2018-04-07
L’amante in casa, la moglie scomparsa. Ma l’assassino è davvero il marito?
Antonio Logli fu condannato per l'omicidio di Roberta Ragusa. Prove, movente e corpo mancano: l'appello può ribaltare tutto.Sì certo, Antonio Logli quando si presentò a denunciare la scomparsa della moglie aveva il volto graffiato. Con il senno di poi gli inquirenti avrebbero dovuto subito tamponare quei segni. Per capire se erano state le unghie della moglie Roberta Ragusa a lasciarli o gli arbusti del giardino di casa, come il titolare della scuola guida di Gello, in provincia di Pisa, giura da quando Roberta sparì la notte del 12 gennaio 2012. Di errori ne sono stati compiuti tanti in questa inchiesta, tanto che l'esito del processo d'appello contro Logli è imprevedibile.Sì, l'uomo dal ghigno beffardo, dal silenzio ostentato e granitico, il maschio italico che tradiva la moglie con la tata dei figli per portare l'amante a casa quando Roberta sparì, ebbene proprio lui potrebbe essere anche assolto. Ribaltando la condanna a 20 anni inflitta in primo grado. E non tanto perché i figli, a iniziare da Daniele, il primogenito, tra confidenze e lettere alla corte assicurano che papà non c'entra niente con la scomparsa di mamma, quanto perché è un processo minato in molte sue parti, un tavolo che poggia su piedi sghembi che scricchiolano e traballano. In Italia nessuno difende Logli. Ancora, esprime il profilo del perfetto assassino che si libera della moglie stanco delle lavate di testa dell'amante, stretto in una vita insostenibile, bulimico di libertà anche dopo le fughe fuori casa, a cercare prostitute sulle provinciali toscane. Un assassino beffardo che appunto porta a casa l'amante, la tata dei figli, dopo la sparizione della moglie. Ma non bastano i giudizi e i pregiudizi morali, né la viscerale antipatia per sbattere qualcuno un carcere. Servono le prove.Roberta non è mai stata trovata. La si è cercata persino nelle cisterne che si sviluppano sotterranee in paese, nei boschi, all'isola d'Elba, guadando torrenti e trivellando campi, ma niente. E un processo per omicidio senza cadavere può anche concludersi con la condanna dell'imputato, come nel caso di Guerrina Piscaglia (ammazzata dal padre Graziano, stando ai 27 anni di carcere inflitti in primo grado) ma è tutto in salita. Per padre Graziano c'erano prove pesanti, a iniziare dai messaggi partiti dal telefonino dell'amante Guerrina dopo la scomparsa della povera donna. Qui invece non ci sono né la pistola fumante, ovvero l'arma del delitto, né il fumo. Si potrebbe ribattere che ci sono i testimoni, a iniziare da quel Loris Gozi, un giostraio con qualche precedente, che giura di aver visto Logli litigare con una donna per strada fuori casa della coppia, proprio la notte della scomparsa. Ma la testimonianza di Gozi è tardiva e non è certo - al pari di altri testi - dal profilo impeccabile per credere ciecamente a ogni sua parola. I trascorsi personali, di instabilità psicologica per alcuni e di droga per altri, facilitano la difesa di Logli a porre dubbi sull'attendibilità degli stessi. C'è poi un elemento sul quale la difesa di Logli ha speso più riflessioni nei motivi d'appello, ovvero l'atteggiamento del loro assistito. Dopo alcune interviste Logli non ha più e mai parlato. È stato in silenzio davanti ai magistrati e alle telecamere. Un atteggiamento che per i giudici di primo grado potrebbe essere indice di colpevolezza, ma che la difesa sottolinea come essere invece un diritto fondamentale dell'indagato. E come dare loro torto?Gli avvocati fanno il loro mestiere, e ritengono legittima ogni azione dell'imputato meno amato dagli italiani. Anche quando chiede all'amante Sara di distruggere il telefono segreto che utilizzavano per le loro conversazioni appassionate. Per il pubblico ministero è un evidente elemento indiziario, volendo così nascondere i rapporti con l'amante. I difensori di Logli invece avvallano la spiegazione che diede proprio Logli in un primissimo tempo. Logli temeva che la moglie sarebbe tornata, e quel cellulare poteva essere la prova del tradimento, mettendo anche in difficoltà Sara nella comunità religiosa dei testimoni di Geova che frequentava. Da qui l'invito a sbarazzarsi del telefonino. Non era più semplice cancellare le conversazioni compromettenti? Sì, ma il rischio di dimenticare qualche dato o sbagliare era troppo insidioso.Anche sul movente dell'amante, la difesa cerca di giocare bene le sue carte. Giustifica la scelta di Antonio di portarsi l'amante in casa, - fatto che ha fatto strabuzzare gli occhi a mezza Italia - collocando l'unione sotto lo stesso tetto un anno dopo la scomparsa di Roberta, quando ormai Logli non contava più sul rientro della moglie. Una scelta che si sarebbe resa obbligata, visto che Sara era stata sbattuta fuori dall'abitazione dove conviveva con i genitori e allontanata dalle testimoni di Geova. Le serviva un tetto. Ma poi davvero un assassino è così fesso da accasarsi con l'amante dopo aver ammazzato la moglie, richiamando su di sé i sospetti di tutti? Oppure - ci chiediamo noi - è l'astuto gesto proprio di chi, così facendo, sa che nessuno potrebbe ritenere capace anche l'omicida più superficiale di una simile leggerezza? La parola ora passa ai giudici, che dovranno decidere se ribadire la condanna per Logli o dichiararlo innocente.
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola