ci costa tantissimo. Ci costa la rinuncia alla cosa più preziosa che abbiamo: la nostra identità, la nostra privacy, la nostra sicurezza. L'abbiamo barattata per un po' di comodità in più. E non sappiamo come tornare indietro. Ci volevano dei rider incazzati per mettercelo violentemente davanti agli occhi.
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
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Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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