2018-12-26
L'attentato a Tripoli dopo la visita di Conte? Segno che l'Italia è sulla strada giusta
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Ancora caos in Libia, di nuovo un grave attacco terroristico (quasi certamente di marca Isis), ma in fondo - pur in un quadro caotico e inevitabilmente fragile - la conferma di una buona scelta tattica dell'Italia: quella di puntare al consolidamento dell'intesa con il generale Khalifa Haftar, che sembra ormai aver scelto Roma (e l'Eni) come interlocutori e partner, con gran nervosismo della Francia di Macron. Mentre la Tripolitania pare divenuta una sorta di ventre molle, di terra di nessuno, fatalmente esposta a incursioni terroristiche e provocazioni. Ieri mattina, giorno di Natale, verso le 9, un nucleo di terroristi (probabilmente cinque uomini) ha tentato di fare irruzione nella sede del ministero degli Esteri libico, a Tripoli. Ne è scaturito un conflitto a fuoco con la guardia presidenziale, e in quel momento si sono udite esplosioni. Secondo le ricostruzioni, almeno due terroristi si sarebbero fatti saltare in aria per agevolare l'incursione degli altri uomini della cellula. L'operazione non è riuscita, ma il conto delle vittime resta pesante: almeno otto morti (inclusi i cinque uomini del terrore) è una decina di feriti. La cellula sarebbe legata all'Isis, e proveniente dall'area subsahariana: la stessa matrice degli uomini coinvolti nell'attacco contro la National oil corporation alcune settimane fa. Per comprendere il significato di questo fatto di sangue, vale la pena di sintetizzare la complessa situazione libica. In un quadro di tribalismo esasperato, a Tripoli ha sede il Governo di unità nazionale guidato da Fayez Al Serraj, scelto come interlocutore dall'Italia quando al Viminale sedeva Marco Minniti (e rivelatosi sempre meno saldo), mentre Khalifa Haftar ha consolidato il suo ruolo di uomo forte nella Cirenaica. Proviamo a ricapitolare - anche retrospettivamente - il ruolo di Usa, Italia e Francia. Cominciamo da Washington. Il 30 luglio scorso, incontrando Giuseppe Conte alla Casa Bianca, Donald Trump aveva molto valorizzato una possibile leadership italiana in Libia e Nord Africa, un duro colpo d'immagine per la grandeur francese. Ciò che tuttora preoccupa gli Usa, ovviamente, è che il caos sia funzionale al radicamento del terrorismo islamista. Il governo italiano non è apparso immediatamente reattivo nel puntare sull'interlocuzione con Haftar. E infatti, nel corso dell'estate, Emmanuel Macron aveva tentato il colpaccio alle nostre spalle. Si ricorderà che la Francia era stata molto vicina in passato a Haftar, antagonista di Serraj, e che la scorsa primavera Macron aveva organizzato una conferenza a Parigi ipotizzando elezioni in Libia già per il 10 dicembre. Il piano francese era pericoloso e perfino avventuristico: imporre elezioni-lampo in un clima di confusione. In autunno, l'asse Washington-Roma ha fortunatamente stoppato queste velleità.In sede Onu, la posizione prevalsa, diversa dai desideri francesi, è stata quella - più ragionevolmente - di rivedere il calendario, guadagnare tempo, e consentire una futura prova elettorale non nel caos, ma all'interno di un quadro istituzionale più strutturato e meno confuso. E, con una correzione di rotta quanto mai opportuna, il governo italiano ha contemporaneamente irrobustito l'interlocuzione con Haftar: la conferenza di Palermo, diversi incontri dello stesso Conte con Haftar, un ruolo attivo dell'Eni, la prospettiva di importanti accordi petroliferi. E, si intuisce, anche un possibile ok italiano alla condizione posta da Haftar per tenere elezioni entro giugno 2019 (e accettare che, da qui ad allora, resti il pur fragile governo Serraj): realizzare una sorta di unificazione delle forze armate, affidandone la guida proprio a lui, Haftar. La posta in gioco è altissima: è ovvio che chi governerà la Libia in futuro, oltre a disporre di ingentissime risorse energetiche, potrà anche gestire il "rubinetto" dell'immigrazione e degli sbarchi verso le nostre coste. Con tutte le conseguenze che ciascuno può immaginare.L'equazione per l'Italia ha un numero elevato di incognite: rendere sempre più fruttuoso l'asse con Haftar, evitare colpi di coda francesi, non farsi coinvolgere nella crescente fragilità della Tripolitania, e naturalmente tenere altissima la guardia rispetto al terrore islamista, visto che l'attentato di ieri è avvenuto a cinquecento metri dalla nostra ambasciata. media0.giphy.com