
José Granados, vicepreside dell'Istituto pro famiglia intitolato al Papa polacco, contro le recenti rimozioni: «È preoccupante».Un giornalista venezuelano conferma le voci su monsignor Peña Parra. Roma taceLo speciale contiene due articoliLa triste storia di «ristrutturazione» dell'Istituto voluto nel 1981 da Giovanni Paolo II per approfondire gli studi su matrimonio e famiglia mostra ogni giorno di più che le cose sono tutt'altro che pacifiche e chiare, nonostante i comunicati stampa del Gran cancelliere monsignor Vincenzo Paglia. La lettera degli studenti, inviata a Paglia e al preside Pierangelo Sequeri con una serie di domande e richieste di chiarimento, lettera che gli studenti hanno pubblicato online, ha mostrato che le distorsioni non erano della solita cattiva stampa, ma nei fatti.Che le cose stiano così è ora alla piena luce del sole, soprattutto dopo le interviste che il vicepreside dell'Istituto, padre Jose Granados, ha rilasciato il 31 luglio alla Catholic news agency e in lingua spagnola a Religion confindencial. Le sue parole si commentano da sole. Come avevamo scritto sulla Verità fin dall'inizio di questa brutta storia ecclesiale, serpeggia il fondato dubbio che l'intento profondo della «ristrutturazione» in corso sia quello di archiviare il magistero di Giovanni Paolo II e l'enciclica di Paolo VI Humanae vitae sulla contraccezione e l'amore umano. Di fronte alla soppressione della cattedra di teologia morale fondamentale, e all'allontanamento conseguente del professor Livio Melina, già preside dell'Istituto e primo successore di Carlo Caffarra proprio su quella cattedra, Granados ha dichiarato che la cosa è «particolarmente preoccupante». Perché «è una cattedra decisiva. Se i fondamenti della morale rimangono sconosciuti, se questi non sono ben collocati, la morale del matrimonio rimane nell'aria. Il modo in cui si intende [l'enciclica di Giovanni Paolo II del 1993] Veritatis splendor modellerà il modo di vedere particolari questioni morali, come la moralità della contraccezione o gli atti sessuali al di fuori del matrimonio». Il professore ha notato che la cattedra di quella materia per 38 anni non ha sollevato alcuna obiezione, ora, prosegue il vicepreside, «il motivo addotto [per la sua soppressione, ndr] può essere spiegato, quindi, solo come una cortina fumogena. La vera e triste ragione? Non è che Melina… è rimasto fedele all'Humanae vitae e alla Veritatis splendor, e la cattedra viene eliminata per eliminare Melina?».Allo stesso modo Granados parla dell'allontanamento dell'altro professore ordinario, padre Jose Noriega. Per lui la motivazione ufficiale è che avendo già l'incarico di superiore generale di una congregazione religiosa non può essere docente stabile. «Se il problema è l'incompatibilità», dichiara Granados alla Cna, «e il suo lavoro è apprezzato, perché non concedono ora qualcosa previsto dal regolamento della curia, un congedo di sei mesi, eliminando quindi il problema? Se non si fa così, quale altra spiegazione rimane, se non che è una scusa per poter licenziare la cattedra di amore e matrimonio, e liberarsi del responsabile delle pubblicazioni dell'Istituto? È forse perché Noriega è positivamente favorevole alla Humanae vitae e alla Veritatis splendor?».Perché, dice ancora il vicepreside, non si è data possibilità ai due professori di difendersi? Secondo Granados si tratta di un «abuso» che mette a rischio «la libertà accademica di tutti gli insegnanti» perché tutti «potremmo essere espulsi, non perché neghiamo la dottrina della fede, in quel caso sarebbe cosa giusta, ma per aver seguito linee teologiche che le autorità universitarie non amano. Da questo punto di vista tutti noi che abbiamo una cattedra universitaria possiamo dire: “Io sono Melina e Noriega"».Padre Antonio Spadaro, il direttore della rivista La Civiltà cattolica, uno dei più ascoltati consiglieri di papa Francesco, ha twittato che questo rinnovamento era «atteso» (da chi?) e non c'è alcuna epurazione. Lo chiamano sviluppo nella continuità, in questo caso però assomiglia molto alla quadratura del cerchio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-triste-verita-e-che-vogliono-eliminare-i-docenti-fedeli-a-wojtyla-2639614746.