2021-10-21
L’assalto alle farmacie per i tamponi fa cedere Figliuolo sugli orari extra
Francesco Figliuolo (Ansa)
Altro che spinta ai vaccini, le file chilometriche costringono il generale ad accogliere le richieste del settore e a concedere aperture eccezionali volontarie. Il premier intanto non fissa soglie per la fine dell'emergenza.Lo sfondamento di quota 100 milioni di card non sancisce l'aumento di nuovi vaccinati Il numero dei certificati verdi è spinto da chi si paga i test e da chi fa il booster.Lo speciale contiene due articoli.Farmacie aperte oltre l'orario di servizio e anche nei giorni previsti di chiusura per far fronte alle richieste di tamponi da parte dei cittadini senza prenotazioni. Il commissario straordinario, Francesco Figliuolo, sentito il ministero della Salute, ha accolto la proposta della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi) e ha chiesto alle Regioni di agevolare le farmacie la cui adesione sarà comunque su base volontaria (previa comunicazione alle aziende sanitarie locali e ai Comuni). È quindi ancora troppo presto per sapere quanti farmacisti risponderanno alla chiamata. La richiesta del generale Figliuolo va però in una nuova direzione rispetto a quella vista finora, ovvero agevolare i tamponi. Bisogna infatti fare i conti con la realtà, ovvero che l'introduzione del pass obbligatorio per lavorare non sembra per il momento aver scalfito lo zoccolo duro degli italiani che ancora non hanno ricevuto la prima somministrazione. La spinta tanto attesa non c'è stata, come scrive da giorni questo giornale mentre altri ieri si sono svegliati tutti sudati leggendo i dati. Inequivocabili. Le prime dosi di vaccino somministrate sono in calo, mentre aumentano le terze dosi: i dati di lunedì e martedì fotografano il sorpasso dei booster e dei richiami (suggeriti al momento per over 60, fragili e sanitari), sulle prime dosi, per le quali si registra un rallentamento dopo l'assai timida crescita delle scorse settimane. Lunedì 18 ottobre sono state somministrate 47.360 prime dosi (circa 10.000 in meno rispetto alla media della settimana precedente) e 50.392 terze dosi (20.000 in più rispetto a sette giorni prima). Sorpasso confermato e rinforzato martedì, con quasi 37.000 prime dosi e 55.800 terze dosi. I primi due giorni della settimana scorsa il rapporto era invertito, con 54.000 e 58.000 prime dosi a fronte di 38.000 e 42.000 terze dosi. In generale, il 74,4% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Il 3,80% è in attesa di seconda dose. Complessivamente - contando anche il monodose e i preinfettati che hanno ricevuto una dose - è almeno parzialmente protetto il 78,2% della popolazione italiana. Considerando solo gli over 12, oggetto della campagna vaccinale, la percentuale di almeno parzialmente protetti è del 85,8% mentre l'81,63% è completamente vaccinato. L'ultima media mobile a sette giorni di «vaccinati» ogni giorno in Italia è di 74.374. Di questi, 70.341 hanno fatto la seconda dose, 484 il monodose, 3.549 sono «pregresse infezioni». La domanda che si fa gran parte degli italiani è quando finirà davvero lo stato d'emergenza, finora fissato al 31 dicembre, e se esiste una soglia superata la quale sarà possibile allentare le misure sul pass obbligatorio per chi lavora. Nei giorni scorsi lo stesso Figliuolo ha detto che, secondo lui, questa possibilità si presenterà solo «quando raggiungeremo il 90%« (senza però precisare se la percentuale è riferita alla popolazione generale o a quella vaccinabile ovvero agli over 12). Ma ha poi rimandato la scelta ai decisori. «Se i comportamenti continueranno a essere responsabili e le curve confermeranno l'andamento, il governo penserà a qualcosa che potrà andare verso un alleggerimento delle misure». Di certo, per arrivare al 90% con l'attuale ritmo di vaccinazioni, ci vorrebbero due mesi.Ieri però Mario Draghi, davanti al Parlamento non ha parlato di soglie. Anzi. In Senato ha citato lo «sforzo straordinario» dell'Italia nella campagna di vaccinazione, tanto da superare la media europea, aggiungendo che la curva epidemiologica «è sotto controllo grazie al senso di responsabilità dei cittadini e questo ci permette di mantenere aperte le scuole, le attività economiche e i luoghi della nostra socialità». Poi, però, nella replica in Aula alla Camera, ha evocato il Regno Unito che, «abbandonata ogni cautela si trova di fronte a 50.000 contagi giornalieri e 200 morti. Questo ci insegna che bisognerà uscire con gradualità». E ha sottolineato che «dopo 132.000 morti bisogna fare in coscienza tutto il possibile e quello che è necessario». Nessun accenno al livello da raggiungere per dichiarare l'uscita dall'emergenza, nessuna valutazione costi-benefici del certificato per i lavoratori. Il premier ha preferito usare le parole «graduale» e «necessario». Si va verso una proroga? La sensazione è quella. Intanto lo stesso Draghi ieri ha detto anche che «dal decreto con l'estensione nei luoghi di lavoro le prime dosi di vaccino sono cresciute del 46% rispetto al trend