La sinistra attacca l'unico contratto che mette in regola i ciclofattorini. Martedì parte l'accordo voluto da Ugl: più tutele e lavoro solo a chi è in Italia legalmente.Le proteste dei rider contro il contratto voluto da Assodelivery (l'associazione che rappresenta l'industria italiana delle consegne) e firmato da Ugl continuano senza sosta dal 30 ottobre, giorno in cui i professionisti della consegna hanno deciso di incrociare le braccia. La verità, però, è che la protesta da tempo è diventata oggetto di strumentalizzazione politica. In questi giorni, oltre ai rider, alle proteste hanno preso parte persone più interessate ad «agitare le acque» che non a far valere i diritti dei lavoratori. Senza considerare che basta dare uno sguardo alle foto delle proteste nelle principali piazze italiane per capire che il mondo dei rider è talmente deregolamentato che non esiste alcuna garanzia che questi lavoratori utilizzino i presidi medici previsti dalla legge. Da martedì 3 novembre, però, il contratto dei rider, presentato il 15 settembre scorso, entrerà in vigore tra mille polemiche e poche soluzioni. Mentre le proteste impazzano su e giù per la penisola, infatti, il governo non sembra aver nei fatti preso alcuna decisione che protegga questi operatori o che quantomeno imponga loro di seguire delle regole sanitarie. Più in generale, il contratto firmato da Ugl è sempre stato oggetto di critiche da parte di gran parte della sinistra e dei principali sindacati come la Cgil che ritengono l'accordo poco protettivo nei confronti dei lavoratori. Primo nel suo genere, l'accordo è stato infatti definito «assai problematico» dal ministero del Lavoro presieduto dalla grillina Nunzia Catalfo. Oltre alle critiche, però, non sono mai arrivate soluzioni concrete e proposte che possano di fatto migliorare le condizioni dei lavoratori. Il contratto, in vigore dal 3 novembre, prevede un compenso minimo pari a 10 euro per ora lavorata e un incentivo minimo orario di 7 euro nelle città di nuova apertura. In più, in queste città, per un periodo di almeno quattro mesi dall'apertura del servizio, i rider riceveranno un compenso anche nel caso di assenze di proposte di consegna. Ci sono poi le indennità per maltempo, festività e lavoro notturno e bonus pari a 600 euro ogni 2.000 consegne effettuate. Ogni piattaforma può aumentare i minimi contrattuali a piacimento. In più, mai come in questo momento e nel pieno della seconda ondata del Covid-19, serve un contratto che permetta un tracciamento dei rider e l'obbligo di utilizzare presidi medici che proteggano lavoratori e clienti da potenziali contagi. Senza dimenticare che l'accordo prevede l'obbligo di dotazioni di sicurezza a carico delle piattaforme come indumenti ad alta visibilità e casco. Dotazioni che saranno sostituite rispettivamente ogni 1.500 e 4.000 consegne. Prevista anche la copertura assicurativa contro gli infortuni e per danni contro terzi. Il contratto collettivo nazionale firmato da AssoDelivery e Ugl prevede anche che le aziende si impegnino nella lotta al caporalato e al lavoro irregolare. Per sottoscriverlo, ovviamente, il lavoratore deve avere il permesso di permanenza sul territorio italiano. Il numero uno di Ugl, Paolo Capone, rimanda però le critiche al mittente. «Questo contratto collettivo», dice, «rappresenta un vero e proprio passo in avanti dal punto di vista delle tutele dei lavoratori del food delivery, poiché riconosce per la prima volta in Italia e in Europa piena dignità alla categoria dei riders». In effetti il problema è proprio questo. Politica a parte, fino a oggi e prima del nuovo contratto nessuno in Italia è riuscito a garantire dignità ai riders. Diverse indagini interne alla maggiori piattaforme online hanno mostrato diverse irregolarità nella gestione dei professionisti delle consegne. Va detto, poi, che prima del contratto di Assodelivery, in Toscana Cgil e Uil qualche anno fa proposero un contratto per i rider che, a fronte di un'assunzione, offriva un compenso di 4,5 euro l'ora lordi. Il contratto sarà quindi di certo perfettibile, ma senza dubbio vista la pandemia in cui ci troviamo, rappresenta la soluzione migliore per tutelare rider e clienti.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.