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nessuno-fa-luce-sulle-accuse-di-abusi-rivolte-al-numero-tre-del-vaticano" data-post-id="2639614746" data-published-at="1764429657" data-use-pagination="False"> Nessuno fa luce sulle accuse di abusi rivolte al numero tre del Vaticano Fare domande, capire i retroscena, raccontare i fatti. Proprio in questi giorni dalle sacre stanze è arrivata l'ennesima predica contro il giornalismo «distorto, fazioso e in malafede» a proposito delle faccende che riguardano la «ristrutturazione» del fu Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Peccato che il pulpito da cui è partita la predica si sia rivelato non proprio illibato, vista la querelle sulla lettera degli studenti che non doveva esserci poi invece è comparsa online con tanto di date di invio. Ma ultimamente su questa materia al di là del Tevere scivolano in modo un po' maldestro, come fu con la vicenda della lettera del Papa emerito raccontata a puntate dall'allora super segretario per le comunicazioni don Dario Edoardo Viganò. Quella missiva fu utilizzata come apripista per una raccolta di libri che dovevano sostenere la teologia di papa Francesco, peccato che inizialmente non si divulgò la parte in cui Benedetto XVI rimandava al mittente la richiesta di sostegno e in un certo senso anche il contenuto di quella raccolta «teologica». Poi c'è il caso Viganò, questa volta ci riferiamo a Carlo Maria, l'ex nunzio negli Usa, che con il suo memoriale che La Verità pubblicò quasi un anno fa il 26 agosto 2018, ha rappresentato un altro esempio di comunicazione vaticana non proprio chiara. Il Papa ha scelto di non rispondere, chiedendo ai giornalisti di interpretare e comprendere, con il risultato che di fronte alle terribili circostanze riportate dall'ex nunzio il tutto è stato archiviato dai portavoce più o meno ufficiali nella categorie «follia» e «macchinazione politico-mediatica». Prove concrete? Poche, praticamente nulle. Invece, durante quest'anno sono emerse numerose conferme al memoriale Viganò, l'ultima delle quali è il dossier reso pubblico da monsignor Anthony Figueiredo, segretario dell'ex cardinale Theodore McCarrick. Ma l'interpretazione della macchinazione politico-mediatica resiste e nessuno dei documenti richiamati da Viganò è stato reso pubblico, né si è al corrente che si stia lavorando al proposito. L'unica cosa certa è che McCarrick è stato ridotto allo stato laicale senza possibilità di impugnare la sentenza e far valere, eventualmente, le sue ragioni. Inoltre, circa un mese fa l'ex nunzio è tornato a parlare in una lunga intervista concessa al Washington post, a cui è seguita una ulteriore aggiunta pubblicata da Lifesitenews di alcuni elementi che il Post aveva scelto di non pubblicare perché non confermati. Tra questi anche le accuse all'attuale numero tre del Vaticano, il venezuelano monsignor Edgar Peña Parra, sostituto alla Segreteria di Stato. Storie pesanti di accuse di abusi che risalgono al 2000 a Maracaibo, quando un giornalista, Gaston Guisandes Lopéz, scrisse due articoli in cui parlava di una lobby gay di preti, comprendente sedici sacerdoti, fra cui Peña Parra. Il giornalista chiese di farsi ricevere due volte dall'allora nunzio monsignor André Dupuy che non gli concesse mai udienza, ma, racconta Viganò, lo stesso Dupuy «fece un rapporto alla Segreteria di Stato raccontando che il giornalista aveva accusato mons. Peña Parra di due crimini molto gravi, descrivendo le circostanze». Proprio ieri i giornalisti Marco Tosatti e lo spagnolo Gabriel Ariza hanno scritto di aver contattato Gaston Lopéz, il quale «ha confermato personalmente a Gabriel Ariza tutti i fatti raccontati da Viganò, articoli e denuncia al nunzio compresi». Noi siamo in attesa di ricevere ulteriori elementi provando a fare domande e raccontare i fatti.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






