2021-11-13
Sì vax, no vax: la ragione si perde tra i due estremismi
Silvio Berlusconi e Romano Prodi (Ansa)
Siamo prigionieri di una logica da curva: o veneriamo il sacro siero, o diventiamo no vax e «untori». Il giochino giova al potere: di fronte a distorsioni simmetriche della realtà, qualsiasi abuso potrà esser presentato come un ripristino della ragionevolezzaUn dibattito dovrebbe essere un confronto sui opzioni diverse per affrontare una realtà più o meno condivisa nei suoi termini generali. Ciò cui assistiamo oggi in Italia sulle politiche sanitarie ha perso ogni caratteristica di «dibattito». Si crea una polarizzazione allucinata di estremismi grotteschi e scarsamente rappresentativi, così il potere ha buon gioco a fare da «normalizzatore», qualsiasi cosa decida a pagina 5. Anni fa - era il 2006 - Romano Prodi attaccò Silvio Berlusconi in un dibattito tv divenuto celebre, appiccicandogli un aforisma che il Cavaliere non gradì: «Spesso ci si attacca ai numeri come gli ubriachi si attaccano ai lampioni: non per farsi illuminare ma per farsi sostenere». Curiosamente, nello stesso anno Marco Travaglio pubblicò La scomparsa dei fatti, un libro dedicato a quella che considerava la strategia del potere berlusconiano per occultare notizie sgradite. Il livello del cosiddetto dibattito sulle misure per gestire il Covid sta facendo impallidire sia la frase che il Professore attribuì a George Bernard Shaw sia la tesi del direttore del Fatto: non ci sono più neppure i numeri, e tuttora i fatti non stanno molto bene.Franco Locatelli, capo del Cts, dicendo in conferenza stampa che non ci sono ricoverati vaccinati in terapia intensiva sotto i 59 anni, ha fatto capire come siamo messi: viviamo in una tenzone grottesca tra simulacri, caricature di idee indipendenti da qualunque dato. E in cui una delle due ipotetiche curve da stadio - quella dell'emergenza e dell'assenza di limite a qualunque disposizione sulla libertà delle persone - ha il randello del potere, mentre l'altra - quella dei cosiddetti «no vax» - ne è inconsapevole aiutante. La cosa più inaccettabile è che questi estremi farneticanti non rappresentano quasi nessuno: possono essere spiegati da rispettivi interessi, ma producono nella stragrande maggioranza una sfiducia totale nella possibilità di avvicinarsi alla comprensione di un fenomeno su cui pure tutti si interrogano.Eppure esiste uno spazio immenso tra il «vaccinatevi e non rompete i coglioni» e il «ma quale Covid?». Su queste pagine, ridicolmente accusate di fornire conferme ai pregiudizi del secondo estremismo, si tenta un'impresa che sta diventando improba. Oggi dire che il re è nudo significa indicare col ditino che si può riconoscere l'indubbia efficacia del vaccino nel ridurre effetti gravi della malattia senza chiudere gli occhi di fronte a dati che mostrano come tale efficacia sia decisamente ridotta nel bloccare il contagio. Significa, anche, che non c'è alcuna contraddizione tra considerare i preparati come lo scudo migliore a nostra disposizione in questo momento e far presente che il green pass è una vessazione tra l'inutile e il pericoloso, a maggior ragione se è vero che i sieri «coprono» per pochi mesi.Ancora: affermare l'ovvio, cioè che si contagia e ci si contagia anche in modo serio malgrado ci si sia immunizzati, consente comunque di ritenere molto ragionevole, sopra una certa soglia di età, ricorrere a questa profilassi, che statisticamente protegge da guai seri chi ne beneficia e contribuisce ad alleviare la pressione sul sistema sanitario.Se una pletora di studi, enti accreditati, comitati tecnico scientifici, perfino l'Oms, invitano alla cautela sui vaccini ai bambini, perché condividere questa precauzione dovrebbe voler dire rigettare in toto Pfizer & C.? Chiedere che sia presa in considerazione l'ipotesi di conflitti di interessi da parte di chi si affaccia al dibattito pubblico su questi temi, orientando il decisore, vuol dire per forza considerare una banda di corrotti tutti coloro che hanno disposto e realizzato la macchina degli hub per la somministrazione?Non sono domande retoriche, perché ribaltando la prospettiva l'«altra» curva, l'esercito della siringa, non ammette eccezioni, e contribuisce a sua volta a schiacciare lo spazio di uso della ragione: i vaccini sono l'unica salvezza, quindi li devono fare tutti. Fissato questo assunto, non c'è nulla che lo permei: qualunque cosa succeda, serve più green pass, servono più vaccini, servono più dosi di vaccino e servono subito. Chiunque obietti anche solo su uno degli aspetti o proponga di valutare l'efficacia delle politiche fin qui dispiegate va estromesso dal consesso civile come persona in grado di fare danni intollerabili. E qualunque cosa succeda, c'è uno spazio pronto dove collocarla per rinforzare l'assunto, mettendolo al riparo da sgradevoli attriti con la realtà. L'uso dell'aneddotica è poi una lente distorsiva: il pellegrino «no vax» che contagia i pii compagni vaccinati è un racconto condito dal gusto moralizzante della malattia come colpa (una superstizione derubricata a paganesimo duemila anni fa, e ora tornata a galla). Tale narrazione annulla percettivamente le statistiche, i numeri, e tutto il resto. Ora, a chi conviene questa che Giorgio Gaber chiamava «una grande confusione deviante, dove ogni soggetto, ogni aggregazione, ogni cultura, ormai non riesce più né a pensare, né a vedere, né a parlare»? In sostanza, al potere: perché prese le due polarizzazioni allucinate, tutto quello che si infila in mezzo con il piglio dell'autorità ha gioco a dire: vedete? Usate i numeri come fa l'ubriaco con i lampioni. Ci penso io: per il vostro bene.
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