2021-08-26
L’allarme degli 007: «È imminente una strage dell’Isis all’aeroporto»
(MARCUS YAM / LOS ANGELES TIMES)
Migliaia di cittadini assediano lo scalo per tentare di sfuggire alla vendetta talebana, ma non c'è tempo di caricarli tutti. Intanto l'intelligence segnala che lo Stato islamico avrebbe inviato 10 kamikaze nella folla. Domani parte l'ultimo volo militare dal Paese, 4.400 tra familiari e collaboratori dell'esercito già rientrati, ma si teme per altri cittadini legati alla missione italiana. Lo speciale contiene due articoli. Quella di ieri è stata un'altra giornata di caos all'aeroporto di Kabul. La deadline del 31 agosto per il ritiro definitivo delle truppe statunitensi e occidentali si avvicina e la disperazione in una parte della popolazione afgana è ben visibile nelle immagini che giungono dallo scalo della capitale. Un video pubblicato ieri su Twitter dal giornalista americano Ian Pannell dell'emittente Abc mostra una folla all'esterno dell'aeroporto: le acque reflue alle ginocchia, in mano cartelloni e documenti, implora di poter entrare. Sono migliaia gli afgani che dà giorni sono lì, nella speranza di riuscire poi a imbarcarsi e fuggire dall'Emirato islamico. Sfidando anche gli annunci dei talebani, che hanno vietato a tutti i cittadini di raggiungere l'aeroporto. Ma allo scalo ci sono intere famiglie accampate. Ieri erano salite ad almeno 82.300, secondo la Bbc e altri media internazionali, le persone evacuate finora dall'Afghanistan da Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi dopo la presa di Kabul da parte dei talebani. Nelle ultime 24 ore i militari americani hanno portato fuori quasi 20.000 afgani. Il dipartimento della Difesa statunitense ha riferito di aver condotto una nuova operazione, la terza, con un elicottero per prelevare un gruppo di circa 20 persone che si trovava all'esterno dell'aeroporto di Kabul. Il Regno Unito, secondo per numero di soccorsi, è arrivato in totale a quota 10.000 da inizio operazioni. Ma la strada è lunga, di fatto impossibile. Infatti, le persone considerate più a rischio (stranieri esclusi) sono circa 300.000, contando soltanto gli ex collaboratori afgani della missione Nato. Portarli fuori tutti entro la scadenza del ritiro, confermata per il 31 agosto, sarà impossibile. Che cosa accadrà dopo è ancora da vedere. I talebani per ora hanno chiesto assistenza tecnica alla Turchia per gestire l'aeroporto di Kabul ma questo si scontra con il ritiro delle truppe. Fatto, quest'ultimo, che «aprirà la strada alla ripresa dei voli civili», ha affermato su Twitter Suhail Shaheen, uno dei portavoce dei talebani e membro del team di negoziazione del gruppo. «Le persone con documenti legali possono viaggiare con i voli commerciali dopo il 31 agosto», ha aggiunto. In questo scenario si inserisce la Germania di Angela Merkel, che durante un intervento straordinario davanti al Parlamento federale, ha sottolineato che il dialogo con i talebani «deve continuare, per salvaguardare le conquiste degli afgani» E nel pomeriggio l'ambasciatore tedesco Markus Potzel, inviato per l'Afganistan che in Qatar sta trattando per la partenza dei civili da Kabul, ha comunicato: «Il capo dell'ufficio politico dei talebani, Sher Abbas Stanekzai, mi ha assicurato che gli afgani provvisti di validi documenti potranno viaggiare su voli commerciali anche dopo il 31 agosto». Vedremo se l'annuncio dei talebani avrà vita più lunga delle loro promesse di approccio moderato. Che si sono sciolte come neve al sole. Tre notizie di ieri a dimostrazione. La prima: secondo quanto riferito dall'agenzia Reuters, i talebani hanno minacciato e picchiato personale delle Nazioni Unite. Sarebbero decine gli episodi di minacce e violenze da parte degli «studenti coranici» registrati dal 10 agosto scorso. La seconda: dall'inizio di maggio più di 400.000 persone sono state registrate come nuovi sfollati a causa dell'intensificarsi dei combattimenti in tutto il Paese. In totale, quest'anno, sono stati sfollati quasi 550.000 afgani, stando alle stime dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari. La terza: fonti della Difesa britannica hanno spiegato alla Bbc che negli ultimi giorni è cresciuto il numero delle persone picchiate dai talebani mentre tentano di raggiungere l'aeroporto di Kabul nella speranza di poter lasciare l'Afghanistan. E secondo le stesse fonti, inoltre, la minaccia terroristica resta alta con «un rischio reale di un attacco» nello scalo. In particolare, preoccupano le minacce poste dallo Stato islamico nel Khorasan, branca afgana dell'Isis. Si tratta di un timore condiviso anche dagli Stati Uniti. «Sappiamo che c'è una minaccia dall'Isis» attorno allo scalo, hanno sottolineato John Kirby, portavoce del Pentagono, e il generale William Taylor. Diversi i media internazionali che ieri citavano le intelligence occidentali, secondo cui un attacco terroristico contro l'aeroporto di Kabul sarebbe imminente. Per compiere l'attacco, secondo