2025-01-03
La Balena bianca di Prodi si mangia Landini
Andrea Riccardi e Maurizio Landini (Ansa)
Il progetto dell’ex premier che punta su mister Fisco Ruffini per riunire le anime cattocomuniste ha spiazzato il leader della Cgil. Il sindacalista voleva federare un’area che parte dalle Acli e Sant’Egidio e arriva fino ad Anpi e Cobas, ma è finito in un cul de sac.Non gli si può certo rimproverare di essersi mosso in ritardo. Maurizio Landini, il segretario della Cgil che è allergico alla firma di qualsiasi accordo o contratto e che ha fatto del movimentismo a prescindere la cifra del suo impegno politico prima che sindacale, sta tessendo la tela da tempo. Ci sono stati i convegni e la marcia per la pace che l’hanno avvicinato alla comunità di Sant’Egidio e al suo fondatore, l’ex ministro montiano per la cooperazione, Andrea Riccardi. Quindi si è creata una consonanza di intenti (il collante è la parola «pacifismo) con il presidente della Cei, il cardinal Matteo Maria Zuppi, culminata (siamo alla fine del 2022) con l’approdo di 5.000 attivisti del sindacato in Vaticano: la prima visita della Cgil (che tanti malumori ha provocato all’interno della confederazione) dal Pontefice. E mai si è interrotto il legame con le Acli, le associazioni cristiane dei lavoratori italiani, alle quali il segretario della Cgil ha fatto visita all’indomani dello sciopero flop del 29 novembre che, però, il nostro ha spacciato come un grande successo. L’ambizione di Landini è diventare il perno che lega questa base cattolica e il suo movimentismo. Quello di una fetta della Cgil, certo, ma anche dei Cobas. Quello dell’Anpi, ma anche dei collettivi studenteschi, dai quali comunque, in più di un’occasione, è stato «respinto» con perdita. Ma ci sta, fa parte del gioco, o se preferiamo del progetto-guazzabuglio, che nelle ambizioni dell’ex Fiom avrebbe dovuto portare a una sorta di nuovo «partito» cristiano sindacale. Landini, però, oltre a non aver fatto i conti con i voti, se prendiamo singolarmente le varie sigle di questa potenziale alleanza non ce n’è nessuna che sposti preferenze, non pensava che in campo potessero scendere i pesi massimi. Non si aspettava che la sua stessa idea potesse arrivare dal centro e da soggetti politici che per quanto attempati e azzoppati da mille battaglie combattute e spesso perse hanno un altro spessore da federatori. Vuoi mettere, insomma, che sia Romano Prodi a porsi come link tra i cattolici democratici del centrosinistra, gli ex Ppi e le forze di più marcatamente rosse, piuttosto che Maurizio Landini, il sindacalista che non è riuscito a tenere insieme neanche Cgil, Cisl e Uil? Se da una parte c’è l’inventore dell’Ulivo e dall’altra il denigratore di Marchionne, la partita non inizia nemmeno. Ecco perché Comunità Democratica, il convegno messo in piedi da Graziano Delrio (18 gennaio a Milano) al quale parteciperanno Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti, oltre all’ormai ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini che essere il frontman dell’operazione Balena bianca, rischia di diventare il de profundis del sogno politico di Landini. Al di là degli interventi dell’ex premier (da remoto), Ruffini e Castagnetti - spiegava un’agenzia Ansa di qualche giorno fa - Comunità democratica ha creato una rete di studiosi e docenti che faranno da think tank per avanzare proposte concrete sui temi dell’agenda politica. Nomi? Ci sono professori come Leonardo Becchetti, Elena Granata e Mauro Magatti, ma è previsto anche un panel con i rappresentanti delle diverse associazioni del laicato cattolico, dalle Acli fino ad arrivare appunto alla comunità di Sant’Egidio. «Non vogliamo spazi di potere», evidenziava con il solito basso profilo di facciata, l’ex ministro Graziano Delrio, «ma dare un contributo di proposte e idee sui grandi temi del nostro Paese. Dopo le elezioni europee non sono in vista altri appuntamenti elettorali nazionali, noi siamo intenzionati quindi a farci sentire su questi temi, ma anche su temi etici».Insomma, al di là delle scarse possibilità di successo di un progetto che sembra nascere più sulle ali della disperazione per la crisi della sinistra e i successi della Meloni, di sicuro Prodi, Ruffini & C. hanno drenato l’acqua che Landini aveva faticosamente portato la suo mulino. Mesi di convegni, manifestazioni, cortei e scioperi a prescindere per niente. Anche perché se al centro il muro si chiama Prodi, a sinistra le barricate le ha ben posizionate la Schlein. Tutto si potrà dire al segretario del Pd, tranne che non abbia spostato il suo partito sempre più a sinistra. Eccezion fatta per l’allergia a parlar male di Stellantis e degli Elkann (caratteristica che la accomuna peraltro al leader della Cgil) sui temi etici, economici e politici (dall’immigrazione fino all’autonomia e al salario minimo) i dem non hanno praticamente più nulla di riformista. E così per il sindacalista che ama presenziare nel talk show anche quello spazio di azione è sfumato. Respinto al centro e stoppato a sinistra, Landini rischia di doversi accontentare del minimo sindacale: uno scranno in Parlamento che come insegna la storia, la sinistra non ha mai negato ai segretari della Cgil.
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