2019-02-04
Altro che paura della recessione. I sindacati lanciano il Blocca Italia
Da sabato prossimo, e per un mese, sarà un profluvio di scioperi e manifestazioni. Si comincia con l'«insediamento» di Maurizio Landini e poi via agli stop di Trenitalia, Alitalia, Confesercenti. Il finale l'8 marzo con i Cobas. Per il lavoro? No, ovviamente contro Matteo Salvini.«Quando sento pronunciare la parola sciopero mi eccito». Maurizio Landini è segretario della Cgil da una settimana e già il clima sta cambiando, la sinistra sindacale rispolvera le bandiere rosse e i servizi d'ordine vengono allertati per i sabati in piazza. La recessione si combatte sostenendo il lavoro, rimboccandosi le maniche, facendo fronte comune dalle fabbriche ai servizi? No, troppo difficile per un sindacato che scambia da anni l'immagine con la sostanza. Per il felpista rosso evidentemente la recessione si combatte fermando il Paese.In nome di una strategia che potremmo definire «Blocca Italia», il mondo del lavoro rappresentato da Cgil, Cisl e Uil sta pianificando la grande gelata: da domani all'otto marzo, a macchia di leopardo, si fermeranno tutti. Treni, aerei, distributori di carburante, e poi le Poste, le telecomunicazioni, ancora i trasporti. Trenitalia, Alitalia, Orsa, Cobas, Confesercenti, Cub, Usb, Cisal, Snater, sigle sovrapposte, sigle che si rincorrono per farsi fotografare in prima fila. E vogliamo che la giustizia, pur sollecitata a una stagione di rigore teutonico per velocizzare i processi e restituire ai cittadini un senso nuovo di efficienza, rimanga a guardare? Ma no, fino al nove febbraio si asterranno dalle udienze i giudici di pace.Un diluvio, una paralisi fino all'otto marzo (che casualmente cade di sabato), giorno dell'apoteosi: lo sciopero generale voluto dai Cobas. Per chiedere più lavoro, più investimenti, migliori condizioni economiche per gli iscritti? Se lo pensassimo saremmo ingenui sostenitori della razionalità sindacale. Non è così e, come spiegano gli organizzatori, «la protesta è per dire no alla violenza degli uomini sulle donne, no all'ennesimo attacco dei governi sui diritti delle donne, no al decreto Pillon, no al decreto sicurezza, no al razzismo e alla xenofobia del governo Di Maio-Salvini». È un tuffo negli anni Settanta, con Aqua Velva, Biancosarti e gli scorci di Giorgio Scerbanenco.Per paura che qualcuno tolga dal congelatore Mario Capanna, Landini ha fatto due conti e ha deciso di anticipare l'happening di marzo. Così sabato prossimo, partendo da piazza San Giovanni, porta tutte le sigle per le vie di Roma al corteo del suo insediamento. Nulla di sindacale, nulla che abbia a che vedere con i cittadini e i lavoratori perché sin dal primo minuto, per lui, conta solo la politica. «Il governo del cambiamento non ha cambiato nulla, ha incontrato le parti sociali solo dopo aver fatto la legge di bilancio e il decreto su reddito di cittadinanza e quota 100». Aderiscono anche Cisl e Uil per «aprire un confronto serio sulle scelte da prendere per il Paese».Disconoscendo in un colpo solo il voto del 4 marzo e la volontà popolare (anche quella di molti iscritti al sindacato), i Landini boys si preparano a paralizzare l'Italia, a passare direttamente dal rigore dell'Europa allo sciopero selvaggio, come se la ripresa non avesse nulla a che fare con il lavoro. Annamaria Furlan (Cisl): «Abbiamo presentato al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, le nostre proposte, ma la risposta è stata pressoché zero. Rappresentiamo 12 milioni di persone». Carmelo Barbagallo (Uil): «Il confronto è tanto più necessario dopo il campanello d'allarme del Pil. La manovra è insufficiente e recessiva perché taglia gli investimenti produttivi fondamentali per la crescita e lo sviluppo e non favorisce la creazione di posti di lavoro stabili».La manifestazione di sabato si chiama «Futuro al lavoro», ha come paravento la fatica e le mani grandi degli operai, l'insoddisfazione dei giovani, la vessazione dei pensionati; gli organizzatori propongono 12 punti per creare lavoro di qualità, trovare investimenti, superare la legge Fornero (operazione già compiuta con quota 100) e il reddito di cittadinanza, definito troppo complicato nelle vie d'accesso. Tutto teoricamente legittimo, ma appunto un paravento. Perché nulla di tutto questo interessa a Landini, proiettato ad attirare partecipanti per poi parlare dal palco di «antifascismo e antirazzismo». E ad abbattere un governo «che fa leva sulle paure». Così, anziché occuparsi dei diritti dei lavoratori - cosa che gli riesce particolarmente difficile dai tempi del famoso referendum perso a Pomigliano d'Arco contro Sergio Marchionne -, eccolo proiettato verso i fasti dei talk show con un tema imbattibile: «La difesa dei diritti dei migranti conquista il primo posto nella mia agenda politica». I migranti in prima linea, neanche fosse Stefania Prestigiacomo o padre Antonio Spadaro. In fondo l'uomo è trasparente. Non si occuperà di aziende che delocalizzano, di colossi sfibrati, di industria 4.0 (che diavolo sarà mai?), di contratti collettivi, di politiche imprenditoriali nell'era della globalizzazione rampante. No, roba per sottosegretari. Lui ha una missione divina: «Spezzare la nazzazione di Salvini, in quanto la responsabilità delle disuguaglianze non è dello straniero ma del governo». Il nuovo parolaio rosso (copyright Giampaolo Pansa per Fausto Bertinotti) lucida falce e martello e inaugura una fase di metallo pesante: bloccare il Paese per paralizzare il governo.La strategia è lampante, entra in scena l'artiglieria. Dopo il fallimento della sinistra frou-frou del mondo arcobaleno, dell'accoglienza diffusa e del Twitter al potere, ecco rispuntare l'estetica dello sciopero generale. Dopo aver lasciato via libera agli innocui rassemblement di Carlo Calenda e allo zainetto da nonno Erasmus di Carlo Cottarelli, ecco che il fronte rosso si affida ai vecchi arnesi politici mai arrugginiti. Matteo Renzi fa il documentarista con i pop corn, Vincenzo Boccia flauta consigli dal palchetto con l'aquila di Confindustria, ma il Blocca Italia ci racconta una «narrazione» mai passata di moda. Tutto già visto; slogan e retorica, slogan e scioperi, slogan e bandiere rosse. In attesa dei black bloc.