2025-07-30
La sinistra ha forgiato città insicure e ora scopre: «La periferia fa schifo»
Polemica per le frasi del sindaco di Roma sulla «bruttezza inaudita» dei sobborghi. Ha ragione. I progressisti però hanno prima snobbato i ghetti e poi proposto soluzioni sbagliate. La priorità è riportare ordine e decoro.«Le periferie romane fanno schifo, c’è un livello di bruttezza inaudito». Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, aveva emesso questo impietoso verdetto una decina di giorni fa, durante un evento a Cava de’ Tirreni. La destra lo ha accusato di aver insultato «chi vive a Tor Bella Monaca, a San Basilio o a Corviale». Dove lui è corso ieri, quasi a voler mettere una toppa, inaugurando una biblioteca, un centro d’aggregazione giovanile e un centro professionale, finanziati dal Pnrr. L’ex ministro dell’Economia, molto impegnato a rimuovere dall’Urbe i manifesti «razzisti» della Lega sul decreto Sicurezza, sostiene di essere stato frainteso. La verità è che ha ragione: le periferie fanno schifo. La si può buttare sulla critica al «brutalismo, che teorizzava che la bellezza non doveva esserci», come ha fatto il primo cittadino della Capitale. È giusto volere «tutto bello», «i marciapiedi, le piazze, i parchi pubblici e non solamente i palazzoni». È la teoria della finestra rotta: il degrado chiama degrado, il decoro scongiura l’imbarbarimento.Il guaio è che, specie in certe periferie, il taglio dei nastri non basta. In certe periferie bisogna riportare lo Stato concretamente. Si tratta di imporre di nuovo la legge, di ripristinare la sovranità dell’Italia, sottraendola ai criminali. Di mandare polizia, carabinieri, esercito, di sgominare il traffico di droga, la piccola grande delinquenza quotidiana. E intanto, «riqualificare», se ciò significa ripulire, ristrutturare, restituire dignità ai «palazzoni» e magari ricominciare anche a costruirne di nuovi, dando un alloggio a chi non può permetterselo, anziché sanare gli abusivi a spese dei contribuenti. Stile Gualtieri, appunto, che ha tirato fuori 22 milioni per comprare uno stabile occupato e consegnarlo agli inquilini. Gli amministratori non hanno poteri assoluti. Però alle persone non interessa il rimpallo delle responsabilità. E probabilmente non interessa nemmeno la «rigenerazione urbana» di Beppe Sala. Ossia, la cementificazione pazza a beneficio di fondi immobiliari, costruttori e ricchi acquirenti, la privatizzazione degli spazi pubblici senza manco l’arricchimento delle casse comunali. La contropartita non può essere il colpo d’occhio di grattacieli nei quali la gente normale non può permettersi nemmeno mezza cantina.Sì, le periferie fanno schifo. Ma prima ancora che nella bruttezza, affondano nell’illegalità. Sono due malattie che vanno curate in parallelo. Peccato che, a sinistra, di lezioni ne possano dare poche. Prima i progressisti hanno tifato per l’immigrazione selvaggia, lasciando che gli stranieri fossero stipati nei ghetti. È anche così che i quartieri popolari sono diventati l’embrione delle nostre banlieue. Poi hanno suggerito le soluzioni sbagliate: i cinema all’aperto, le settimane della cultura, le passerelle degli intellettuali laddove servivano i presidi delle forze dell’ordine. Diciamo la verità: la parodia dell’intellò che studia i processi di «contaminazione» etnica nelle zone disagiate di Roma, interpretata da Antonio Albanese in Come un gatto in tangenziale, non si allontana dalla realtà di anni e anni di fuffa buonista. Nel frattempo, il bisogno di sicurezza è stato snobbato, se non demonizzato: si è parlato di destra che soffiava sul fuoco della paura, di «deriva securitaria». Ci si è preoccupati dei diritti dei detenuti (sacrosanti, eh) e di quelle delle mamme incinte (intoccabili), anche se quelle mamme poi usavano le gravidanze per scippare e rubare senza finire mai dietro le sbarre. Adesso, improvviso, giunge il risveglio: le periferie fanno schifo. No, non fanno solo schifo. Sono pericolose. Non è solo che lì mancano i marciapiedi, le piazze e i parchi. È che nei parchi, nei vicoli, o negli androni dei palazzi, si spaccia. Si spara. I dem ribattono: colpa del governo. Colpa del ministro dell’Interno, che chiacchiera e non agisce. A parte che i compagni di Gualtieri, quando Giorgia Meloni aveva scommesso sul rilancio delle aree sfuggite al controllo della legge, contro il decreto Caivano avevano alzato le barricate: «Solo più carcere per i minori», denunciavano i deputati del Pd. Dopodiché, pure quando il governo prova a fare qualcosa, scattano proteste e ricorsi. Come quello al Tar della Campania sulle zone rosse di Napoli, ideate dal Viminale per migliorare la sicurezza dei territori: le toghe ne hanno appena bocciato la proroga. Il team legale che ha promosso l’iniziativa ha sottolineato che, nella sentenza, si «dichiara apertamente che non vi era alcuna emergenza eccezionale, né alcuna motivazione nuova, idonea a giustificare l’uso reiterato di poteri prefettizi straordinari. Un richiamo forte e definitivo alla legalità costituzionale, contro ogni tentativo di trasformare l’eccezione in prassi». Per prevenire il crimine, i poteri d’emergenza non si debbono usare; per rinchiudere in casa gli incensurati senza green pass, sì. Anche questo, a suo modo, è uno schifo.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli