2020-10-23
La vera malattia da temere è la paura indotta
Diego Puletto/Getty Images
Il panico creato dalle istituzioni e dai media spinge la gente a intasare gli ospedali. Il terrore del Covid fa dimenticare i colpiti da patologie più gravi. Inoltre, indurre a barricarci in casa è nocivo: diminuiscono le difese immunitarie e si diventa più fragili.Le persone sono terrorizzate perché gli ospedali si stanno riempendo. Non è vero. È il contrario. Gli ospedali si stanno riempendo perché le persone sono terrorizzate. È di nuovo la spettacolare geniale regia che abbiamo visto a marzo. Si terrorizzano le persone con una campagna mediatica micidiale, così che facciano la cosa sbagliata: vadano in ospedale. Il Covid va curato a domicilio, come hanno già dimostrato nemici veri tra cui il professor Zangrillo e il professor Cavanna. La sanità pubblica è stata sospesa, immagino per sempre. Se avete il cancro tenetevelo. Stanno tutti curando il Covid. Se volete evitare l'infarto facendo un elettrocardiogramma sotto sforzo, tirate fuori i quattrini e andate a farvelo privatamente. Tutta la sanità è sospesa per curare un'unica malattia, un'unica terribile malattia. Nelle scuole l'infermeria è stata ribattezzata stanza Covid. Che un bambino abbia questa infezione è francamente improbabile, si tratta di un virus a letalità bassa che non colpisce bambini. È molto più probabile che un bambino che si senta male abbia la gastroenterite, il raffreddore oppure la leucemia. Nessuno bambino è morto di Covid. La gente terrorizzata va in pronto soccorso con un po' di febbricola e forse un po' di tosse. Il tampone risulta positivo, e la persona con la banale influenza viene ricoverata. In ottobre sempre aumentano le sindromi influenzali. Di conseguenza aumenta la gente che muore d'influenza. L'influenza è una malattia che ha una sua mortalità. La morte esiste ed esiste l'influenza. Dopo questa straordinaria informazione che a molti sembra mancare, aggiungo la seconda: noi non siamo immortali. Numerose e molteplici sono le possibili cause della nostra morte, e tra queste c'è l'influenza. Migliaia di persone sono morte d'influenza per esempio nel 2018, migliaia di persone sono morte di influenza nel 2019, e quelle morte a dicembre, come a gennaio, stavano morendo di Covid 19, ma non lo sapevamo, quindi non si è scatenato il terrore e le morti non si sono moltiplicate. Il terrore moltiplica i morti perché abbatte il sistema immunitario e perché spinge le persone verso gli ospedali intasandoli.La mortalità di una nazione diminuisce se ha infrastrutture funzionanti, scuole funzionanti, e soprattutto una sanità funzionante. Se per inseguire una malattia che può essere mortale in una esigua minoranza si annientano le infrastrutture, la scuola, e la sanità, i morti saranno infinitamente più numerosi. Si chiama eterogenesi dei fini oppure teoria degli effetti ironici: si ottiene l'esatto contrario di quello che si voleva evitare. Ma lo si voleva veramente evitare?Non abbiamo più la scuola e non abbiamo più la sanità. È sufficiente un solo bambino con il solito tampone positivo, tampone che secondo il suo stesso inventore non ha alcuna funzione diagnostica, e tutta la classe e l'insegnante sono in quarantena. Non posso uscire nemmeno per procurarsi da mangiare. Nessuno ha dimostrato che un asintomatico diffonda la malattia, crei altri asintomatici, perché ha una carica virale troppo bassa per causare malattia. Continuando a bloccarla, l'epidemia diventerà endemica, eterna, passeremo la vita con uno strofinaccio sulla faccia a chiedere il permesso di mandare i nostri figli a scuola per 20 minuti, creperemo tutti di cancro non curato, infarto non curato, e malattie degenerative lasciate allo sbando, e creperemo anche male, ma l'importante è che non moriremo di Covid. Tutti hanno dimostrato che lo stress abbatte il sistema immunitario. Tanto più si combatte il Covid con terrore, isterismo, e tanto più la gente si ammala. È dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, sia dall'esperienza, che da due studi randomizzati, uno australiano e uno statunitense, che portare le mascherine non solo favorisce faringiti e sinusiti, ma attraverso la re inalazione del Covid favorisce il passaggio dalla faringe agli alveoli del patogeno, così che gli asintomatici possono diventare sintomatici. Ci è stato detto che in estate le misure erano meno restrittive perché la malattia colpiva di meno. È il contrario. La malattia colpiva di meno perché mi le misure erano meno restrittive. Abbiamo potuto respirare finalmente a polmoni liberi, non abbiamo riempito gli alveoli con virus annidati nella parte interna della nostra mascherina, abbiamo potuto muoverci al sole e all'aria aperta, e abbiamo potuto incontrarci, abbracciarci, ridere, sposarci, fare banchetti di battesimo e matrimonio con cento persone, così che le nostre endorfine sono salite e hanno sostenuto il sistema immunitario. Il terrore abbatte il sistema immunitario. L'obbligo di mascherine diffonde il Covid. È vero che le mascherine trattengono le goccioline, ma quando la gocciolina asciuga e diventa secca e attraversa la mascherina si crea un flusso di aria in entrata (inspirando), qualora ci sia un contatto con goccioline infette e asciugate, il virus entra tranquillamente nella bocca e nel naso, era partito dalla faringe e arriva negli alveoli. Inoltre, non proteggendo gli occhi con occhiali a tenuta, la cornea diventa un veicolo di infezione molto pericoloso.Le mascherine dovrebbero essere cambiate ogni ora o al massimo ogni due ore come in sala operatoria: in estate non le abbiamo portate e non ci siamo ammalati. Ripeto, l'obbligo di portare la 8mascherina favorisce la malattia. Queste mascherine sono portate in maniera ignobile. Tolte dalla faccia con le mani con cui poi ci si tocca agli occhi, messi in tasca di fianco al fazzoletto, portate per più giorni per risparmiare qualcosa. Il miglior sistema per far ammalare un popolo è obbligarlo portare la mascherina. Il miglior sistema per rendere una malattia mortale anche quando non lo sarebbe vietare che se ne comprenda la patogenesi. La regina della medicina è l'anatomia patologica: l'autopsia, il vetrino.Non ho alcuna fiducia non solo nelle capacità del governo, ma nella sua buona fede, e mi assumo la responsabilità di questa affermazione. Il governo ha causato morti che si sarebbero potuti evitare vietando le autopsie. Questa è la circolare:«Esami autoptici e riscontri diagnostici: per l'intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all'esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di Covid-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio». Se avessimo fatto immediatamente le autopsie avremmo capito subito l'importanza degli antinfiammatori e degli anticoagulanti: è inconcepibile che, di fronte a un una malattia sconosciuta, si impedisca di fare autopsie, quando ogni medico sa benissimo che solo con una autopsia è possibile capire la causa della morte e pensare e trovare una terapia adatta per curare e guarire una malattia sconosciuta. Se qualche medico in gamba non avesse pensato di fregarsene ampiamente e di fare le autopsie, adesso non sapremmo come curare con migliore sicurezza la malattia da virus.Chi ha deciso di non far eseguire le autopsie? Il ministro della Salute, a questo punto avrebbe sulla coscienza la responsabilità della morte di decine di migliaia di persone, che si sarebbero potute salvare se solo si fosse conosciuta l'azione iniziale della malattia da coronovirus.Chiedo un'inchiesta della magistratura. O forse sarebbe meglio dire che sono molto perplessa dalla mancanza di un'inchiesta della magistratura.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)