atteso dal 16 settembre». Rilanciando quanto riportava l'Ansa giovedì scorso riportando una stima basata - «a quanto apprendeva» la stessa agenzia - sui dati aggiornati in possesso della struttura commissariale. E che calcola 559.954 prime dosi in più legate alla certificazione verde. Le rilevazioni, veniva aggiunto, «sono relative al periodo tra il 16 settembre e 13 ottobre: senza il green pass le prime dosi attese erano 1.208.272; con l'approvazione dell'obbligo si sono invece registrate 1.768.226 prime somministrazioni». Draghi ieri ha citato proprio quel 46% senza però chiarire, ancora, i dubbi sollevati nei giorni scorsi dalla Verità: come si arriva ad affermare che «senza il green pass le prime dosi attese erano 1.208.272»? Sulla base di quali previsioni o statistiche? E da dove arriva la certezza che tutte le prime dosi in più somministrate tra il 16 settembre e il 13 ottobre siano effetto del certificato verde? Quanti dei nuovi vaccinati non si sarebbero comunque fatti inoculare la prima dose a prescindere dal green pass o hanno preferito programmare il vaccino al rientro dalle ferie estive? Tra l'altro, ha preso il volo anche la domanda di tamponi antigenici rapidi documentando indirettamente l'esistenza di una fascia di popolazione non intenzionata a vaccinarsi. E ora si fanno più terze che prime dosi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lassalto-alle-farmacie-per-i-tamponi-fa-cedere-figliuolo-sugli-orari-extra-2655330374.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-terza-dose-gonfia-la-conta-dei-pass" data-post-id="2655330374" data-published-at="1634755496" data-use-pagination="False"> La terza dose gonfia la conta dei pass I green pass sfondano quota 100 milioni, titolavano le agenzie di stampa qualche giorno fa. Alimentando la narrazione del «tutto va bene, madama la marchesa» sull'effetto del certificato obbligatorio per i lavoratori pubblici e privati. «Il green pass è un pezzo fondamentale della strategia del governo ed è uno strumento che gli italiani stanno usando massicciamente, essendo 103 milioni quelli scaricati a stamani», ha detto ieri anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, rispondendo al question time alla Camera. Attenzione, però, a come si danno i numeri. Anche un otto può sembrare l'infinito se viene mostrato nel verso sbagliato. Se si guardano le cifre dal verso giusto si scopre subito che nel solo giorno del 13 ottobre sono stati emessi 563.186 green pass, ma la maggior parte dei quali (369.415) in seguito a un tampone. Il 14 ottobre, sono stati emessi 632.802 green pass in seguito a tamponi, e 223.165 a vaccinati (più 4.127 a persone guarite dalla malattia). Il 15 ottobre, quando è entrato in vigore l'obbligo per lavorare, sono stati 208.831 i certificati ai vaccinati, 4.381 ai guariti e ben 653.827 ai tamponati. Nei giorni successivi, stessa musica: il 18 ottobre sono stati addirittura 130.170 i pass emessi in seguito al vaccino, contro 914.702 in seguito a tamponi (e ieri 203.719 contro 598.183). Certo, sarà nelle prossime settimane che le «fette» potrebbero cominciare a cambiare se e quando in molti si stuferanno di pagare fior di quattrini per farsi il tampone ogni due giorni. Ma fa sorridere chi ieri scriveva «l'effetto green pass si sgonfia» o «si raffredda», quando mai si è davvero gonfiato? E quando si è scaldato? Prima del 15 ottobre - ha registrato Pagellapolitica.it - si facevano circa 300.000 test al giorno (media settimanale), ma il 14 ottobre i test fatti sono saliti a 633.000, il giorno dopo a 654.000 e il 16 ottobre a 560.000, poi scesi il 17 ottobre a 262.000. Un aumento dei pass c'è stato, ma come abbiamo visto, spinto dalla crescita del numero di tamponi rapidi eseguiti giornalmente (tra il 15 e il 17 ottobre ne sono stati notificati 1,05 milioni, contro i 595.000 dei corrispondenti giorni della settimana precedente). Non solo. C'è un altro dettaglio che fa perdere colpi alla narrazione relativa all'effetto del green pass obbligatorio sulle vaccinazioni. Osservando le cifre sui certificati emessi nelle ultime settimane vanno considerati anche i nuovi pass per chi ha fatto la terza dose. In base ai dati aggiornati alle 61,3 di ieri mattina parliamo di 700.623 persone che hanno ricevuto la somministrazione di un richiamo o del booster partita il 20 settembre per la categoria dei cosiddetti «immunocompromessi». Ebbene, abbiamo verificato con chi ha ricevuto il terzo shot sia il numero progressivo che compare sul nuovo green pass valido per altri 12 mesi, sia il numero identificativo: sono diversi. Quindi ci troviamo di fronte a una moltiplicazione dei certificati che per alcuni soggetti sono contati due volte. La prima per la doppia dose e poi, con l'arrivo del nuovo certificato, dopo la terza. È anche usando questi piccoli escamotage che si toglie credibilità alla campagna vaccinale, come quando si gonfiavano i dati sull'occupazione qualche anno fa.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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