2021-09-10
Lamorgese spiegherà alle Camere perché ha chiuso gli occhi sul rave
Il ministro riferirà in Aula sull’incredibile «scorta» che le forze dell’ordine hanno prestato ai partecipanti del droga party di Ferragosto. Ormai è fuori discussione l’inerzia, ammessa anche dagli stessi funzionariIl ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha deciso di riferire in Aula sui fatti legati al rave party illegale andato in scena, a cavallo di Ferragosto, nelle campagne di Valentano in provincia di Viterbo. Dopo il forte impatto mediatico e le polemiche di quei giorni, come spesso accade, la vicenda sembrava chiusa. Invece, grazie alle inchieste della Verità, il caso è tornato prepotentemente alla ribalta. Il fulcro della questione riguarda l’apparente leggerezza con la quale il Viminale ha gestito l’ordine pubblico e la sicurezza nei momenti antecedenti l’inizio della grande festa illegale durata sei giorni (con tanto di morto).Nella nota trasmessa dalla prefettura di Viterbo all’Ufficio di gabinetto del ministro è stata ricostruita, attimo dopo attimo, l’intera vicenda che, come vedremo, evidenzia l’inerzia del Dipartimento di pubblica sicurezza che ha sottovalutato l’allarme diramato dai carabinieri e dalla polizia stradale di ben tre province, Livorno, Grosseto e Viterbo. Gli agenti della polizia stradale di Cecina si sono imbattuti in una strana colonna di camper (una quarantina), che in fila indiana si dirigevano verso Grosseto. Si sono mobilitati anche i carabinieri chiamati a supporto dei colleghi. Nonostante fosse anomala una massa così elevata di mezzi, dopo i controlli di rito, sarebbero arrivati ordini precisi: «Monitorare il traffico non bloccarlo». Auto della polizia e dei carabinieri, in sostanza, hanno seguito il serpentone di veicoli fino al confine tra Toscana e Lazio senza domandarsi - questo è davvero inusuale - dove si stessero dirigendo.Un informatore però ha fatto scattare l’allarme: «Stanno per dare vita a un gigantesco rave party nei pressi di Valentano». La catena di comando, anche se a ridosso del Ferragosto, sarebbe dovuta intervenire mandando rinforzi e bloccando le colonne di mezzi che si erano dati appuntamento sulle sponde del laghetto di Mezzano. Su questa scarsa efficacia dell’azione del Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale sono puntati i fari dell’opposizione e non solo. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha tirato in ballo la Lamorgese: «Fratelli d’Italia ha chiesto un’informativa urgente in Parlamento del ministro dell’Interno sul mega rave party di Ferragosto sul lago di Mezzano. Pretendiamo risposte chiare e precise sulle notizie pubblicate dal quotidiano La Verità: una gravissima trattativa tra lo Stato e gli organizzatori, l’indicazione alle forze dell’ordine di non intervenire e la “scorta” ai camper e ai mezzi diretti al rave. Se tutto questo dovesse essere confermato ci troveremmo di fronte a un fatto senza precedenti e a precise responsabilità del titolare del Viminale per aver consentito che per giorni una parte d’Italia diventasse una zona franca. I cittadini chiedono risposte».Deputati e senatori di Fdi sono i più agguerriti su questa vicenda dai molteplici lati oscuri. Anche la Lega, in testa il leader Matteo Salvini, ha chiesto spiegazioni. Vogliono anche sapere cosa si sono detti il ministro Lamorgese e i referenti locali per l’ordine e la sicurezza pubblica di Grosseto e Viterbo, Matteo Ponziani e Giancarlo Sant’Elia, quando sono stati convocati al Viminale con i prefetti Paola Berardino (Grosseto) e Giovanni Bruno (Viterbo). Perché dalla centrale operativa della compagnia dei carabinieri di Pitigliano ribadivano alle sparute pattuglie dislocate sul territorio che chiedevano supporto «di monitorare il transito e non di bloccarlo»? Può essere credibile che il responsabile di turno al Dipartimento di pubblica sicurezza al Viminale si sia assunto una responsabilità così grande senza aver avvisato il ministro?Luciana Lamorgese, da quando la vicenda del rave illegale è diventata di dominio pubblico, non ha rilasciato dichiarazioni né fornito spiegazioni in merito. Ha lasciato «suoi» uomini in balia di 10.000 scalmanati tra musica assordante, droghe di ogni genere e mancanza assoluta di precauzioni sulla diffusione del Covid. Non ha smentito (del resto, non può farlo) il contenuto del documento in nostro possesso trasmesso dal prefetto di Viterbo. In quelle pagine ci sono nomi, orari, messaggi, riferimenti e azioni che creano imbarazzo a chi, da Roma, ha gestito la crisi. Agenti e militari si sono limitati a eseguire gli ordini, «monitorare» e «osservare» quello che stava accadendo, compresa la vendita della droga in bella mostra su più bancarelle dislocate nei 30 ettari di terreno occupato abusivamente. Il ministro deve risposte anche al sindaco di Valentano e a chi si è fatto carico di bonificare l’area rimuovendo tonnellate di rifiuti. Infine, ultima dolente nota, quella legata ai servizi di intelligence che non sono stati in grado di «intercettare» gli organizzatori e sventare questa sorta di Woodstock in salsa italiana. Chi ha messo in piedi questo evento sapeva che lo Stato sarebbe stato debole, non in grado di intervenire, che l’avrebbe fatta franca? Questa immagine è la cosa più brutta che il ministro dovrà cercare di cancellare giovedì, quando, con tutta probabilità si presenterà in Aula. Ma non sarà per niente facile.