2021-06-11
La scoperta (fortuita) del filmato pagata a caro prezzo dal difensore
Il penalista ha parlato della registrazione e subito Amara l’ha fatto finire sotto inchiestaCome a volte accade nelle storie di giustizia c’è spesso un eroe silenzioso che per veder premiato il suo lavoro deve aspettare mesi, ma anche la gogna di un’indagine a suo carico. È il caso di Giuseppe Fornari, avvocato penalista, tra i più competenti sulla piazza milanese, legale di Roberto Casula, uno degli imputati del processo Opl 245. È stato lui, durante l’udienza del 23 luglio del 2019, a parlare alla corte del video del luglio 2014 dove Vincenzo Armanna e Piero Amara tramavano contro l’Eni di Claudio Descalzi. Lo ha fatto per puro caso, perché lo aveva trovato in un altro procedimento che seguiva. Il presidente del corte Fabio Tremolada aveva subito chiesto a De Pasquale di recuperarlo. Quella videoregistrazione, come sostengono i giudici che hanno assolto tutti gli imputati, era stata nascosta dalla pubblica accusa, cioè da Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. Anche perché avrebbe fatto crollare il castello accusatorio. Per questo i 2 pm ora si ritrovano sotto indagine a Brescia. Ma Fornari pagherà molto caro quella scoperta che rischia di cambiare per sempre la storia del processo sul giacimento petrolifero nigeriano. Perché nelle settimane successive all’udienza sarà Amara, in una delle sue tante deposizioni di fronte ai magistrati, ad accusarlo di aver ricevuto incarichi da Eni grazie a presunte mazzette. L’avvocato di Augusta lo spiegherà dopo che Fornari aveva rivelato l’esistenza della videoregistrazione. Ora Fornari si ritrova indagato per corruzione tra privati, un danno enorme per un avvocato. Eppure quel video nascosto ha spiegato come Amara e Armanna volessero usare il processo Opl 245 per i loro scopi, soprattutto per fare affari con la Napag e il petrolio sotto embargo dell’Iran. Ma l’avvocato siciliano e l’ex manager Eni avevano anche in mente di sostituire Descalzi con una persona a loro vicina, Antonio Vella. C’è da dire che nella sentenza di assoluzione non si fa però riferimento a un’altra videoregistrazione del 18 dicembre 2014, anche questa molto importante. È sempre negli uffici dell’azienda di Ezio Bigotti, relativa ad un incontro tra Andrea Bacci, Giancarlo Cecchi e lo stesso Amara durante la quale non si parla solo di Eni. Ma si discute anche del cittadino nigeriano chiamato Kk, molte volte menzionato anche nell’incontro del 28 luglio, di Paolo Scaroni imputato nel processo milanese, come anche della gestione dei servizi segreti in Eni-Congo e di una gara che vale venti milioni di euro e infine di una operazione, sempre riferita a Eni-Congo che vale 250 milioni di euro all’anno. Questa videoregistrazione non è mai approdata a Milano e quindi i giudici milanesi e, soprattutto, gli imputati e i loro difensori non l’hanno mai vista, perlomeno fino ad oggi. Questo è potuto accadere perché la Procura di Roma, ricevuto il video dalla Procura di Torino di entrambe le registrazioni, aveva inserito quella di dicembre in un fascicolo dal titolo «atti non costituenti notizia di reato» assegnato dall’ex capo della Procura Giuseppe Pignatone a Paolo Ielo che a sua volta lo aveva poi girato a Mario Palazzi che lo aveva archiviato senza passare dal gip con la controfirma di Michele Prestipino. In questa conversazione del 18 dicembre 2014 gli interlocutori, come ha scritto La Verità il 24 dicembre 2020, parlano anche del fratello di Pignatone e degli incarichi ricevuti dagli indagati Amara e Bigotti oggetto dell’esposto di Stefano Fava al Csm. Il video è stato «oscurato» ai giudici milanesi, agli imputati ed ai loro difensori nella sua interezza impedendo quindi ogni valutazione. Almeno per quello di luglio c’è stato l’avvocato Fornari.