
Nomine ancora in alto mare: niente accordo su Agcom, Sace e Ansaldo energia.Le impasse parlamentari si fanno anche sentire sulle nomine in cantiere. Entro il 10 luglio l'Aula dovrà decidere chi saranno i prossimi componenti di Agcom e Privacy. Due authority abbastanza delicate. Sicuramente la prima, che in passato è sempre stata osservata speciale da parte di Silvio Berlusconi. Le candidature sono numerose e si muovono ancora in ordine troppo sparso perché i partiti riescano a trovare un accordo di massima. È evidente che bisognerà capire cosa vorrà fare la Lega, sempre più ai ferri corti con l'alleato di governo, i 5 stelle di Luigi Di Maio che puntano ad Agcom anche in un'ottica anti Forza Italia. Nei mesi scorsi per il garante Agcom era circolato il nome di Davide Caparini, attuale assessore al Bilancio della Regione Lombardia, sempre attento durante la sua carriera al mondo della comunicazione. L'ipotesi pare ormai accantonata, non sarebbe disponibile. Al suo posto potrebbe essere candidata Ginevra Feroni, ordinario di diritto costituzionale italiano all'università di Firenze.Il medesimo discorso vale per il Garante della privacy anche se lo schema di nomina è molto diverso rispetto all'Agcom. Qui la scelta può avvenire solo all'interno del perimetro delle candidature avanzate. Si vagliano i nomi e alla fine si fa la sintesi fino ad arrivare a una coppia di nomi per ciascun gruppo o alleanza. Al momento il nome vero è quello di Guido Scorza ed è sostenuto da 5 stelle e Pd. L'esperto di nuove tecnologie, laureato alla Luiss, è approdato al team di Diego Piacentini, e fino al prossimo settembre è responsabile degli affari regolamentari nazionali ed europei di Palazzo Chigi. Da molti definito renziano, è in realtà un tecnico che ama scrivere per testate che vanno dalla Repubblica all'Espresso. Il fatto che sia comunque sostenuto dal Pd in questo momento non sembra certo caratterizzarlo come renziano. Semmai, se venisse nominato, diventerebbe il primo test riuscito di alleanza tra grillini e piddini. Alleanza che non funziona in altri ambiti e tavoli di nomine. Infatti, il tema partecipate, tutto in capo alla maggioranza di governo, resta bollente e soprattutto insoluto. Il mancato rinnovo dei vertici di Sace - controllata al 100% da Cassa depositi e prestiti, azienda che insieme con Simest offre servizi di export per la protezione degli investimenti all'estero e garanzie finanziarie con 114 miliardi di euro di operazioni in 198 Paesi - inizia a farsi sentire sulle nostre aziende, piccole e medie imprese come per le più grandi. I vertici di Cdp e del Mef non sembrano riuscire a trovare la quadra. Fermo anche il rinnovo del cda di Ansaldo energia che dipende sempre da Cassa depositi e prestiti. Nei prossimi giorni si attende un piccolo tassello relativo ad Alfiere, la società che detiene le ex torri di Fintecna all'Eur. Qui non dovrebbero esserci problemi ma tutto è in divenire. Anche se il tentativo adesso è quello di allineare tutti i nomi delle partecipate mancanti e infilare il filotto, assegnando in un colpo solo il nome dei puzzle. Certo, i continui ritardi sulle scelte sono dovuti a numerosi fattori. Alcuni legati alle frizioni fra Lega e 5 stelle e altri alle incomprensioni tra tecnici. Speriamo che la prossima primavera l'impasse in qualche modo sarà superata. Non 2020 toccherà alle vere partecipate pubbliche, quelle di maggiore peso, come l'Eni o l'Enel.
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