un'informativa degli 007 statunitense citata dall'Adnkronos, i militanti avrebbero programmato di utilizzare oltre 10 attentatori kamikaze e numerosi razzi. Intanto, le truppe di Italia, Canada e Australia si stanno già ritirando dall'aeroporto di Kabul, ha comunicato ieri il Pentagono. E non sembra un caso: martedì il presidente Joe Biden aveva fatto riferimento proprio alla minaccia terroristica come una delle ragioni dietro la conferma della scadenza del 31 agosto. Ma c'è anche chi è pronto a dialogare con l'Emirato islamico e dell'evacuazione dei propri cittadini non si sta preoccupando. È il caso della Cina, il cui presidente Xi Jinping ieri ha avuto un colloquio telefonico con l'omologo russo Vladimir Putin. A giudicare da quanto comunicato dai media di Stato, Pechino ha grande interesse nel trovare la sponda di Mosca. Sull'Afghanistan, siamo pronti a «a rafforzare l'interazione e il coordinamento con l'intera comunità internazionale, compresa la Russia» avrebbe detto Xi a Putin. Le mire economiche cinesi sull'Afghanistan sono note. Ma Pechino ha un problema: non conosce bene il Paese. Almeno non quanto Mosca. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lallarme-degli-007-e-imminente-una-strage-dellisis-allaeroporto-2654793993.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-nostri-afgani-intrappolati-a-herat" data-post-id="2654793993" data-published-at="1629927330" data-use-pagination="False"> I «nostri» afgani intrappolati a Herat Domani partirà l'ultimo volo dell'Aeronautica militare italiana da Kabul. Infatti, soltanto gli americani saranno operativi durante gli ultimi quattro giorni, quelli prima della scadenza del 31 agosto ribadita dal presidente statunitense Joe Biden e anche, a mo' di ultimatum, dai talebani. Senza dimenticare che sulle procedure di evacuazione, come sottolineato negli ultimi giorni dall'amministrazione americana, incombe la minaccia di attentati terroristici da parte dello Stato islamico nel Khorasan. Il numero di cittadini afgani tratti in salvo grazie allo sforzo di diplomatici, militari e cooperanti italiani dovrebbero sfiorare venerdì le 5.000 unità. L'ultimo bollettino diffuso dalla Difesa ieri nel tardo pomeriggio forniva i seguenti numeri dell'operazione Aquila Omnia, pianificata e diretta dal Comando operativo di vertice interforze, comandato dal generale Luciano Portolano. Sono 4.400 i cittadini afgani evacuati dal Paese asiatico dall'inizio dell'operazione. Nella giornata di ieri 1.085 persone sono state evacuate da Kabul. Di questi 4.400 (all'interno dei quali rientrano i 228 portati in Italia nel giugno scorso) 3.959 (di cui 921 donne e 1.004 bambini) sono quelli già giunti nel nostro Paese negli ultimi 11 giorni. Circa 400, sono quelli all'interno dell'aeroporto di Kabul in attesa di partire. Giunti a Fiumicino anche 14 bambini disabili del centro Pro bambini di Kabul, cinque suore della missione carità e un sacerdote, tratti in salvo dai militari italiani. Per l'operazione Aquila Omnia sono stati dispiegati otto aerei (tre KC-767 che si alternano tra l'area di operazione e l'Italia e cinque C-130J, dislocati in Kuwait, da cui parte il ponte aereo per Kabul) e sono impegnati oltre 1.500 militari italiani del Comando operativo di vertice interforze su disposizione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Come emerso durante le recenti audizioni del Copasir che hanno coinvolto Elisabetta Belloni, direttore del Dis, Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, e Giovanni Caravelli, direttore dell'Aise, le maggiori difficoltà si riscontrano nell'evacuazione di coloro che hanno collaborato con la missione italiana a Herat, dove aveva sede il nostro quartier generale. Con l'operazione Aquila 1 dello scorso giugno, 228 interpreti afgani sono stati già inseriti nel programma di accoglienza. A quanto risulta alla Verità, quello potrebbe essere stato l'ultimo volo su cui sono stati imbarcati afgani dalla città dell'Afghanistan occidentale. L'operazione Aquila Omnia, infatti, è scattata a Ferragosto, all'indomani della caduta di Kabul nelle mani dei talebani. Ma Herat è stata presa il 12 agosto e, a quanto ricostruito, da allora gli «studenti coranici» hanno cercato di impedire agli abitanti della città di raggiungere l'aeroporto della capitale e da martedì hanno blindato all'accesso allo scalo limitandolo agli stranieri. Fonti diplomatiche confermano alla Verità che i collaboratori diretti del contingente italiano sono tutti già rientrati. Con militari e intelligence italiani confinati nella zona sicura dell'aeroporto, chiunque (anche altri cittadini in vario modo legati alla nostra missione) voglia imbarcarsi su un volo dell'Aeronautica militare deve farsi carico di ogni dettaglio di quello che viene ormai definito un viaggio della speranza, da Herat a Kabul, 1.200 chilometri, in macchina o in pullman, sfidando i controlli dei talebani. Sono pochissimi quelli che sono riusciti nell'impresa negli ultimi giorni.