
Steven Patrick Morrissey, leggenda della musica britannica costretta ad annullare concerti per evitare sommosse. Si è schierato per la Brexit, si oppone all'immigrazione di massa, contesta gli eccessi del Me too. Perciò è diventato il nemico numero uno degli antagonisti.Il New Musical Express, una delle più autorevoli riviste musicali britanniche, lo accusa di essere una pappamolla. Anzi, per l'esattezza, un «fiocco di neve». «Qui sta il problema con i fiocchi di neve di estrema destra del mondo, per i quali Morrissey sta rapidamente diventando un idolo musicale», ha scritto, velenoso, Tom Connik. «Amano sedersi e belare sulle mollezze della sinistra, ma non appena vengono criticati loro, gemono e se la fanno sotto». Insomma, Steven Patrick Morrissey, classe 1959, già leader degli Smiths e divinità del rock inglese, sarebbe un vigliacco. Per quale motivo? Spieghiamo. Morrissey, un paio di giorni fa, ha annunciato la cancellazione di una serie di concerti nel Regno Unito e in altri Paesi europei. A Manchester, città natale della rockstar, erano in programma due esibizioni, e alcuni gruppi di attivisti antirazzisti hanno annunciato che avrebbero presidiato l'evento onde protestare contro il cantante. Il clima che si era creato era piuttosto teso, e il management dell'artista ha preferito evitare problemi ed eventuali violenze. Ma perché gli anti razzisti ce l'hanno con Morrissey? Di solito, gli idoli pop sono in prima fila nelle battaglie politicamente corrette, vedi gli U2 di Bono Vox o i Pearl Jam e le loro dichiarazioni a favore dei porti aperti in Italia. L'ex leader degli Smiths, tuttavia, è di una pasta diversa. Gli attivisti britannici lo hanno preso di mira per via del suo sostegno a Tommy Robinson, fondatore ed ex leader del movimento English Defense League (Edl). Robinson è stato arrestato in maniera piuttosto rude il 25 maggio scorso, con l'accusa di turbare l'ordine pubblico. Robinson, da anni, si batte contro l'immigrazione di massa ed è noto per condurre una dura lotta contro le gang pakistane colpevoli di numerosi stupri. Quando l'hanno fermato si trovava di fronte al tribunale di Leeds, impegnato in una diretta streaming per raccontare proprio un processo ad alcuni stupratori. In questo modo, però, ha violato le leggi inglesi e si è preso una condanna a 13 mesi di carcere. Morrissey lo ha difeso pubblicamente, dichiarando che Robinson ha subito un trattamento «choccante». Dopodiché, il cantante ha fatto dichiarazione di voto a favore di Anne Marie Waters e del partito For Britain. «Per la prima volta nella mia vita voterò per un partito politico», ha detto Morrissey. Ecco perché il cantante è odiato dagli antirazzisti: perché sostiene dei movimenti apertamente identitari e contrari all'immigrazione. Per questo viene minacciato e pure deriso nel momento in cui è costretto ad annullare i concerti. Il fatto è che Morrissey non è un «fiocco di neve» o un «vigliacco». Anzi, negli ultimi tempi ha dimostrato di avere parecchio fegato. Si è schierato a favore della Brexit, per esempio, definendola «magnifica». Poi ha condotto una difficilissima e solitaria guerra contro il politicamente corretto. Ha criticato le vestali del Me too, dicendo che sono impegnate e denunciare le molestie, ma «se tutto fosse andato bene e se Weinstein avesse dato loro una grande carriera, non ne parlerebbero». Ha avanzato dubbi sulla demonizzazione di Kevin Spacey («dove erano i genitori del ragazzino che lo ha accusato di molestie?»). Lo scorso aprile ha detto la sua a proposito delle accuse di razzismo. «Per quanto riguarda il razzismo», ha detto, «il moderno Loony Left (termine spregiativo per indicare un sinistrorso radicale, ndr) sembra dimenticare che Hitler era l'ala sinistra. Ma naturalmente ora siamo tutti chiamati razzisti, e la parola è in realtà priva di significato». Secondo Morrissey, infatti, l'accusa di razzismo «è solo un modo per cambiare argomento. Quando qualcuno ti chiama razzista, quello che stanno dicendo è “hmm, in realtà hai una posizione, e non so come rispondere, quindi forse se ti distraggo chiamandoti bigotto dimenticheremo entrambi quanto fosse illuminante il tuo commento». Ci vuole un bel coraggio a dire cose del genere. E non è mica finita. Morrissey ha attaccato frontalmente Sadiq Khan, sindaco musulmano e multiculturale di Londra. «Londra è seconda solo al Bangladesh per gli attacchi con l'acido. Tutti gli attacchi sono compiuti da non bianchi, e quindi non possono essere affrontati seriamente dal governo britannico o dalla polizia o dalla Bbc a causa della correttezza politica». Nel 2017, in un'intervista a Der Spiegel, il musicista se l'è presa anche con Angela Merkel, spiegando che Berlino è divenuta la «capitale degli stupri a causa delle frontiere aperte». Poi ha aggiunto: «Voglio che la Germania sia tedesca. Voglio che la Francia sia francese», ha dichiarato. «Se cerchi di rendere tutto multiculturale, alla fine non avrai alcuna cultura. Tutti i Paesi europei hanno combattuto per la loro identità per molti, molti anni. E adesso la buttano via. Penso che sia molto triste». In realtà, Morrissey ha detto quasi sempre cose di buon senso. Solo che, se il buon senso tende a destra, allora diventa razzismo. Tra l'altro, non si può certo accusare il cantante di essere un bigotto, anche solo per il fatto che ha avuto relazioni omosessuali. Quando deve essere utilizzato come icona gay (lui non ama la definizione, avendo avuto anche compagne femmine), allora Morrissey è trattato da genio. Quando esprime le sue opinioni politiche, diventa un perfido conservatore. O un pazzo. Invece, è semplicemente una celebrità che canta fuori dal solito coretto. Avercene, di gente così.
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