2021-12-29
«Lascienza» seppellisce il pensiero scientifico
Giulio Giorello, filosofo della scienza, ed Emanuele Severino, uno dei più noti pensatori italiani (Getty Images)
La comunicazione ufficiale durante la pandemia si basa sempre su assunzioni apodittiche, e chiude gli occhi di fronte alla montagna di «verità» regolarmente smentite dai fatti. Un approccio antitetico a quello indicato da maestri del dubbio come Giulio Giorello o Emanuele Severino.Lo ha veramente «detto la scienza»? Ma fateci il piacere. Le certezze propinate a tutte le ore dagli autoproclamatisi esperti di pandemia, se le sottoponiamo a un esame critico, si rivelano prive di autentico fondamento scientifico. Possiamo chiamarne a testimoni due filosofi autorevoli come Emanuele Severino e Giulio Giorello. E, in aggiunta, anche i numi tutelari del pensiero liberale Popper e Hayek. Visioni del mondo assai diverse, le loro, ma su un punto concordi: la scienza non è ciò che gli ideologi delle inoculazioni vogliono farci credere.Se fossero in vita, anzitutto i quattro smentirebbero l’ideologia totalitaria e disinformante dietro la quale i conformisti di ogni colore si trincerano con sentenze del tipo: «lo ha detto la scienza», «bisogna ascoltare la scienza», «chi sceglie di non immunizzarsi va contro la scienza», e simili. Il punto è che la scienza è una cosa diversa da quello che credono. Non è una fede, e tanto meno una clava da usare contro chi dissente. Al massimo, visto l’uso che se ne fa nei discorsi politici, potrebbe essere considerata un tranquillante destinato a chi ignora le fondamenta stesse della libera ricerca.La quale, come sa bene chi pratica il principio liberale del «fallibilismo» propugnato da Hayek e Popper, poggia sul sistema del «trial and error», cioè procede per tentativi, attraverso modifiche e smentite. Di più: non vi è nulla di scientifico in una teoria, e tanto più in un sistema di cura, se esso non può essere «falsificato», cioè non è sottoponibile alla prova dei fatti. E i fatti, per natura, sfuggono alle definizioni assolute, e regolarmente inducono a prendere atto di ciò che contraddice le premesse (nel nostro caso le reazioni avverse ai vaccini, il grado e la durata della protezione, il metodo di classificazione dei casi e di elaborare le statistiche, le ipotesi sulla durata dell’infezione, le cause e lo sviluppo delle varianti, la validità delle cure alternative, gli effetti a lungo termine delle inoculazioni, eccetera). Senza contare il principio fisico di indeterminazione teorizzato da Heisenberg, secondo il quale il solo prendere in esame un oggetto finisce per modificarlo, e quindi la ricerca non può basarsi che su un calcolo teorico di probabilità.Nel caso di Giulio Giorello, filosofo laico della scienza ed erede della cattedra di Ludovico Geymonat, ecco una definizione del metodo scientifico: «L’uomo formula delle idealizzazioni, quando compie il tentativo di interpretare e capire la natura». Sicché lo scienziato può procedere soltanto «eliminando gli accidenti, cioè gli impedimenti della materia»: in altre parole, costruisce una sua ipotesi che non è la realtà, ma qualcosa che lo aiuta a comprenderla, e soltanto fino a prova contraria.Dunque, la ricerca scientifica sui vaccini - come è sotto gli occhi di tutti - è soggetta a continue correzioni e può proporre soltanto ipotesi, non certezze. Eliminare la discussione con lo slogan «lo dice la scienza» è la negazione della scienza stessa.Quanto a Emanuele Severino, probabilmente il più famoso filosofo italiano del Novecento, la sua diagnosi è più vasta e radicale: «La tecnica della comunicazione scientifica», afferma, «finisce per trasmettere, innanzitutto, non questo o quel messaggio, ma la propria potenza di trasmetterli». Il che spiega a sufficienza come sia possibile che esperti di vario genere, rilanciati continuamente e acriticamente dai media, non ammettano repliche e ripetano all’infinito, a tutte le ore e in tutte le occasioni possibili, le loro sentenze, presentandole come distillati di verità.I giudizi di questi filosofi dovrebbero essere sufficienti a mettere sull’avviso chi ignora la materia in discussione, e indurre gli ideologi della vaccinazione obbligatoria a riflettere prima di sparare «verità assolute e incontrovertibili». Il castello ideologico dei vaccinisti si fonda sulla sabbia, e la politica ne fa un uso del tutto strumentale. Uomo informato, allora, è già mezzo salvato.