2018-11-27
La tempesta sui Btp si è scatenata perché Bce ha dimezzato gli acquisti
Nel triennio 2015-17 il ministero dell'Economia emise 120 miliardi di titoli e Bankitalia, per conto di Francoforte, ne comprò il triplo. Nel 2018, per 70 miliardi, ci sono stati ordini per soli 35. I commissari Ue hanno fatto il resto...Lunedì 9 marzo 2015 la Banca centrale europea avvia il programma di acquisto di titoli del debito pubblico (Pssp, Public sector purchase programme) nell'ambito di un più vasto programma di intervento denominato App (Asset purchase programme). Una straordinaria operazione di creazione di nuova moneta finalizzata all'acquisto di strumenti finanziari di varia natura. L'obiettivo dichiarato era quello aumentare l'inflazione media nell'eurozona nell'ottica del raggiungimento del target del 2%. Ciò che in tutti questi mesi è invece sicuramente aumentato è il prezzo dei bond acquistati dalla Bce, che oggi in portafoglio detiene quasi 2.100 miliardi di titoli pubblici dell'eurozona, il 60% dei quali costituiti da titoli tedeschi, francesi e anche italiani. Da maggio ad oggi il rendimento dei Btp a 10 anni (base di riferimento per calcolare il famigerato spread o differenziale con gli omologhi bund tedeschi) è aumentato di quasi il 100% passando dall'1,8% al 3,2%-3,4% dopo aver toccato anche punte del 3,7%, salvo poi ritracciare su valori più contenuto ieri grazie alla diffusa convinzione che alla fine un accordo fra Roma e Bruxelles sarà trovato. Lo spread, dopo la famosa cena tra Jean Claude Juncker e Giuseppe Conte, è sceso di 25 punti rispetto alla settimana precedente, chiudendo sotto 290.Le opposizioni e quasi tutti i mezzi di informazione si sono uniti nel mettere alla gogna il governo gialloblù, talmente poco credibile da aver alimentato - a loro dire - una fuga dai nostri titoli da parte degli investitori. Titoli a tasso fisso e a scadenza lunga (come ad esempio i Btp a 10 anni) sono naturalmente esposti a variazioni nei prezzi di mercato. Detenendo il titolo fino alla scadenza naturale il risparmiatore incasserà comunque il valore nominale del titolo, il cui prezzo potrà però nel frattempo scendere al di sotto dello stesso (qualora i tassi aumentino) oppure addirittura superarlo (qualora i tassi di mercato diminuiscano). Un rischio compensato dal maggior rendimento. Se infatti si acquista un Btp che scade fra 10 anni, oggi si porta a casa un rendimento del 3,2%-3,5% annuo. Se invece si acquista un Bot che scade fra un anno, il rendimento sarà dello 0,3%-0,4% annuo, ma in compenso senza le oscillazioni di prezzo. Che comunque non «bruciano» un bel nulla: non si guadagna e non si perde fintanto il titolo in portafoglio non si vende.Si è anche terrorizzato il cittadino in merito ai presunti sconquassi che l'aumento dello spread avrebbe sui bilanci delle banche che detengono circa 350 miliardi di titoli di stato. Va ricordato che nei bilanci delle società per azioni, quindi banche comprese, vi è la regola contabile di poter ascrivere i titoli a valore di scadenza (held to maturity), cioè al prezzo di acquisto che in genere corrisponde al valore di emissione, pertanto sterilizzando eventuali perdite (o utili) nel frattempo contabilizzabili a causa delle dinamiche di mercato.Senza considerare che qualora le prime cinque banche italiane decidessero di non avvalersi di tale facoltà, vi sono comunque autorevoli simulazioni (una ad esempio di Credit Suisse) che stimano come con un aumento dello spread ad oltre 300 punti l'incidenza del patrimonio sull'attivo scenda dal 12,50% al 12,20%. Al netto quindi del terrore scatenatosi sui media , cosa c'è di vero in quanto riportato dai vari mezzi di informazione? Esistono cause esogene e oggettive tali da aver alimentato tensioni sui nostri Btp? E se sì, in quale misura? A partire dal marzo 2015 la Bce ha mediamente acquistato 8,2 miliardi di titoli italiani ogni mese. Negli ultimi sei mesi, a partire dal maggio 2018, questo ammontare è invece sceso a circa 3,4 miliardi. Si tratta del cosiddetto «tapering», o annunciata via d'uscita dal Quantitative easing: Francoforte sta cioè gradualmente abbassando i propri quantitativi di acquisto su tutti i titoli fino ad azzerarli, salvo nuovi interventi annunciati però proprio ieri da Mario Draghi all'Europarlamento, come si può leggere qui sotto. Ma è l'analisi più attenta dei dati di acquisto nel tempo che contribuisce a dare una spiegazione oggettiva del perché i prezzi dei Btp negli ultimi mesi siano diminuiti e i rendimenti di conseguenza aumentati. Al netto dei bond in scadenza, il ministero dell'Economia e delle Finanze ha emesso nel triennio 2015-17 un ammontare di importo pari a circa 120 miliardi e - sempre nello stesso periodo - la Banca d'Italia ha acquistato per conto della Bce un importo pari a quasi tre volte tanto, ovvero quasi 330 miliardi. Mentre nel 2018, anno in cui le emissioni nette sono state pari a circa 70 miliardi, Banca d'Italia si è limitata a effettuare acquisti netti per circa la metà, ovvero 35 miliardi.Ecco spiegata in numeri l'epidemia di «credibilità» sui mercati finanziari che ha accompagnato i governi Renzi e Gentiloni. Inserite quindi questa oggettiva e programmata «ritirata» del principale compratore (Bce) in un contesto politico dove vengono evocati disastri per i risparmi per voce dei vari Juncker, Moscovici, Oettinger e compagnia cantante - che a mercati aperti evocano improbabili similitudini con la Grecia o «dita incrociate» per le nostre banche - e il gioco è fatto.La guerra di nervi innescata da dichiarazioni bellicose, rating abbassati e procedure di infrazione aperte non sembra tuttavia aver sortito effetti catastrofici. E segnali di «normalizzazione» nella struttura dei tassi sono visibili soprattutto analizzando la ripidità della curva dei rendimenti. Il vero differenziale che analisti e investitori osservano per misurare la solvibilità di un debitore è infatti lo spread che intercorre fra il rendimento a 10 anni e quello a 2 emessi dallo stesso Paese. Tanto più questa differenza è bassa, tanto più la situazione è anomala, dal momento che i creditori vedono talmente tante nubi da prestare i soldi a 2 anni con tassi simili a quelli che chiederebbero per prestarli per 10. Ad oggi questa differenza è del 2,4%-2,5% circa mentre un mese fa era del 2% ed un anno fa del 2,2%. I tassi sono chiaramente più alti su tutte le scadenze rispetto all'anno scorso. Ma la situazione è ad oggi normale, dal momento che un Btp a due anni ora rende lo 0,8%-1% contro l'1,3-1,5% di un mese fa ed addirittura il -0,3% di un anno fa. Ma chi mai poteva acquistare un anno fa un Btp a due anni rimettendoci lo 0,3%? Ovviamente la Bce, che tramite Banca d'Italia ha acquistato dal 2015 al 2017 quasi il triplo delle nostre emissioni nette. La situazione oggi è quindi anche più normale di quanto non avvenisse un anno fa.
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