
Alla moglie del leader spagnolo sono stati contestati due ulteriori capi d’imputazione. Sospettato di molestie l’ex portavoce del movimento di sinistra che sostiene il governo.Due nuove imputazioni per la moglie del premier spagnolo Pedro Sánchez. La signora Begoña Gómez dovrà presentarsi in aula il prossimo 18 novembre, in merito ai reati di appropriazione indebita e di esercizio abusivo di una professione per i quali viene indagata dal giudice istruttore Juan Carlos Peinado, e che si sommano a quelli di traffico di influenze e corruzione nel settore privato. Le nuove accuse partono dalla denuncia fatta dall’associazione cattolica e conservatrice Hazte Oír per presunta appropriazione illegittima di un software sviluppato in favore dell’Università Complutense di Madrid, in cui la Gómez è stata codirettrice di un programma di master. L’appropriazione indebita viene punita con la detenzione da sei mesi a otto anni o con il pagamento di una sanzione, se l’importo in oggetto non supera i 400 euro. Restano dunque accesi i riflettori della giustizia sulla consorte del premier, indagata da mesi per il presunto reato di traffico di influenze e corruzione in affari. Il magistrato titolare dell’inchiesta aveva avviato le indagini sulla base di un esposto presentato lo scorso aprile dall’associazione Manos limpias, in cui si sosteneva che Gómez aveva agito «approfittando del suo status personale» firmando una serie di lettere di raccomandazione a favore dell’uomo d’affari Carlos Barrabés per diversi appalti pubblici, dai quali l’imprenditore avrebbe ricavato 10 milioni di euro di gare. Il presidente Sánchez si era preso cinque giorni di riflessione per valutare se dimettersi di fronte a quella che considerava una «campagna di molestie» contro lui e sua moglie, per poi decidere di restare al governo. Il 19 luglio Gómez si era avvalsa del diritto di non testimoniare. L’accusa di due nuovi crimini da parte del giudice Peinado non preoccupa il premier. In una conferenza stampa dall’India ha assicurato «assoluta serenità» rispetto alla questione. Per Sánchez, tutte le denunce presentate contro la moglie provengono dalle stesse organizzazioni di estrema destra che la accusano «falsamente» e che seguono lo stesso «percorso». La dichiarazione conclusiva è stata: «Dove nulla c’è, nulla si può togliere».Il presidente del governo è intervenuto anche sul caso dell’ex portavoce di Sumar, Íñigo Errejón, accusato di violenza sessuale dal Elisa Mouliaá. L’attrice aveva denunciato la scorsa settimana alla Unità di assistenza alla famiglia e alla donna (Ufam) della polizia di essere stata aggredita sessualmente da Errejon in tre occasioni nel settembre 2021. Il magistrato chiamerà a testimoniare la vittima e il presunto aggressore nei prossimi giorni. Una seconda denuncia per presunte molestie sessuali nei confronti dell’ex deputato di Sumar è stata presentata davanti alla polizia di Marbella da Aída Nízaro, ex concorrente del Grande Fratello. L’ex portavoce ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dalla politica.Dopo aver manifestato «anzitutto assoluto rispetto ed empatia alle vittime che hanno potuto soffrire aggressioni dal signor Errejon», Sánchez ha ribadito la sua fiducia «totale» alla seconda vicepresidente del governo, Yolanda Díaz, per le spiegazioni da lei fornite lunedì sul caso. «Sumar e i suoi partiti politici hanno agito con decisione e fermezza dal primo momento in cui sono venuti a conoscenza», delle accuse, ha detto il premier, decidendo per l’immediata espulsione. La sua volontà è di tenere saldo il rapporto Psoe-Sumar, anche in questo frangente di presunte aggressioni sessuali che indigna l’opinione pubblica spagnola.
Vaccini Covid (Ansa)
Secondo le schede, i preparati evitavano la malattia, non anche il contagio da virus. Ma l’utilizzo di prodotti off-label segue regole infrante dall’allora ministro e da Aifa.
Non solo i cittadini, ma anche medici e farmacisti ingannati. Perché i vaccini Covid somministrati a carico del Sistema sanitario nazionale (Ssn) non sono stati mai approvati per la prevenzione dell’infezione dell’agente Sars-Cov-2 e mai inseriti da Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, nell’apposito elenco previsto dalla legge 648/1996 per quanto riguarda le indicazioni fuori scheda tecnica. È stata violata la norma del farmaco, con un grave danno pure erariale che qualche giudice contabile dovrebbe finalmente degnarsi di prendere in considerazione. «Abbiamo mandato segnalazioni al ministero della Salute, agli Ordini professionali, a Procure, Guardia di finanza ma tutto viene silenziato da anni», denuncia il dirigente di una farmacia ospedaliera del Nord Italia.
Vincenzo Bassi, presidente della Fafce (Ansa)
Ursula von der Leyen chiude i rubinetti alla cattolica Fafce. Carlo Fidanza: «Discriminazione ideologica».
Dica l’associazione candidata se al centro della propria attività figura la promozione della disparità di genere. Se non c’è, niente finanziamenti Ue. È quanto si è vista rispondere la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche europee (Fafce), incredibilmente esclusa dai fondi per progetti europei perché, secondo la Commissione Ue, pone la promozione della famiglia composta da uomo e donna al centro della propria attività e dunque «fornisce informazioni limitate sulla disparità di genere», contravvenendo alle «misure europee per l’uguaglianza».
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...
Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.
Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.






