
Svezia, Regno Unito, Francia. Crescono i casi di stupro da parte di migranti. Eppure chi osa denunciare è accusato di «odio».Il 23 marzo sito Breitbart ha dato la notizia che nove stupri di gruppo su dieci in Svezia, capitale europea delle violenze sulle donne, sono compiuti da «migranti», principalmente del Nord Africa, del Medio Oriente e del sub-Sahara musulmano. La reazione a queste notizie del governo svedese, costituito in maggioranza da donne, è stata ritenere che le donne svedesi, per razzismo, denuncino più stupri compiuti da immigrati di prima, seconda, terza o quindicesima generazione che non quelli degli svedesi purosangue. Il Consiglio nazionale svedese per la criminalità ha ufficialmente affermato che «la forte sovrarappresentazione degli immigrati nelle statistiche sugli stupri potrebbe essere dovuta al fatto che è più probabile che le donne svedesi segnalino gli immigrati per stupro piuttosto che denunciare uomini svedesi».Quindi se si denuncia uno stupro da parte di un immigrato, come molte donne svedesi stanno facendo, si rischia l'accusa di razzismo. E si rischia il solito incubo di ogni donna stuprata: non essere creduta, essere messa sotto accusa. Il tuo nome finirà sul giornale, il tuo non quello del tuo aggressore. Tutto il quartiere saprà che sei «razzista» e gentili persone te lo ricorderanno con bigliettini sulla porta o sulla tua pagina Facebook.Il 3 marzo il Daily Mail ha scritto che sull'isola spagnola di Gran Canaria quattro «migranti» musulmani del Nord Africa hanno stuprato in gruppo una donna di 36 anni di origini irlandesi. I quattro vivevano accampati in un parco pubblico e l'incauta signora si è fermata per chiedere se avessero bisogno di aiuto, di cibo, di medicinali o di qualsiasi altra cosa. Pare che i quattro gentiluomini fossero arrivati via mare, accolti inizialmente negli alloggi della Croce Rossa da cui sono stati poi cacciati perché non rispettavano nessuna regola. Molto più importante della notizia in sé, è constatare come ci sia stato da parte delle autorità un preciso tentativo di insabbiamento, esattamente come per la Svezia, esattamente come ci fu un preciso tentativo di insabbiamento dopo quello che è passato alla storia come lo stupro di Colonia, migliaia di donne aggredite nella notte di Capodanno 2016. La violenza di uno stupro di gruppo è indescrivibile: il trauma non è risolvibile. Lo stupro di gruppo è di una tale violenza che deve essere considerato, a prescindere, uno stupro etnico.il giudice musulmanoSarah Champion, una politica laburista e deputata di Rotherham è stata accusata di «sventagliare le fiamme dell'odio razziale» e «agire come un assassino neofascista». Ha osato commentare l'episodio atroce di un gruppo di uomini pachistani che, per un tempo incredibilmente lungo, circa un anno, hanno aggredito sessualmente e seviziato più di un migliaio di ragazzine «bianche» («puttane bianche» è la definizione degli aggressori) affidate ai servizi sociali. Si trattava sempre di stupri di gruppo, spesso accompagnati da sevizie fisiche. Le denunce delle ragazzine sono state sistematicamente ignorate perché considerate l'esito di «stereotipi razzisti». Meglio infischiarsene di una piccola vita distrutta che rischiare un'accusa di razzismo. Il Programma anti estremismo del Regno Unito «combatte islamofobia e razzismo» e cava gli occhi a chi osa dire la verità. Una delle ragazzine, in un articolo dell'aprile 2020, dichiarò di essere stata violentata almeno un centinaio di volte dalla banda di pachistani e che al tempo subiva aggressioni continue in quanto accusata di razzismo. La banda fu fermata finalmente nel 2016 per azione di un giudice di origine musulmana, onore a lui, l'unico che non si è fatto fermare dalla paura dell'accusa di razzismo. Gli accusati in tribunale ribadirono che le ragazzine erano tutte puttane e urlarono orgogliosamente «Allah Akbar». In Francia, episodi analoghi sono descritti nel libro La France orange mécanique di Laurent Obertone. Anche qui spesso il poliziotto o il magistrato che interviene è di origine extraeuropea quando non direttamente islamica, perché non è paralizzato dal timore dell'accusa di razzismo. Questo grandissimo numero di islamici integrati è sempre più danneggiato dal fiume di denaro dato alle formazioni integraliste, e dalla tenerezza con cui vengono trattati dalla legislazione europea gli appartenenti al jihad, perché, come hanno spiegato i gentiluomini di Rotherham al loro processo, l'aggressione alla donna del «nemico» fa parte del jihad. Non è un problema di criminalità spicciola, ma un dannato problema politico-religioso.La dualità non è bianco o nero. La dualità è islamico integralista e non islamico. Una donna occidentale nella mentalità islamica integralista, dato che non porta il velo, è aggredibile, ma soprattutto l'aggressione alla donna non islamica è prescritta. Per una forma di idiozia con il termine razzismo si intende solo bianchi verso colorati, non l'inverso, e sempre per una curiosa forma di idiozia si tende a ignorare che nella cultura islamica integralista noi siamo terra di guerra.portare il veloL'islam non è scindibile dal jihad. Il jihad, guerra santa, è il cuore della storia e della civiltà islamica. Dottrina elaborata dalla giurisprudenza nell'VIII e IX secolo, non è stata mai più messa in discussione, né può essere messa in discussione, poiché si basa su uno schema preciso e intoccabile, che divide il mondo in tre parti: «Dar al islam» o territorio dell'islam. Il «dar al harb» o terra di guerra, che è la parte del mondo popolata degli infedeli. La terra degli infedeli è il luogo nella quale la guerra è obbligatoria finché essi rifiuteranno di riconoscere la sovranità islamica. Questi siamo noi. «Dar al-Sulh» è il nome delle regioni dove agli infedeli è concesso di vivere, purché paghino un tributo in denaro e in sottomissione, riconoscendo la propria situazione di sottomessi («dhimmi»). Nel Corano è specificato che un uomo può prendere con la violenza la donna del nemico del «dar al harb», cioè in guerra.Ignorare tutto questo da parte di assistenti sociali, insegnanti, giornalisti, magistrati, uomini di governo è idiozia o c'è qualche soldino in petrodollari che si è depositato sui loro conti correnti? Perché le donne islamica che entra in politica, in genere Partito democratico, o che fa la giornalista o anche nelle pubblicità è sempre una donna con il velo? Moltissime donne islamiche non lo portano. Portare il velo o non portarlo non è un gesto da poco. Non portare il velo in molte nazioni del globo può causare una condanna a morte, inclusi posti come l'Arabia Saudita, che fa parte della commissione Onu diritti dell'uomo, o l'Iran dell'ayatollah Khomeini che fa parte della commissione Onu diritti delle donne (non è una battuta). Come spiegava l'economista Carlo Maria Cipolla il numero degli imbecilli è sempre approssimato per difetto, ma è veramente possibile che questa serie di benevoli «antirazzisti», che calpesta il dolore più atroce subito delle donne, non si renda conto che stanno incentivando l'islam peggiore a scapito dell'islam migliore che esiste e che è sempre più tra l'incudine e il martello?
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.
Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.











